Francesco, il Vescovo di Roma: a proposito della riforma del Vicariato.

Francesco ha rivisto l’ordinamento del Vicariato. È una questione tutta interna alla Chiesa? No, alla base c’è l’esigenza di un nuovo slancio pastorale, in particolare a Roma. Giovanni XXIII ne definì l’orizzonte universale quando spostò la curia al Laterano.

Lucio D’Ubaldo

Meno di quindici giorni fa, esattamente il 31 gennaio, entrava in vigore la Costituzione apostolica In Ecclesiarum communione che fissa il riordinamento del Vicariato di Roma. È presto per dire se la nuova organizzazione della Diocesi del Papa abbia mosso le acque, in senso favorevole e positivo, incontrando una volontà di ricezione da parte della comunità ecclesiale. Quando Francesco ne ha dato l’annuncio, nella giornata dell’Epifania, i più sono rimasti sorpresi: si parlava da tempo della riforma, ma nessuno aveva raccolto i segnali della sua imminente formalizzazione. Bergoglio, in fondo, ha manifestato in varie circostanze la predilezione per interventi a sorpresa, quasi a voler rafforzare con la repentinità del gesto la caratura del suo messaggio di cambiamento.

In realtà, il Vicariato per ben due volte è andato incontro a cambiamenti negli ultimi decenni, prima con Paolo VI (Vicariae Potestatis – 1977e poi con Giovanni Paolo II(Ecclesia in Urbe -1988). Stavolta, seguendo le interpretazioni e i commenti sviluppati a caldo, si nota la preminenza di un disegno di maggiore accentramento, essendo tutto o quasi tutto riportato alla volontà del Pontefice. Il Cardinal Vicario, definito ufficialmente“ausiliare”, vede diminuito il suo ruolo, sia per l’enfasi riposta sul ruolo del Consiglio Episcopale che per le pregnanti funzioni attribuite al Vicegerente – vero dominus del Palazzo Lateranense – anch’esso nominato dal Papa. E sempre il Papa nomina i Vescovi di settore e gli organi di controllo interni al Vicariato, senza dimenticare i Parroci. La cura pastorale della Città contempla dunque una piena responsabilità del suo Vescovo. D’altronde, non bisogna dimenticare che appena eletto Papa Francesco si rivolse ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro definendosi appunto “Vescovo della Chiesa di Roma”. 

Qualcuno ha pure osservato il legame esistente tra questa operazione di riforma e l’accennata prospettiva di un Papa ridotto, se dimissionario, a Vescovo emerito di Roma. Il problema è evitare che al Pontefice regnante si affianchi l’ingombrante figura del Papa emerito, come è avvenuto a seguito della clamorosa scelta di Benedetto XVI. La Chiesa ha faticato a trovare un punto di equilibrio e il permanente “stato di eccezione” ha consentito all’ala più conservatrice del Vaticano di lavorare in sordina per fare di Ratzinger il guardiano dell’ortodossia, in contrasto perciò con la linea di rinnovamento portata avanti da Francesco. Ora nella ipotesi di dimissioni, sempre respinta da Bergoglio, avremo comunque un esito diverso, più limpido nelle forme, anche a riguardo della residenza – aspetto non secondario –  visto che il Vescovo emerito di Roma potrebbe essere ospitato in Laterano. 

La Costituzione apostolica pone l’esigenza di un nuovo slancio pastorale. Lo sguardo del Papa non vuole essere concentrato sulle questioni di carattere meramente organizzativo: la Chiesa di Bergoglio è una Chiesa in uscita. C’è una costante, quando i Papi parlano di Roma; c’è la forza evocativa della sua funzione universale, per il retaggio di storia civile e religiosa; e c’è, in conclusione, l’appello all’opera di evangelizzazione di cui essa ha bisogno, oggi più che mai, per essere “esempio di carità” sulla scena del mondo. Quando si aprirono le porte del Concilio, Giovanni XXIII avvertì l’urgenza di trasmettere ai romani il senso profondo della novità che si profilava all’orizzonte della cristianità. Fece, a riguardo, un gesto che univa organizzazione e visione pastorale: nel 1962 spostava la sede del Vicariato da Piazza della Pigna a San Giovanni, nel Palazzo del Laterano, sede dei Pontefici per undici secoli, fino all’epoca avignonese, e perciò definito dal Papa “richiamo fulgido della unione spirituale di tutte le chiese della terra, dalle cattedrali insigni alle umili cappelle degli avamposti del cristianesimo”. Il pensiero di Papa Giovanni si volgeva a un compito che si rifrange nel presente, nella Chiesa di Francesco, per “incoraggiare, a Roma e dappertutto nel mondo, la risoluzione di molti problemi pastorali”.