Ernesto Preziosi “Cattolici e presenza politica”

Recensione al volume di Ernesto Preziosi “Cattolici e presenza politica”, ed. Morcelliana, 2020

Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore questo scritto, già apparso su Dialoghi, n. 4/2020, che recensisce l’ultimo libro di Preziosi.

Un saggio interessante e stimolante, che – seppur scritto prima della pandemia – può essere una lettura utile e un punto di riferimento per riprendere il cammino di un impegno di presenza politica seria e responsabile dopo la prova difficile dell’emergenza epidemica, allorquando si dovrà por mano a scelte politiche in una nuova prospettiva di bene comune per far fronte agli squilibri e alle nuove diseguaglianze sociali. E sarà ancor più necessario ricostruire, nella dialettica democratica, un clima e orientamenti capaci di superare i rischi ricorrenti e deleteri di individualismi, populismi e sovranismi, con cui siamo da tempo alle prese, con esiti evidenti di fragilità e frammentazione delle stesse istituzioni.

Il volume di Preziosi è in certo modo lo sbocco e il frutto di un percorso personale sul versante della politica, intesa sia come impegno culturale, da laico cristiano, che come esperienza concreta di chi non si ritrae di fronte a concrete opportunità di azione sul campo. E in effetti il saggio si sviluppa con due tipi di riflessioni, che corrispondono a due distinte vocazioni dell’autore, da un lato attratto dalla ricostruzione storica dell’appello sturziano ai liberi e forti di cent’anni addietro, assunto come fatto emblematico e determinante di una presenza attiva di credenti nella vita politica del Paese, dall’altro ancor più motivato, nella ricerca di un filo conduttore per l’oggi, dalla verifica del se e del come quella esperienza risalente possa avere una qualche attualità nel contesto odierno e cosa ci possa suggerire.

Di qui l’analisi accurata, nelle prime due parti del lavoro, della realtà di allora e delle condizioni che resero possibile quell’esperienza significativa di ingresso attivo di credenti nella vita politica, peraltro in una prospettiva laica, sviluppatasi intorno all’idea guida del popolarismo, che avrebbe poi in vario modo influito sulla presenza politica organizzata dei cattolici nel secondo dopoguerra, fino alla rinascita – sia pure per un breve periodo –  del partito popolare nell’ultimo decennio del ventesimo secolo, conclusasi con la diaspora nell’Ulivo e in altre forze politiche, conseguente in larga misura all’opzione per un sistema elettorale maggioritario.

La rilettura (documentata e non retorica) dell’esperienza sturziana e delle vicende successive che si possono in qualche modo collegare al popolarismo, arricchita da puntuali indicazioni bibliografiche, non è però la premessa per riproporre oggi quel modello, pur ricordando per certi versi la situazione odierna di involuzione delle dinamiche politiche i disorientamenti ed i conflitti di allora tra i partiti, con sintomi di crisi per la tenuta del sistema sociale e politico-istituzionale. E’ piuttosto una rilettura finalizzata ad un discernimento utile per la realtà contemporanea, soprattutto per capire se è possibile ricavare da quella storia una spinta morale per fare anche oggi la nostra parte, come credenti eredi – e non solo custodi – di quella tradizione di cattolici impegnati a perseguire il bene comune possibile.

Su questo piano si sviluppa tutta la terza parte del volume, dedicata anzitutto a ripercorrere alcuni momenti rilevanti del dibattito dell’ultimo decennio promosso da componenti attive e pensose del cattolicesimo politico democratico, intorno all’interrogativo “quale presenza politica dei cattolici”, a partire dal seminario di Todi del febbraio 2011. Qui emerge anche la ricchezza e il senso profondo dell’esperienza personale di Preziosi, sia come promotore indefesso e corresponsabile di iniziative di presenza e raccordo culturale e di progettazione politica (tra cui il Centro di ricerca e studi storici e sociali e  Argomenti 2000, con la Costituente delle idee), sia come protagonista di un mandato quinquennale di rappresentante politico in Parlamento: il doppio volto di un solido impegno politico, in certo modo naturale per chi sente davvero e vuole interpretare oggi il messaggio ai liberi e forti.

Di qui la sottolineatura del ruolo del volontariato intellettuale dei laici credenti per contribuire a rendere possibile ed animare (“con creatività”) la dialettica democratica al servizio del Paese, in modo da rendere il popolo, nella sua realtà concreta e plurale, protagonista consapevole della vita politica, al riparo da tentazioni di disimpegno. E al riparo pure, per altro verso, da certe scorciatoie pericolose di una partecipazione spesso solo apparente o narcisistica, in realtà di frequente succube di derive leaderistiche fondate su un uso disinvolto della comunicazione politica e di tecniche di manipolazione del consenso. In tal senso a Ernesto Preziosi sta a cuore approfondire, più che la discussione sull’opportunità  di una formazione politica autonoma di cattolici, soprattutto la capacità 

dei credenti di fornire un contributo e di interagire con donne e uomini di buona volontà per la realizzazione del bene comune, nel rispetto del pluralismo, evitando il latente declino della politica e le derive demagogiche e populiste.

Di qui quella che viene qualificata una “nuova chiamata”, ma per avviare processi, più che per occupare spazi, mirando in realtà soprattutto a un nuovo partito. Processi in grado di mobilitare le coscienze con stimoli forti, sviluppando una effettiva sensibilità per l’impegno politico, alimentato da principi e riferimenti che il magistero senz’altro può offrire a chi abbia passione civile e si proponga di concretare il bene comune possibile. In una prospettiva anzitutto di sussidiarietà e   solidarietà, due caposaldi sia della dottrina sociale che della Costituzione, che vanno costantemente tenuti presenti e declinati con coerenza e pervicacia. Ma ovviamente tenendo in massimo conto anche quanto da ultimo ci è stato offerto dalla <Laudato sì> sul piano di un’antropologia in sintonia con le esigenze di un’ecologia integrale nei rapporti tra persona e ambiente.

In tal senso l’appello sturziano mantiene una sua sostanziale attualità, oltre che come spinta morale, come richiamo di metodo a comunicare e argomentare senza ricorrere a forme di propaganda furbesca e strumentale, ma facendo crescere la capacità di discernimento e di dialogo non in funzione di astratti riferimenti identitari, ma accettando il pluralismo e il conflitto, consci dell’autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale. Sul piano del metodo emerge, d’altra parte, specie nelle pagine conclusive, un ulteriore elemento che per Preziosi è sicuramente decisivo per dare respiro e prospettiva al lavoro di elaborazione e partecipazione politica. Ossia la necessità di puntare a percorsi unitari di orientamenti e propositi, cercando con fiducia e pazienza luoghi e punti di incontro e di coordinamento (“reti”)  tra i mondi vitali del cattolicesimo politico, lasciando comunque alla responsabilità e alla fatica di chi si impegna nel servizio politico il compito della mediazione con la storia, con i suoi conflitti e lacerazioni, alla ricerca del bene comune possibile.

Di qui peraltro l’esigenza imprescindibile di coscienze educate alla partecipazione democratica, nelle varie sedi e livelli in cui si articola il sistema istituzionale e la rappresentanza politica. Di qui un ineludibile compito formativo, anche in ambito ecclesiale, all’impegno socio-politico, ovviamente in una prospettiva prepartitica, per dare basi culturali salde ad una presenza politica dei cattolici, laica ma cristianamente ispirata. Un compito formativo – si potrebbe aggiungere – che dovrebbe concorrere e integrarsi con quell’educazione alla cittadinanza, che sempre più è percepita come un compito essenziale della formazione scolastica, dove da quest’anno è diventato obbligatorio l’insegnamento di educazione civica, al fine di fornire ai giovani le chiavi per la convivenza civile e il dialogo democratico, nel rispetto delle libertà e dei valori costituzionali.