Effetto Schlein: il pluralismo dei Popolari non si declina, salvo forzature, nell’esperienza del Pd.

Nel campo dei Popolari italiani c’è un gran fermento culturale ma, soprattutto, c’è un vistoso pluralismo politico ed elettorale. Bisogna riconoscere che nessuno, oggi, può rappresentarne in modo esclusivo la rappresentanza politica ed organizzativa di questo mondo. Eppure si avverte l’esigenza di una ricomposizione.

Giorgio Merlo

Come capita nelle migliori famiglie – e quindi anche nelle famiglie politiche – anche tra i Popolari italiani c’è un forte e vivace pluralismo. Pluralismo politico e, di conseguenza, anche di natura elettorale. Certo, sarebbe complicato censire oggi la mappatura dei Popolari su tutto il territorio nazionale. E, forse, è bene anche astenersi. Ma, per fermarsi alle realtà più significative nella stagione contemporanea, ci limitiamo a qualche segnalazione.

Innanzitutto non possiamo non citare il famoso “gruppo dei 58”, cioè di una realtà che è nata nel lontano 2002 dopo la cessazione delle attività del Partito Popolare Italiano che doveva garantire la transizione di quel partito nella Margherita. Attenzione, un partito, il Ppi, tecnicamente “sospeso” e non sciolto. Come, del resto, il suo principale organo di informazione, la gloriosa testata “Il Popolo”. Si tratta, comunque sia, di un organo di 58 persone che ha conosciuto nel tempo, secondo procedure di cooptazione, vari subentri.

Dopodiché c’è l’Associazione dei Popolari guidata da Pierluigi Castagnetti, ormai fungibile nel ruolo di corrente all’interno del Pd. Un obiettivo, come ovvio, che non dovrebbe appartenere alla logica dell’autonomia dei Popolari… Comunque sia, si tratta di una operazione complessa e difficile – al di là della buona volontà dei singoli – soprattutto oggi, in un partito a guida Schlein, cioè di un esponente politico radicalmente esterno ed estraneo alla tradizione culturale e politica del cattolicesimo popolare e sociale. E questo perchè la sua formazione, com’è noto a tutti tranne a chi “non vede, non sente e non parla”, ha un’impronta coerentemente radicale, massimalista, estremista e libertaria. Cioè, per dirla in termini ancora più semplici, rappresenta l’esatta alternativa di tutto ciò che è stata quella storica cultura democratica e riformista.

Inoltre, e soprattutto di fronte al “nuovo corso” politico e culturale del Partito democratico, è decollata recentemente una nuova esperienza dei Popolari, ormai radicata in tutta Italia, che guarda al Centro – storico “campo” politico ed ideale dei cattolici popolari e sociali – e che si è ritrovata a Roma nelle settimane scorse in una affollata assemblea nazionale al Parco dei Principi. Un’iniziativa che contempla anche l’avvio di una interessante ed originale “piattaforma popolare” ideata e guidata da Beppe Fioroni dopo il suo addio al Pd coincisa con la vittoria alle primarie di Elly Schlein.

Per non parlare delle innumerevoli, e numerosissime, esperienze di Popolari disseminate in tutta Italia e che sono presenti soprattutto nelle amministrazioni locali attraverso liste civiche e di specchiato orientamento cattolico popolare e sociale.

Infine, non possiamo dimenticare anche le realtà Popolari presenti nel campo del centro destra che non possono, come ovvio, essere bollate di “incoerenza” da qualche improvvisato e burlesco tribunale della verità e dell’ortodossia. Ecco perchè parliamo di pluralismo politico, culturale ed elettorale dei Popolari. Nessuno, cioè, può rivendicarne, oggi, l’esclusiva rappresentanza e titolarità politica ed organizzativa. Perchè a nessuno viene riconosciuta questa titolarità politica e culturale e, soprattutto, questa autorevolezza morale. Men che meno a quegli esponenti che cercano a tutti i costi un comprensibile spazio politico, e di potere, all’interno di un partito come il Pd che, con la nuova leadership è destinato, come vuole rumorosamente tutta la base di quel partito, ad essere un soggetto politico sempre più espressione di una sinistra estremista e radicale.

Quello che conta, semmai, è continuare a rispettare il percorso di ognuno, ben sapendo che da una cultura politica comune può sempre nascere, nello scorrere del tempo, una altrettanto comune prospettiva politica. Senza arroganza e senza presunzione di superiorità da parte di chicchessia.