Dov’è il campo largo? A destra, grazie a un’opposizione divisa. Eppure la maggioranza degli elettori…

M5S e Terzo polo lavorano per il “campo largo”…della destra: sono loro, infatti, a cementare il blocco politico-elettorale della Meloni. Intanto il Paese è sfibrato. Non c’è un elettorato che si sposta a destra, ma piuttosto un elettorato che non si sposta più da casa per recarsi a votare. La maggioranza è alla finestra per vedere se qualcuno presenta progetti o idee nuove,

L’ultima tornata elettorale regionale ha certificato che se in Italia esiste un “campo largo” questo non è certo nel perimetro del centrosinistra. Se la destra attualmente al governo può vivere in assoluta tranquillità è infatti grazie alla volontà dei pentastellati e del (cosiddetto) Terzo polo di non lavorare per una aggregazione che possa costruire e mettere in campo una proposta alternativa da presentare al Paese. Così facendo M5S e Terzo polo diventano – di fatto – i più efficaci stabilizzatori dell’attuale maggioranza di governo, non disdegnando neanche di arrivare a “bacchettare” gli alleati per delle critiche rivolte all’azione di governo (quasi con l’ansia di mostrarsi più affidabili di Lega e Forza Italia) come fece Calenda un paio di mesi fa uscendo da un incontro con la Meloni a Palazzo Chigi.

Mentre il Terzo polo coltiva il sogno di occupare in un futuro prossimo lo spazio politico oggi presidiato da un Berlusconi un po’ in disarmo, il Movimento Cinque Stelle ha invece optato per un ritorno al passato, ovvero per un più comodo e meno impegnativo ruolo di opposizione che ricorda il Movimento a trazione grillina di opposizione e di contestazione; meglio stare in piazza contro tutto e tutti anziché assumersi la responsabilità di governare il Paese o amministrare le grandi città italiane. Un’analisi sommaria, parziale e sbagliata, dalla quale si origina una indisponibilità del Terzo polo e del M5S per la costruzione di proposte alternative, per un periodo non facilmente determinabile.

L’analisi di queste due forze di ambigua ed altalenante opposizione è sbagliata perché nel frattempo le scelte politiche del governo stanno favorendo in modo assai evidente le fasce di popolazione con redditi più alti a scapito delle fasce con redditi più bassi. Ma attenzione perché questa scelta è dannosa non solo in termini sociali, ma anche per tutta la nostra economia in termini complessivi. Se si vuol sostenere la domanda interna, stimolando così produzione e lavoro, si devono attuare politiche di redistribuzione a favore della fasce di reddito più basse; sono infatti queste fasce della popolazione che, avendo una maggiore propensione al consumo, possono immettere più facilmente risorse nel sistema economico attraverso un aumento della spesa per consumi, spesso generata anche da necessità e bisogni di carattere primario.

Il rischio è che, se non si inverte la rotta di politica economica, la forbice delle condizioni economiche e di vita si allarghi sempre di più, ovviamente a sfavore di chi sta peggio. E il risultato di questa situazione è leggibile anche nei numeri dell’ultima tornata elettorale; non c’è un elettorato che si sposta a destra, ma piuttosto un elettorato che non si sposta più da casa per recarsi a votare. E non è solo una battuta. 

È infatti arduo sostenere che nel Paese ci sia una maggioranza di destra quando circa due terzi degli aventi diritto non vota. Direi piuttosto che la maggioranza del Paese è alla finestra per vedere se qualcuno presenta progetti o idee nuove che rispondano alle loro domande che ad oggi sono rimaste inascoltate più o meno da tutti; queste persone aspettano qualcosa che riaccenda una speranza e che motivi un ritorno alla partecipazione. Chi ostacola la costruzione di una proposta nuova ed alternativa alle ricette che la destra sta propugnando, si assume delle responsabilità che rischiano di andare ben oltre la fase contingente che stiamo attraversando. C’è una parte cospicua del Paese che ha perso ogni aspettativa di riuscire a migliorare la vita propria e dei propri figli. È qualcosa che deve preoccupare tutti e pesare sulla coscienza di chi si dedica alla politica.