Direttore stabile e Artistico della Stradivari Festival Chamber Orchestra, oggi Europe Philharmonic, Sony Classical International Artist e Steinway Artist, Ezio Bosso è stato Testimone e Ambasciatore internazionale dell’Associazione Mozart14, eredità ufficiale dei principi sociali ed educativi del Maestro Claudio Abbado, Ezio Bosso è stato inoltre il testimone ufficiale della Festa Europea Della Musica per il 2018 e unico italiano invitato al Parlamento Europeo per una storica riflessione sullo stato della cultura europea.

Tra le Orchestre dirette ricordiamo London Symphony Orchestra, Czech National  Symphony, Orquesta de Cámara de Madrid, Orchestra del Teatro Regio, Orchestra Filarmonica del Teatro Regio di Torino, Orchestra dell’Accademia della Scala di Milano, Orchestra Regionale del Lazio, Orchestra da camera di Torino, Wien Residenz Orchester, Bonn Kammer Orchester, Orchestra dell’Accademia Mozart, Orchestra Verdi di Milano, Sydney Youth Orchestra.  Ci ha lasciati venerdi 15 maggio 2020 e senza di lui ora siamo tutti più soli.

Ciao caro Ezio: stavolta ci hai salutati davvero, dopo averci fatto amare la musica come mistero e voce dell’immensità, come modo sublime di comunicarci la tua gioia di vivere e la tua straordinaria ricchezza interiore. “Ciao” era una delle tue parole preferite, ogni tuo concerto cominciava con un “ciao”.

La musica era per te come il respiro: avrei voluto che me ne parlassi, ti avevo inviato alcune domande che desideravo porti, un’intervista che avevo preparato per te. La gioia desiderata di un incontro con una persona speciale.

Mi accorgo stasera di quanto sarebbero state banali, di fronte alla tua grandezza: non sarei stato in grado di capire fino in fondo l’armonia dei tuoi sentimenti, il tuo amore smisurato per l’uomo e la vita, il significato più personale e intimo della musica che era il tuo modo di comunicare con il mondo e di penetrare con una immedesimazione sorprendente i grandi musicisti del passato fino a comprendere dettagli e misteri delle loro partiture, incomprensibili ai più.

Conoscere la loro vita ti permetteva di farli rivivere nell’esecuzione delle loro composizioni.

Avevo capito la delicatezza e il pudore della tua risposta interlocutoria: aspettiamo che finisca questa crisi della pandemia, c’è troppo dolore intorno a noi, meglio non fare ‘tuttologia’, sospendiamo ogni discorso sulla musica. Avevo apprezzato il tuo rispetto per la sofferenza intorno a noi: ho letto recentemente che avevi dichiarato che quando tutto sarebbe finito la prima cosa che avresti fatto sarebbe stata di metterti al sole, la seconda di abbracciare un albero.

Penso che dove ora sei tu lo possa fare, senza i limiti della nostra condizione umana.

Tu conoscevi il dolore e la malattia ma avevi avuto lo straordinario coraggio di trasformarli in una opportunità: «Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono».

In un mondo spesso distratto o indifferente la tua raffinata sensibilità ti permetteva di esprimere stati d’animo e sentimenti nobilissimi: purtroppo non tutti sono capaci di convivere con la dignità dell’animo che apre alla umana comprensione.

Mi colpì la risposta semplice e disarmante che avevi saputo dare ad una persona talmente rozza e lontana  dalla tua bontà, che aveva stupidamente criticato i tuoi capelli  a volte scomposti: “perché me li pettino da solo” e anche questo era un aspetto della tua personalità, generosa fino all’innocenza. 

Quando ti ascoltavo – i primi anni al pianoforte , tu figlio di Beethoven  eri nato pianista – poi direttore d’orchestra sapevi commuovermi per la tua immedesimazione nella lettura dello spartito.

Mi ricordo l’ultima volta che ti avevo visto in televisione: avevi preso per mano Čajkovskij e l’avevi accompagnato al cospetto di chi ti ascoltava, con un trasporto emotivo e una delicatezza che avevano suscitato una profonda, coinvolgente commozione.

Tanto amavi la musica quanto rispettavi il valore del silenzio: di tutte le domande che avevo preparato e che resteranno senza risposta, paradossalmente ti avrei chiesto di spiegarmi quale valore attribuivi al silenzio: in una intervista a “Sette”del Corsera avevi detto una cosa meravigliosa che capita raramente di sentir dire in un mondo fagocitato da una quantità incommensurabile di parole chiassose e soverchianti: «Oggi tutti parlano e nessuno sta a sentire. Bisogna fare silenzio per poter ascoltare”. Ricordo che Alda Merini mi aveva espresso lo stesso concetto: leggerlo detto da te mi confermava un’intuizione.

Che le persone “grandi” sono anche persone semplici, che sanno ascoltare e poi che musica e arte, poesia e letteratura nascono proprio dal silenzio e dalla riflessione. 

A pensarci bene è dal silenzio pensato come un valore che nasce la musica come sapienza e armonia.

Volteggiando la tua bacchetta magica di direttore d’orchestra sapevi farti trasportare nel sublime. 

Ti serviva per mascherare il dolore – come hai più volte affermato- ma anche per dare il meglio di te: era come se tu fossi davanti ad un antico manoscritto che andava decifrato per coglierne il senso più profondo e permetterti di esprimere la tua incomparabile capacità di lettura e interpretazione.

Tu, le note e il pentagramma: un tutt’uno coinvolgente, capace di suscitare un trasporto emotivo che resta nel cuore di chi ti ha ascoltato come un’esperienza indimenticabile.

Rimane il ricordo palpitante delle tue esecuzioni insieme alla incerta intuizione di aver compreso fino in fondo il tuo messaggio ricco di umanità: ascoltare la voce della vita, dare spazio ai sentimenti, cercare l’incontro e la comprensione degli altri.

Quella bacchetta magica che ti “trasformava” questa volta ti ha portato lontano, lasciandoci un grande dono: quello di sperare che le difficoltà della vita e le nostre stesse contraddizioni si possano un giorno ricomporre in una desiderata armonia.

Ed è per questo che  chi ti ha voluto bene confida nel suo cuore  che si avveri  ciò che scrisse il poeta persiano del XIII secolo Gialal-al-din-Rumi:  Là fuori, oltre a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì.“