Gli errori di Conte, più dell’offensiva di Renzi, hanno determinato la chiusura di un ciclo complicato e controverso di vita politica nazionale. Entrata in crisi profonda, tanto da richiedere l’invocazione di soccorsi alieni, talvolta imbarazzanti, la maggioranza è affondata lentamente e senza speranza man mano che avanzavano i colloqui dell’esploratore Fico. Da ciò scaturisce l’avviso di radicali trasformazioni. È la formula stessa del governo giallo-rosso a non sopravvivere al fallimento delle ultime trattative. Si volta pagina, si entra nel mondo dei nuovi “costruttori”.

Mattarella aveva conferito al Presidente della Camera un mandato esplorativo con il vincolo di verificare, entro i confini di maggioranza, la sussistenza delle condizioni idonee alla ripresa della solidarietà di governo. L’impresa si è rivelata impossibile a causa soprattutto della fragilità dell’asse Pd-M5S. Non si è visto nulla di convincente nella resistenza ai dicktat renziani. Conte ha dato l’idea di trincerarsi a Palazzo Chigi un po’ come Craxi nel 1987, con analoga pretesa di potere, anche a discapito di una plausibile prosecuzione della legislatura.

Adesso si cambia. La convocazione di Draghi risponde a un imperativo estremo, quello cioè di assicurare la guida del Paese a prescindere da una determinata coalizione. A riguardo, il Presidente della Repubblica è stato fin troppo chiaro. Basta rileggere la frase che in ultimo esplicita il senso della sua scelta: “Avverto (…) il dovere – ha detto ieri sera Mattarella – di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. È un invito a promuovere, in questa fase di eccezionale travaglio, una larga convergenza nelle Aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Non è la prefigurazione di un’ammucchiata, bensì la sperimentazione di una volontà rigeneratrice della politica nel suo complesso.

L’augurio è che Draghi ce la faccia, forte del suo credito in Europa e del sicuro consenso degli italiani. Frettolosamente gli si attribuisce la funzione di algido titolare di un governo tecnico, quando in realtà l’indirizzo del Quirinale evoca la necessità che un nuovo esecutivo abbia caratteristiche diverse rispetto al Conte 1 e al Conte 2, tanto da non “identificarsi con alcuna formula politica”. Dunque, ampio è il margine di manovra per innervare l’operazione Draghi di autentico spirito di servizio, lavorando a un nuovo equilibrio tra responsabilità di classi dirigenti e impegno di civil servant. Completare la legislatura vuol dire ricostruire l’Italia: è un compito che esige più politica, fatta con serietà, non meno politica.