Europa Europa.

 

Le novità sono sotto gli occhi di tutti. I cittadini hanno sentito e visto l’Europa un po’ diversa da certa narrazione degli euroscettici, sovranisti e populisti. Nonostante le ricorrenti crisi, il processo d’integrazione è andato avanti. Ora tocca a noi con grandi e piccoli passi ma senza interruzione, anzi accelerando.

 

Mariapia Garavaglia

 

Maggio è un mese di date da ricordare perché senza memoria non c’è modo di educare all’impegno civile. Si ricordano eventi legati alle nostre vite e quelli che segnano la storia d’Italia e dell’Europa.

 

La pandemia prima e la guerra ai confini dell’Europa ci hanno risvegliato dal letargo di anni di pace e di relativo benessere, anche se non per tutti, facendo cogliere come il pianeta è piccolo e quanto siamo interconnessi. Il reticolo di social e le notizie, comprese le ‘fakes’, in qualsiasi momento ci rendono presenti eventi, persone e parole: si suol dire in tempo reale. E la realtà ci insegue e ci rende incerti.

 

Accade che anche la politica si assume gravi responsabilità nella incertezza generale e sta dimostrando di saper dare risposte sia pure con le fibrillazioni dei partiti che hanno orecchie e occhi sulle scadenze elettorali piuttosto che “il fiuto della gente” (Papa Francesco).

 

I cittadini hanno sentito e visto l’Europa un po’ diversa da certa narrazione degli euroscettici, sovranisti e populisti.

 

Ad ogni grave crisi l’Europa ha risposto con passi avanti nella cooperazione fra gli Stati.

 

Ai traumi della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa ha risposto con la creazione delle prime istituzioni per la cooperazione economica. L’Unione Europea dei pagamenti favorì il ritorno alla stabilità delle monete e la ripresa degli scambi commerciali. La Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio abolì le barriere doganali e altri impedimenti alla libera circolazione delle merci in settori cruciali dell’economia. Le tensioni geopolitiche nate con la crisi di Suez nel ‘56 contribuirono ad accelerare il percorso verso i Trattati di Roma. Di fronte al crollo del sistema di Bretton Woods nel ‘71, i Paesi europei reagirono con l’istituzione del serpente monetario e poi del Sistema Monetario Europeo. Al crescente euroscetticismo degli anni ‘80, si rispose con i programmi di interventi mirati proposti dalla Commissione Delors e con l’Atto Unico del 1986. Alla fine dell’Unione Sovietica e alla riunificazione della Germania, l’Europa fece seguire la firma del Trattato di Maastricht, la creazione dell’Unione monetaria e, infine, l’allargamento a Est dell’Unione Europea. La crisi dell’eurozona nei primi anni dello scorso decennio ha portato a un rafforzamento e a una modernizzazione delle istituzioni economiche, a partire dalla Banca Centrale Europea. La pandemia ha portato alla creazione del Next Generation EU.

 

Questo lungo cammino di integrazione ha cambiato le nostre vite per il meglio.

 

Un risultato costruito “pezzo per pezzo, settore per settore”, per citare Robert Schuman, perché l’Unione Europea non poteva nascere “di getto, come città ideale”. La lungimiranza dei Padri fondatori fece iniziare il cammino nel mettere insieme quegli interessi economici che avevano causato le guerre (come ora).

 

Ora tocca a noi con grandi e piccoli passi ma senza interruzione, anzi accelerando.

 

Come il naufrago grida terra terra quando vede apparire la salvezza, dopo lo scoppio della guerra di aggressione alla Ucraina si sente invocare, da più parti, Europa Europa!

E questo ci condurrà – speriamo presto – a recuperare le falle del percorso a partire dalla assenza di una difesa comune. Nonostante la consapevolezza sembra ancora timido l’iter verso la meta.

 

Purtroppo sono molte le differenze anche organizzative e gestionali nelle nostre abitudini e nelle scelte politiche. L’armonizzazione che conduca alla totale integrazione passa dalla condivisione delle ‘best pratices’ la’ dove sono insediate da tempo e di cui ammiriamo i risultati. Si potrebbero elencare molti esempi: perché non imitare sistemi universitari che consentano a tutti giovani europei pari occasioni; oppure perché non imitare lo smaltimento dei rifiuti, ecc. Copiando gli esempi virtuosi si risparmierebbero soldi e tempo: è incredibile che a Roma si litighi per il termovalorizzatore. Se non vogliamo ispirarci alle capitali nordeuropee basta studiare il sistema Brescia che funziona da circa cinquanta anni! La guerra in Ucraina ci ha fatto riflettere in merito ai risultati negativi ottenuti per anni di mancanza di visione e di strategie. Serpeggia il malcontento contro l’Ucraina perché aumentano i prezzi di molti prodotti di cui si è ridotta la produzione per colpevole miopia (affronteremo sacrifici ma non siamo sotto le bombe!). Si pensi alla agricoltura: quanto terreno destinato a pannelli solari, a cementificazione, ecc. Le scelte urbanistiche influiscono sulla vita delle città e quindi degli abitanti, sull’equilibrio bioambientale, ecc. recuperare implica grande determinazione nelle scelte politiche, nel consenso popolare, ma soprattutto tempo!

 

Per programmare le scelte e creare cultura e consenso occorre lavorare coi dati, il sistema nervoso della organizzazione sociale. Non è sorprendente che in questo momento nel nostro bel Paese mancano medici e infermieri? Le associazioni imprenditoriali non trovano tecnici, panettieri, camerieri… il ministro Massimo Garavaglia, per aiutare il turismo, settore nel quale manca moltissimo personale, chiede di attivare flussi di immigrati… Abbiamo bisogno non di divenire ma di essere Europa, secondo gli auspici di un indimenticabile europeista, David Sassoli, che definiva l’Europa “un nuovo progetto di speranza, che innova, che protegge, che illumina”.