Essere al centro o dare centralità a una nuova proposta politica?

Quindi questo centro, per evitare che si riduca ad un centrino, che spazio deve occupare?

Ho letto con interesse l’intervista (Il Domani d’Italia, 10 marzo) a Guido Bodrato e seguo con eguale interesse il dibattito sulla ipotetica costruzione di un centro politico.

Sono d’accordissimo con Bodrato sulla esigenza che un possibile nuovo centro abbia bisogno prima di una cultura politica. Perché, come afferma lo stesso intervistato, “il Centro non è una categoria astratta tra dx e sx”.

Bene, mi pare però che qui ci sia la debolezza del dibattito giacché, al di là dei retorici – mi scuso col termine che non vuole offendere i soggetti interessati – richiami ai valori cristiani di solidarietà e del bene comune, non si va. Contenuti programmatici e politici non ne vedo, proposte di rinnovamento istituzionale o sociale neppure.

Quindi questo centro, per evitare che si riduca ad un centrino, che spazio deve occupare? Lo spazio tra destra e sinistra (che, si sa, è evaporato rispetto ai cliché del Novecento)? No, pure Bodrato lo ha bocciato. Oppure lo spazio che si richiama ai valori cristiani? Io non lo credo sufficiente, anzi ritengo sia velleitario, perché la secolarizzazione in atto e le spinte populiste offrono altri esempi per intendere i valori cristiani: Salvini se ne fa portavoce a modo suo! E Di Maio, col reddito di cittadinanza ai poveri, ne dà un altra versione.

Insomma, pure i cristiani non hanno più il monopolio dei valori solidali, che si offrono a vari soggetti. Quindi? Bella domanda. Insomma, gli elettori oggi non votano per i cristiani o per gli atei o per gli agnostici (e meno male!), ma, giustamente, votano per una politica. Ecco perché io insisto nel ritenere che il centro, per essere attraente, deve avere una politica “centrale”, utile al Paese, per cambiarne il vestito istituzionale e di governance.

Cristiani o no.