È mancata l’alternativa alla destra. Dov’è il centro-sinistra? E dove sono i cattolici democratici?

Astensionismo record e netto successo della destra. L’alternativa non si costruisce inseguendo le impertinenze di Sanremo. Al centro-sinistra occorre dare un supplemento d’anima, altrimenti si resta a digiuno di speranza. In questa prospettiva, perciò, dovrebbe essere forte l’apporto creativo dei cattolici democratici.

Neanche il neo-federalismo che si protende sotto la formula della cosiddetta “autonomia differenziata” è riuscito ad innescare una risposta elettorale consistente, adeguata cioè alla esaltazione di questa ispida riforma della destra di governo. L’astensionismo ha toccato invece il suo massimo storico, con percentuali poco dissimili tra Lazio e Lombardia. Un dato generale, da far tremare i polsi. L’istituto regionale si conferma debole, e quindi poco attrattivo, agli occhi della pubblica opinione: non è il Comune, dove si specchia la dialettica del localismo, né lo Stato, con la forza delle grandi scelte di sistema.

Chi si è recato alle urne, lo ha fatto con lo spirito di fedeltà a un fatto politico – il partito o la coalizione – che conserva un principio di concreta appartenenza. È sparito il voto di opinione, segno eminente di sfiducia e disaffezione. In questo quadro, il risultato dimostra quanto pesi il cambiamento intervenuto nelle ultime elezioni del 25 settembre, con la netta affermazione dell’alleanza nazional-conservatrice e l’ingresso, di lì appresso, di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Egualmente netta è stata infatti la vittoria di Fontana e Rocca, candidati della maggioranza, nelle due regioni chiamate alle urne. Di riflesso, il messaggio che viene dall’elettorato suona come una conferma dello spostamento a destra del Paese. 

Il fronte dell’opposizione, incautamente disarticolato, non ha fornito una proposta alternativa. I numeri attestano, per altro, che neppure la somma teorica delle diverse percentuali ribalta gli equilibri: la destra passa dalla maggioranza relativa, conseguita alle politiche di qualche mese fa, alla odierna maggioranza assoluta in entrambe le regioni. Se il Pd regge, a fronte della evidente flessione di 5 Stelle e Terzo Polo, non significa che dalle parti del Nazareno si diradino le ombre della crisi. Il partito non è nato per resistere, ma per essere il motore di una strategia di riordino dell’assetto politico complessivo. Ed è proprio questa condizione ad apparire ben lontana dal rigenerarsi, in forme nuove, nel sentimento collettivo degli italiani.

Il successo della destra richiede un approfondimento serio, senza quella fretta che assomiglia al disbrigo di una pratica fastidiosa. Ebbene, indugiare sulla soglia di un esame necessariamente critico, quasi che l’ardore della polemica anti governativa supplisca al dovere di elucidazione di un progetto di lungo respiro, è un segnale di spaesamento della cultura progressista. L’eccentrico diventa il codice a barre dell’identità di sinistra e chiude all’angolo l’iniziativa democratica. Più questo “carrattere radicale” si accentua, più aumenta lo spazio di manovra della destra. L’alternativa non si costruisce inseguendo le impertinenze di Sanremo. Al centro-sinistra occorre dare un supplemento d’anima, altrimenti si resta a digiuno di speranza. In questa prospettiva, perciò, dovrebbe essere forte l’apporto creativo dei cattolici democratici, più forte di quanto possa concepirsi nel gioco stretto di partito. A che giova rimanere, chi più chi meno, assiepati a bordo campo? Lo si dice spesso, in varie sedi, ma con friabili suggestioni operative. Non è così che si riempie un vuoto.