Europa religiosa, Europa politica. Una intervista a Olivier Roy proposta dalla newsletter de “Il Mulino”.

 

«Parlare di identità europea è diventato possibile perché non abbiamo più una definizione di Europa in termini valoriali: quando non si condividono più dei valori, si ricomincia dallidentità».

 

Antonio Ballarò

 

Antonio Ballarò Professore, parlare di Europa è diventato complicato. La crisi dellUnione, emersa in tutta la sua evidenza dopo il 2008, ha messo in questione limmaginazione politica, culturale e religiosa da cui era nata.

 

Olivier Roy In effetti è così. L’Europa si è costituita politicamente dopo la Seconda guerra mondiale, sulla base di valori come la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani, nonché sull’idea che ci fosse una storia comune, almeno per l’Europa occidentale. E poi dopo la Cortina di ferro. Questo spazio era sostanzialmente quello del cristianesimo latino fino alla Riforma, per cui si può dire che nella visione europea ci sia una tradizione cattolica. È la Chiesa che ha inventato un sistema di istituzioni per così dire sovranazionale: non c’erano nazioni all’epoca, ma quel sistema era al di sopra dei re, dei sovrani, del feudalesimo… La Chiesa, il clero, ha inventato una burocrazia, nello specifico una burocrazia organizzata e con una libertà di movimento transnazionale: i chierici potevano muoversi e insegnare in Francia, in Italia, in Germania. C’era una gerarchia e il papato aveva pretese di carattere temporale; il che offriva, in fondo, una risposta alla frammentazione feudale. Peraltro, tra i padri fondatori dell’Europa c’erano dei cattolici ‑ Adenauer, De Gasperi, Schuman ‑ alleatisi con dei socialdemocratici. L’alleanza tra i democristiani e i socialdemocratici metteva in comune una visione sociale dello Stato, che comprendeva la Chiesa cattolica con la sua dottrina sociale, e l’idea che la politica dovesse fondarsi su valori di solidarietà e condivisione. C’era una coerenza. Ma a partire dagli anni Settanta questa visione comincia a diradarsi.

 

AB Il tema diventa lidentità europea.

 

OR Sì. Anzitutto con la crisi della Dc dopo gli anni Ottanta. Poi con la crisi della socialdemocrazia, che accetta il neoliberalismo, il mercato: Mitterrand, più in là Blair, Schröder… Si rinuncia a una visione sociale e viene meno un’idea dello Stato, visto non più positivamente ma come burocrazia. Si assiste a una crisi dei valori tanto a destra quanto a sinistra, nella Dc come tra i socialdemocratici. E si va verso una riconfigurazione: una nuova destra che non si preoccupa di valori, con esponenti come Berlusconi o Sarkozy, e una sinistra che perde il suo senso del sociale. Una crisi che tocca valori condivisi da un lato all’altro dello spettro politico.

 

AB Parla di valori condivisi per evitare letture identitarie?

 

OR L’Europa non è un’identità, è un progetto politico. Un progetto politico fondato su quei valori, certo. Ma si tratta di valori condivisi. Il concetto di identità nel dibattito politico è recente, lo si vede arrivare negli anni Novanta, in particolare rispetto all’immigrazione. Prima di allora non se ne parlava. Si discuteva di un progetto politico, ci si chiedeva se l’Europa avesse un’anima, si utilizzava un vocabolario più spirituale. Non per caso in seguito si verificano una crisi dei valori condivisi e una crisi spirituale.

 

AB Il Sessantotto…

 

OR Se prendiamo ad esempio la Chiesa cattolica è chiaro. Una certa questione valoriale viene posta abbastanza tardi dalla Chiesa, dato che il progetto politico europeo attingeva molto dalla Dottrina sociale. È a partire dal Sessantotto che essa pone dei valori normativi intorno alla vita o alla sessualità e non più dei valori collettivi, dunque si ha una morale sessuale che si rivolge essenzialmente agli individui. Il processo culmina con due papi molto europei, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che hanno definito l’Europa sulla base di tali valori normativi. Ed è interessante come Wojtyla proponga delle norme ma non difenda la Democrazia cristiana: il senso è che la difesa dei valori sia di competenza della Chiesa.

 

AB Resta il fatto che la Chiesa sostiene lEuropa.

 

OR La Chiesa è europeista: ha un progetto per l’Europa, ma questo progetto non è sempre stato percepito allo stesso modo. La Chiesa ha constatato che la cultura europea era cambiata dopo gli anni Sessanta, il che era vero. I valori di oggi sono più individualisti, mirano alla riuscita, al successo personale. Non c’è più un progetto collettivo. Perfino la storia di gran parte dei partiti populisti mostra come agli inizi avessero una declinazione regionalista, non nazionalista: a eccezione della Francia, è stato così in Italia, in Belgio, nel Regno Unito con la Brexit. La differenza rispetto ai piccoli Paesi è la percezione della nazione in senso etnico: è il caso della Danimarca, dei Paesi Bassi…

 

AB Vorrei tornare al ruolo di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. In che modo interagiscono spiritualità e politica riguardo allaccento sui valori?

 

OR Il quadro è quello di una crisi generale. I valori della Chiesa sono valori normativi: i papi chiedono ai Parlamenti di votare o non votare delle leggi. Di fatto non si difende soltanto una spiritualità, ma si è impegnati in una lotta normativa: il caso dei valori non negoziabili. La Chiesa rientra non in conflitto, ma in tensione con gli Stati poiché non ha più legami politici come in passato, quando c’era la Dc o una destra conservatrice ispirata alla morale cristiana. Dopo il Sessantotto anche la destra accetta del tutto il paradigma dell’individualismo del piacere, se posso dire così: il successo personale, il profitto, la libertà sessuale. Pertanto, non avendo più contatti immediati, la Chiesa si confronta direttamente con la classe politica. Al punto da sembrare dissidente più che una forza propulsiva.

 

AB A pensarci bene lEuropa sta attraversando una fase della sua storia in cui il dissenso è esercitato da più parti e in modo piuttosto vocale.

 

OR La scena politica europea resta una scena nazionale, che rende possibile la comparsa di movimenti populisti che contestano i valori europei. Così è possibile che la Polonia o l’Ungheria si sentano europee ma rifiutino il liberalismo. Il consenso su questi valori è scomparso. Perché la destra populista non è una destra cristiana, tanto che il rapporto con il cattolicesimo non è uguale ovunque: c’è il sostegno di alcuni episcopati, almeno in parte, ma ci sono Paesi in cui ciò non avviene, come l’Italia, la Francia, la Spagna e la Germania. Parlare di identità europea è diventato possibile perché non abbiamo più una definizione di Europa in termini valoriali: quando non si condividono più dei valori, si ricomincia dall’identità.

 

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