Si allarga il fronte dei negazionisti: ma qui la posta in gioco è alta, riguarda il concetto stesso di democrazia come espresso nella Costituzione Repubblicana che viene messo in dubbio. Il sovvertimento è totale e cancella con un colpo di spugna la logica aristotelica, il cogito ergo sum cartesiano, la tesi-antitesi-sintesi hegeliana, la critica della ragion pura di Kant e quella della ragion pratica di mia bisnonna casalinga.

Leggendo il post della parlamentare 5stelle Sabrina De Carlo si è presi da un sussulto. Premetto che non chatto, non uso facebook e sono analfabeta informatico, ma so leggere e cito testualmente: “Abbiamo appena votato l’adozione del testo base della nuova legge elettorale…..Si tratta di un sistema di voto totalmente proporzionale, con soglia di sbarramento fissata al 5%, le liste bloccate e il diritto di tribuna che consentirà a un partito di eleggere rappresentanti se questo dovesse superare il quorum in almeno tre circoscrizioni alla Camera e una al Senato. E’ un buon punto di partenza! L’obiettivo è creare per la prima volta nella storia d’Italia una legge elettorale fatta esclusivamente nell’interesse dei cittadini….. Abbiamo un’occasione storica per lasciare ai cittadini una legge elettorale che sia finalmente in grado di dare loro rappresentanza”.

Se ho ben capito, ma potrei sbagliare (e me lo auguro) stando a quanto anticipato dal post, PD e 5S esprimono questa idea di democrazia: taglio dei parlamentari e della rappresentanza territoriale e popolare, nessuna preferenza sui candidati in quanto costoro saranno inseriti in rigoroso ordine che privilegi le “elezioni” sicure dei collocati ai primi posti, quindi liste bloccate e scelte dai vertici dei partiti.

Partitocrazia istituzionalizzata che diventa oligarchia in piena regola: io la leggo così, qualcuno mi convinca per favore del contrario. Per conquistarmi il diritto di essere votato – lo dico come paradosso- sarei disponibile a qualsiasi confronto di fronte ad una platea di elettori: da quanto capisco mi sarebbe impedito a meno che non aderisca prono e supino al volere di un capobastone.

I criteri di scelta dei candidati non sono specificati ma prevedo che saranno la fedeltà, il senso di appartenenza, la provata ubbidienza, l’esser parte del casato nobiliare degli “amici degli amici”.

Mi sembra che si parta con il piede sbagliato.

Sia nella riduzione dei parlamentari che consentirebbe un risparmio modesto ma priverebbe del diritto di essere rappresentati in Parlamento interi territori, minoranze linguistiche e minoranze silenziose.

Sia nella scelta dei listini bloccati senza diritto di esprimere preferenze: mi dica qualcuno come questo si concili con il concetto di “lasciare ai cittadini una legge elettorale che sia finalmente in grado di dare loro rappresentanza”. Quale? Quella decisa nelle segrete stanze dei partiti?

Alle elementari avevo imparato che il potere appartiene al popolo e che i cittadini scelgono i loro rappresentanti: principio confermato nei testi studiati per l’esame di Diritto Costituzionale.

Certo, una riforma siffatta avrebbe un innegabile vantaggio: consentirebbe di evitare il fastidio di recarsi a votare, tanto, in assenza di quorum di elettori, i giochi sarebbero già fatti.

A seconda di come la si valuti, questa opportunità può diventare persino comoda per gli indifferenti, i qualunquisti o i semplici indecisi.

In molti staranno a casa e si disinteresseranno di politica: il contrario del principio di democrazia partecipata, vissuta, emotivamente interiorizzata, consapevole..

Ma una riforma che preveda liste bloccate senza preferenze sui candidati toglie ogni motivazione a concorrere – a livello di elettorato attivo e passivo (votare ed essere votati) – e crea le premesse per una sorta di democrazia dematerializzata, svuotata di pathos e di idee, di programmi e di confronti, di valutazioni di merito sulle scelte già compiute.

Non vedo francamente un grande vantaggio per i cittadini: i miei dubbi magari saranno infondati ma vorrei che tra coloro che stanno mettendo insieme questo progetto di riforma qualcuno ci ripensasse.

Vedo un lento scivolamento dalla democrazia sostanziale (presenza, partecipazione, dialogo ecc) ad una democrazia virtuale. Zygmunt Bauman aveva definito liquida questa società ma si trattava prevalentemente di una descrizione: nella sua critica e nei suoi ragionamenti è sempre stata ben espressa l’esigenza di un rassicurante approdo.