È venuto a mancare Ruggero Orfei, un maestro della libertà di pensiero. Nella fine della Dc aveva visto una “liquidazione sotto costo”.

Protagonista di spicco del movimento cattolico italiano e del suo rinnovamento sulla scia del Concilio Vaticano II, è morto l’altra notte in ospedale a Roma all’età di 91 anni dopo una lunga malattia. I funerali si svolgeranno oggi, martedì 1° marzo, alle ore 11, nella chiesa romana della parrocchia della Nostra Signora de la Salette.

Nato a Perugia il 20 luglio 1930, Orfei si era laureato in filosofia teoretica nel 1955 con il professore Gustavo Bontadini all’Università Cattolica di Milano, dove iniziò a lavorare nella Biblioteca dell’Ateneo e ne divenne direttore, svolgendo questo ruolo fino al 1968. In quegli anni fu anche il direttore di “Vita e Pensiero”, rivista mensile dell’Università Cattolica. È stato anche collaboratore di “Relazioni sociali” e “L’Italia”. 

 

Appena due anni dopo la fine del Concilio Vaticano II, nel 1967 Ruggero Orfei fu tra i fondatori del settimanale “Settegiorni”, che diresse fino al 1974. Espressione di un’area di rinnovamento politico-culturale del movimento cattolico che faceva riferimento alla corrente della sinistra Dc “Forze Nuove” di Carlo Donat-Cattin, la rivista fu luogo di dialogo tra cattolici e socialisti e mondo progressista in genere. Dopo la chiusura di “Settegiorni”, Orfei diresse “Il Mensile” e poi il settimanale nazionale delle Acli “Azione sociale”. Membro della Direzione e della Presidenza delle Acli, fu dirigente responsabile dell’Ufficio studi dal 1978 al 1982. Con una serie di saggi e articoli, Orfei ha approfondito i temi della struttura politica italiana in relazione alla crescita delle società civile, della vita internazionale, delle prospettive teoriche e pratiche della pace, lo sviluppo e le nuove tecnologie. Dopo aver lasciato le Acli, per la Stet si occupò delle nuove forme di comunicazione. Nella seconda metà degli Ottanta collaborò per la politica internazionale con il segretario della Dc e poi presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, di cui fu consigliere diplomatico.

 

Orfei è stato il primo autore di una biografia dedicata a Giulio Andreotti, pubblicata nel 1975 da Feltrinelli con il titolo di “Andreotti“. Tra i suoi libri: “Antonio Gramsci coscienza critica del marxismo” (Relazioni sociali, 1965); “Marxismo e umanesimo” (Coines Edizioni, 1970); “I tabù della dottrina sociale cristiana“(Coines edizioni, 1974); “L’occupazione del potere. I democristiani 1945-75” (Longanesi, 1976); “Fede e politica. Il cristiano di fronte al potere” (Longanesi, 1977); “Pace tra missili e fame” (Edizioni Dehoniane, 1983); “Gli anni di latta. Osservazioni sull’epilogo della Dc” (Marietti, 1998); “L’uomo di Nazaret. Inchiestà sulla vita di Gesù Cristo” (Marietti , 2002); “Il Gioco dell’Oca. Rapporto sul movimento cattolico” (Edizioni Diabasis, 2008).

 

Nel 2001 era intervenuto sulla rivisita “Enne Effe” (n. 5 – settembre/ottobre) con una introduzione (La presenza temporale dei cattolici in politica) a un vecchio testo pubblicato sulla rivista “Civitas” ((Sturzo e il partito dei cattolici, aprile/maggio 1960) da Piero Pratesi, l’amico deceduto appena l’anno prima. L’occasione gli permetteva di riprendere il confronto sui grandi temi del cattolicesimo politico, inquadrandoli nel periodo delle grandi trasformazioni, sociali e politiche, da cui sarebbe emersa la nuova formula di governo del centro-sinistra. Orfei osservava all’inizio del suo commento come quelle trasformazioni, da cui partiva l’analisi di Pratesi, “cominciavano a manifestarsi nella società, con l’avvio di un consumismo che in pochi anni si sarebbe rivelato sconvolgente e travolgente, gli antichi modelli che parevano acquisiti per sempre”. In quel tempo, soprattutto da destra, veniva emergendo la critica alla unità politica dei cattolici. Il dialogo con Pratesi, allora,  si sviluppava con dovizia di appunti e precisazioni, fino a ricapitolare le ragioni che avevano segnato il dissenso tra loro nel periodo della condivisa direzione di “Settegiorni”. 

Il punto era molto preciso. Orfei non era d’accordo sul compromesso storico perché temeva che il suo massimo teorico, Franco Rodano, avesse in mente la pura conservazione del blocco democristiano a condizione che si disponesse, come che sia, alla collaborazione organica con il PCI. Quella unità posticcia della DC, garantita dalla convergenza dei cattolici in sede politica ed elettorale, non lo convinceva minimamente. E ancora residuava nel suo scritto su “Enne Effe” la convinzione che la machiavellica  legittimazione di questa unità – guai per Rodano inseguire il ‘dissenso’ cattolico in funzione anti DC – fosse implicitamente una lontana ma decisiva causa, almeno sotto il profilo culturale, di quella successiva “liquidazione sottocosto e senza inventario” della DC. 

 

Dato il valore di questo dibattito, pur a distanza di molti anni, riteniamo opportuno mettere a disposizione dei nostri lettori entrambi i testi che “Enne Effe” aveva affiancato nella ricorrenza, all’epoca, della scomparsa di Pratesi. 

 

Link

Piero Pratesi Sturzo e il partito dei cattolici

R. Orfei La presenza temporale dei cattolici in politica (1)