Francia, lavori in corso in vista di legislative. Un esame dettagliato dell’Agenzia Italia (AGI)

Al centro, a sinistra e a destra, in Francia tutte le forze politiche sono impegnate in serrate trattative per le legislative di giugno, da molti considerate il “terzo turno delle presidenziali”.  

 

Agenzia Italia


Il presidente Emmanuel Macron ha avviato consultazioni con personalità di spicco della sua maggioranza, ma ai primi confronti non sono stati convocati l’ex premier Edouard Philippe, fondatore del partito Horizons, né François Bayrou (MoDem), alimentando speculazioni sui media. Oggi ha invece visto la luce un nuovo partito pro Macron, Refondation républicaine, che ha nominato come suo presidente l’ex ministro Jean-Pierre Chevènement. Volto storico della politica francese, Chevènement, sovranista di sinistra, ha parlato di “mosaico macronista” al posto di “maggioranza presidenziale”, desideroso di “unire i repubblicani delle due sponde” per dare a Macron “la possibilità di proseguire la sua impresa di rilancio della Francia”. Refondation républicaine diventa così la nona formazione politica dalla parte del presidente riconfermato e alle legislative del 12 e 19 giugno intende presentare una decina di candidati.  


A sinistra le trattative sono capitanate da La France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Mélenchon, giunto al terzo posto alle presidenziali con 22% dei consensi. Al termine di un primo incontro di tre ore con una delegazione del Partito socialista (PS), il capo negoziatore socialista Pierre Jouvet ha dichiarato che “la discussione è stata costruttiva, non esistono ostacoli insuperabili” per arrivare ad un accordo con la sinistra radicale.

Già di per sé l’incontro è stato definito “storico”: da quando Mélenchon uscì dal PS 14 anni fa, tra le due forze politiche non c’erano più stati contatti ufficiali. Soddisfatto anche il capo negoziatore di LFI, Manuel Bompard, secondo cui “non abbiamo avuto l’impressione di parlare con lo stesso PS di 3 anni fa”, complimentandosi con i socialisti per un cambio di linea politica rispetto a quando furono al potere con François Hollande (2012-2017).

Un prossimo appuntamento è stato fissato durante il fine settimana per portare avanti il confronto in merito a punti di convergenza per un programma comune e sul tipo di alleanza. Tra i socialisti, l’idea di un’unione con il partito di Mélenchon viene ostacolata da alcuni, ma il segretario generale Olivier Faure tira dritto. “Se pensate che il PS è morto, che non c’è più nulla da fare, che non appartenete più alla sinistra, allora andatevene” ha detto il capofila del PS, invitando chi fosse contrario al negoziato con LFI a lasciare il partito, a raggiungere En Marche, “altrimenti se rimanete dovete lottare con noi, questo potrà cambiarci”. Un’alleanza con Mélenchon rappresenterebbe una svolta maggiore per i socialisti, di cui buona parte è consapevole che, con solo 1,7% ottenuto alle presidenziali dalla candidata Anne Hidalgo, lo storico partito rischia di scomparire dallo scacchiere politico francese. Uno dei nodi delle trattative, sia con i socialisti che con gli ambientalisti di EELV, riguarda l’assegnazione delle circoscrizioni elettorali a ciascun candidato. La grande forza dei socialisti risiede in una presenza più sedimentata e capillare a livello territoriale: nell’Assemblea uscente ha 28 seggi contro 17 per LFI, su un totale di 577 deputati. 

Con gli ambientalisti del candidato sconfitto alle presidenziali, Yannick Jadot, ci sono una serie di divergenze sul programma, ma i negoziati continuano per riuscire a formare una coalizione, a patto di poter aver candidati in 15-20% delle circoscrizioni. Messi tutti insieme, i voti delle forze di sinistra alle presidenziali raggiungono oltre il 30% dei consensi, dando alla ‘gauche’ buone speranze di avere un certo peso nel prossimo parlamento. Ne è consapevole il presidente Macron che per conquistare voti e simpatie a sinistra ha annunciato che il suo prossimo primo ministro dovrà essere “legato a temi sociali e all’ambiente”.      

A destra c’è una grande frammentazione con i gollisti  Républicains (LR) reduci del peggior risultato della loro storia – 4,78% per Valérie Pécresse – e divisi tra quanti puntano a riconfermarsi come principale partito di opposizione in Parlamento – in quello uscente aveva un centinaio di seggi – e quelli propensi ad allearsi con Macron, come dichiarato apertamente dall’influente ex presidente Nicolas Sarkozy. C’è il rischio di una spaccatura interna a LR e di uscita dal partito della destra tradizionalista degli esponenti più conservatori. Il presidente dei Republicains, Christian Jacob, dopo una riunione dei vertici del partito ha dichiarato ai media locali che nella sua famiglia politica “non c’è doppia appartenenza e non ce ne sarà mai, non si può essere repubblicani e membri della Republique en Marche, così come non si può essere repubblicani e membri di Reconquete”. 

 

Jacob ha voluto quindi chiudere sin da subito la strada a una collaborazione con Macron in vista delle legislative – avvertendo che chiunque entri nel governo sarà espulso – sia a un accordo con l’estrema destra di Marine Le Pen e Eric Zemmour, sottolineando che i candidati della destra gollista “costituiranno in Parlamento in un gruppo indipendente, stando all’opposizione”, ma che voteranno le riforme “se andranno nella giusta direzione”.I Republicains cominceranno la campagna elettorale per le legislative sabato 7 maggio con un raduno del Consiglio nazionale, a cui saranno presenti gli alleati centristi e i candidati. Sul versante dell’estrema destra, Zemmour di Reconquete ha annunciato che il suo partito non presenterà candidati nelle stesse circoscrizioni di quelli di Le Pen, Eric Ciotti e Nicolas Dupont-Aignan. Il polemista, che ha ottenuto 7,07% dei voti al primo turno delle presidenziali, è tornato a rilanciare il suo appello all’unione nazionale con il Rassemblement national (RN) di Le Pen, Debout la France (DLR) di Dupont-Aignan e i Republicains patrioti, le cui linee politiche sono “compatibili” con il progetto di Reconquete.

Finora l’appello di Zemmour non è stato accolto dallo storico partito di estrema destra. Secondo un sondaggio, il 93% degli elettori di Reconquete sarebbe favorevole ad un’alleanza alle legislative e lo sarebbe anche il 70% di quelli RN. I dirigenti del partito di Le Pen rimproverano a Zemmour le critiche nei confronti della candidata al ballottaggio e per giunta, storicamente, si oppone agli “accordi tra partiti”. Una posizione criticata da Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, vice presidente di Reconquete, che ha accusato la sua ex famiglia politica di cercare un “pretesto” per non allearsi.

[Fonte: Agenzia Italia]