Nel corso della storia americana i presidenti hanno mentito sulla loro salute.
In alcuni casi, i problemi erano minori, in altri piuttosto gravi.

Ora tocca al presidente Trump farlo.

Infatti la Casa Bianca, che inizialmente aveva dichiarato che il Presidente mostrasse “sintomi lievi”, ben presto ha corretto il tiro parlando di momenti molto difficili.

Ma le pandemie non sono un nuovo problema per i medici e gli uffici stampa della Casa Bianca. In questo Trump è stato preceduto dal Presidente Woodrow Wilson e dall’epidemia  di spagnola.

Wilson, ai colloqui di Parigi alla fine della prima guerra mondiale, si ammalò. I suoi sintomi erano così gravi che fecero pensare ad un avvelenamento. Ma non si potevano certo fermare i colloqui di pace e così l’amministrazione cercò in tutti i modi di mantenere segreta la diagnosi di Wilson, spiegando che il Presidente si era raffreddato a causa della pioggia parigina.

Anche allora la Casa Bianca cercò prima di mantenere segreta la sua malattia e poi tentò di sminuirla.

Nel 1919, in una lettera consegnata a mano al capo dello staff di Wilson a Washington, il suo medico scrisse, a proposito della notte in cui Wilson si era ammalato: “è stata una delle peggiori che abbia mai visto. Sono stato in grado di controllare gli spasmi della tosse, ma le sue condizioni sembravano molto gravi”. Il mattino dopo, uscì un comunicato in cui si rassicurava tutti circa le condizioni di salute del Presidente americano.

Due virus diversi, divisi tra loro da un centinaio di anni, che hanno però trovato nelle figure al comando due Presidenti con una politica simile.
Minimizzare un virus che ha ucciso e che uccide centinaia di migliaia di americani; esserne entrambi contagiati; decidere quanto e cosa dire al popolo. Entrambi imprudenti, quindi, nella gestione della malattia e dell’epidemia.

Infatti, come Trump, anche Wilson venne criticato per il modo in cui gestì la pandemia. Lo storico Tevi Troy definì Wilson il peggior presidente degli Stati Uniti in termini di gestione di un disastro: “La risposta federale all’epidemia di influenza nel 1918 fu negligente. Centinaia di migliaia di americani morirono senza che il presidente Wilson dicesse nulla o coinvolgesse soggetti non militari per aiutare la popolazione civile”.

Ma Wilson non si limitò alla sola influenza spagnola.

Il 25 settembre 1919 fu colto da un leggero ictus, che non fu reso pubblico. Una settimana dopo, il 2 ottobre, Wilson patì un secondo e più grave attacco che lo rese quasi totalmente inabile. Sebbene la gravità della sua menomazione fosse tenuta segreta fino alla sua morte, Wilson fu tenuto lontano dal suo vice presidente Thomas R. Marshall, dal suo governo e dai parlamentari in visita alla Casa Bianca per il resto della sua presidenza. John Barry, in The Great Influenza, avanza l’ipotesi che la predisposizione di Wilson a questi attacchi fosse una complicazione derivata dalla pandemia di influenza spagnola del 1919, che qualche volta colpiva il cervello.