La balcanizzazione dell’Ucraina non è nell’interesse di nessuno”. Provinciali intervista Giorgio Cella sullo stato della crisi .

In un ampio servizio dedicato agli avvenimenti di geopolitica e di geoeconomia più attesi e probabili per il 2022, il “Corriere della Sera” ha indicato al primo posto “l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo”, che attualmente presidia una parte delle frontiere tra i due Paesi. Questa ipotesi è stata avanzata poco dopo la pubblicazione del libro di Giorgio Cella, Dottore di Ricerca c/o l’università Cattolica di Milano, intitolato “Storia e geopolitica della crisi ucraina” – per i tipi della Carocci Editore – e anche se le due fattispecie non sono correlate tra loro entrambe esprimono la viva attualità del tema.

 

Presentazione

In un ampio servizio dedicato agli avvenimenti di geopolitica e di geoeconomia più attesi e probabili per il 2022, il Corriere della Sera ha indicato al primo posto “l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo”, che attualmente presidia una parte delle frontiere tra i due Paesi. Questa ipotesi è stata avanzata poco dopo la pubblicazione del libro di Giorgio Cella, Dottore di Ricerca c/o l’università Cattolica di Milano, intitolato “Storia e geopolitica della crisi ucraina” -per i tipi della Carocci Editore-  e anche se le due fattispecie non sono correlate tra loro entrambe esprimono la viva attualità del tema.

Non ci si può esimere dall’apprezzare l’encomiabile valore dell’opera di Cella,  sotto molteplici profili strettamente collegati tra loro che, intrecciati in una descrizione lucida e super partes riescono a fornire al lettore una visione d’insieme oserei dire fondamentale nella comprensione di eventi altrimenti troppo spesso semplicisticamente inquadrati a livello di pubblica opinione, sovente non adeguatamente informata. L’autore delinea una ricostruzione storica pressoché perfetta nell’intero arco temporale che ha portato all’identificazione di un popolo in una Nazione e al riconoscimento di un contesto geografico molto ampio in uno Stato, passando per tutte le dominazioni, le influenze socio-culturali e le caratterizzazioni e connotazioni uniche che ha poi preso quella che oggi è l’Ucraina.  Fondamentale, per sfatare alcuni luoghi comuni figli di un’interpretazione limitata e troppo semplicistica, ahimè sovente, ricorrente e figlia di limitate scorciatoie culturali.  Quello che il lettore si ritrova tra le mani è un saggio, di altissimo profilo, che fornisce strumenti inconfutabili e dati storici certi. 

Lodevole l’analisi distaccata e terza  di ciò che è stato -ritengo- il lavoro più difficile: saper descrivere e riportare fedelmente condizioni spesso dicotomiche di vita, aspettative e ragioni di persone, così vicine e così distanti, connazionali di una Terra contesa. Il lettore viene ulteriormente edotto di quelle che sono inoltre altrettante aspettative, interessi e addirittura pretese verso quella che di fatto è comodamente e utilitaristicamente mantenuta nella condizione di “Stato-cuscinetto”, “Terra di mezzo”, dalle grandi Potenze economiche e militari mondiali. La descrizione di antefatti, premesse e minuziose nonché importanti precisazioni di ciò che ha portato e che poi è stato l’Euro-Maidan è imprescindibile a chiunque abbia l’intenzione d’inquadrare bene l’evento che ha segnato la Storia recente di un Paese e che tuttora ne sta influenzando eventi e politica, delicate questioni internazionali. 

La drammaticità di certe immagini, del vissuto di chi sulla propria pelle ne porta le conseguenze, il modo in cui avvenimenti di cronaca di grande rilevanza internazionale sono stati riportati fedelmente e ciò aiuta ancor di più a percepirne l’intricata complessità. Chi di noi in presa diretta e non soltanto per cultura scolastica sa collegare mentalmente immagini, emozioni, sogni, illusioni, delusioni della generazione che ha vissuto la divisione delle “due Germanie”, dalla costruzione alla demolizione del muro, certamente saprà trovare qualche similitudine ma anche molte differenze nei differenti approcci alla “questione Ucraina” da parte di chi ne abita la zona più occidentale (ed europeista, pro-NATO) e chi invece vive quella del Donbass (filorussa). A tal proposito valutando la realtà ucraina, così dicotomica, anche se, come spiega l’autore, non è sempre una dicotomia così monolitica e certa come alcune narrative vorrebbero semplicisticamente far figurare, ma anche così unita sotto il motto “слава Україні!», “Viva l’Ucraina! Gloria ai nostri eroi”, oggetto di recenti polemiche anche con la FIFA per esser stata stampata sulle maglie della Nazionale di calcio ucraina ai recenti europei, mi permetto di rivolgere alcune domande  all’Autore.

Intervista

Quale futuro vede per questa situazione? Due confederazioni unite sotto un’unica bandiera, ciascuna delle quali avente libertà di scambio rispettivamente con l’UE e con la Russia e rispettivamente sotto il protettorato NATO e Russo?

La sistemazione in termini amministrativo-territoriali del paese è ancora un miraggio, a quasi otto anni dall’inizio del conflitto. La prospettiva prospettata nella sua domanda appare dunque purtroppo remota, quantomeno in modo compiuto e stabile. Oggi noi abbiamo già, de facto, un controllo (indiretto) di Mosca e tutto il resto dell’Ucraina nella sfera di influenza atlantica. Arrivare a una sistemazione federale del territorio con il Donbass con forti autonomie non sarà un processo facile, anzi saranno negoziati lunghi e molto complessi. Certo, bisognerebbe poi tastare la volontà popolare reale delle popolazioni del sud-est ucraino, in quanto non è detto che vi si trovino orientamenti filorussi tout court.

Inoltre: la Grivnia ormai ha subito una svalutazione spaventosa. Irreparabile. Si trova chiusa tra due mercati con due monete differenti e spesso anche in Ucraina stessa si trovano prezzi espressi in monete differenti da quella ufficiale. Ritiene in tal senso (e alla luce della domanda precedente) possibile lo scenario in cui in un’ipotetica Ucraina occidentale sia in uso l’Euro mentre in quella orientale il Rublo, per ammissione nelle rispettive Comunità delle due confederazioni? 

La descrizione di un’ipotetica doppia valuta in Ucraina rispecchia un pò la situazione stessa del paese, e un po’ la sua stessa storia: tirata da un lato e da un altro, preda di continue forze e tendenze esterne che ne plasmano la realtà interna. Venendo alla domanda, e non essendo un economista, non credo questa sia uno scenario verosimile nel futuro prossimo: ne l’entrata nell’euro dell’Ucraina (la zona euro e l’EU mi sembrano abbiano già varie questioni di alta priorità da gestire…) ne l’adozione del rublo per la tribolata area del Donbass. Più probabile invece la continuazione della cosiddetta passportization policy delle autorità russe nell’area, una delle varie e ormai classiche carte delle cosiddette operazioni ibride del Cremlino nell’ex spazio sovietico.

La Storia recente, dell’ultimo secolo –  come si evince dai relativi capitoli del suo libro – ha mostrato tutta la resilienza, la resistenza e la tenacia di un popolo con una statualità fragile ma che è riuscito a rimanere comunque unito in uno spirito nazionale che non tutti davano per certo, che nonostante vari traumi non è mai stato totalmente assoggettato: dallo sterminio dei kulaki a tutto il periodo sovietico.  Come inquadra in tal senso la bramosia di “riprendersela” dello “Zar Putin”?

La volontà del Cremlino sotto la leadership di Vladimir Putin –  tra l’altro certamente non in discontinuità con l’era Eltsin – è quella di tenere una qualche forma di stretto contatto o se vogliamo di influenza sull’Ucraina, per le mille e lunghe ragioni spiegate all’interno del libro. Ciò, di per se, rientra nei “normali” pilastri di una qualsiasi articolazione imperiale, il fatto è che l’impero di un tempo non c’è più, e le nazioni un tempo sotto il controllo dell’impero russo – zarista, poi sovietico – hanno in maggioranza scelto un altro sentiero, un’altra galassia sulla quale orbitare (quella euroatlantica, ca va sans dire). Da qui il grande problema del trovare un equilibrio tra le volontà post-imperiali di Mosca e le volontà di libera scelta di collocazione nel quadro internazionale e di politica estera e di sovranità e difesa dell’integrità territoriale degli stati post-sovietici / post Patto di Varsavia. 

L’Ucraina è sempre stata il “granaio d’Europa”. La maggior parte delle attività commerciali redditizie sono ora nella parte orientale. L’Ucraina riceve enormi sovvenzioni da parte degli USA ma attraverso il suo territorio transita il gas russo diretto verso l’Europa. Una situazione difficilmente risolvibile, quella dell’indipendenza dai rispettivi “protettorati”.  A Suo modo di vedere tutto ciò rafforza l’ipotesi di una divisione in due confederazioni?

Non credo, ripeto, che una balcanizzazione del Paese sia nell’interesse della maggioranza degli attori coinvolti in questa enorme crisi di politica internazionale nota come crisi ucraina. Non lo è ovviamente per Kiev, non lo è per l’Occidente e la NATO  e l’Unione Europea, che pongono come principio quasi sacrale la non modifica dei confini territoriali usciti dal secondo dopoguerra. Bisogna anche dire tuttavia che l’Ucraina oggi ha asset economici non individuabili esclusivamente nel sud-est del Paese; per quanto concerne la questione del gas la questione, come noto, è estremamente delicata non solo dal punto di vista meramente economico-energetica, ma lo è sempre di più anche nella dimensione politica, specie dopo l’azione – assolutamente legittima… – del raddoppio del North Stream II voluto, in pieno moto machiavellico, dalla Germania di Angela Merkel, alla faccia dell’unità di intenti delle politiche euroatlantiche…


Circa la “presa della Crimea”, molte sono le voci contrastanti: ascoltando un telegiornale filorusso ovviamente si ha un’idea molto, anzi totalmente differente da quella ascoltata in un telegiornale “occidentale”. Quanto ha influito la propaganda filorussa in tutto ciò, anche a seguito delle recenti questioni circa le ingerenze russe nelle ultime due elezioni in USA, in Francia e anche in Italia, con chiari segnali di sostegno sovranista, populista e antieuropeista da parte di Putin?

Non è immediato il legame tra presa della Crimea e supposte ingerenze russe in campo internazionale elettorale, USA su tutte. Impossibile qui inoltrarsi in questa palude di notizie, smentite, processi, assoluzioni et cetera (riferendosi alla questione del supposto intervento russo nelle elezioni americane). La Crimea è una questione che si lega agli ultimi tre secoli di storia delle relazioni internazionali, ergo europee, precisamente dal 1783 quando la zarina Caterina II annesse la penisola all’impero russo, sottraendolo all’Impero Ottomano, che da secoli era il protettore di questo territorio di tradizione turcico-islamica, patria dei tatari di Crimea, per l’appunto, tutt’oggi presenti. Altro capitolo fondamentale di questa storia si trova nel 1954, anno del trasferimento della penisola crimeana al territorio ucraino per volere di Krushev: il capitolo nel libro dedicato precisamente a questa questione dà, in una mia personale decodificazione dei fatti, in una mia visione storiografica, una possibile spiegazione di questo atto unilaterale che ancora oggi tormenta le classi dirigenti russe. 

Julija Tymošenko, “la pasionaria”, è stata incarcerata sotto il regime di Viktor Yanukovich (fortemente voluto e sostenuto da Putin stesso, che lo ha poi tratto in salvo durante la fuga dal “palazzo d’oro” durante la rivolta del Maidan) per sette anni ed è stata poi liberata dopo tre di detenzione. Era considerata un’icona ma una volta apparsa in sedia a rotelle sul palco dell’Euromaidan è stata acclamata per certo poco tempo, dopodiché ha perduto anche lei parecchio consenso. Stesso dicasi per Vitalij Klyčko, ora sindaco di Kiev. Il popolo ucraino chiede volti nuovi, figure fresche e “pulite”. Chi vede nell’attuale panorama politico come possibile “promessa” da ritenersi accreditata e attendibile?

L’Ucraina ha certamente vissuto una prolungata crisi della sua classe politica, delle sue classi dirigenti, ma in questo mi pare in buona compagnia se pensiamo ad alcuni governi occidentali… Con Zelensky, l’opinione pubblica – stanca di decenni di malgoverno, per usare un eufemismo, c’è chi le ha definite financo cleptocrazie, se pensiamo agli anni al potere di Yanukovich, con una asfissiante corruzione di imprint sovietico… – aveva individuato in Zelensky quel volto nuovo da lei citato, quella nuova linfa politica incarnata da un politico nuovo e giovane. Le aspettative, come spesso accade, per di più quando molto alte, finiscono col deludere parzialmente, specie in ambito politico. Non è tuttavia certamente questa l’occasione per fare un bilancio dell’operato del nuovo governo, anche perché il periodo che sta vivendo il paese nel suo braccio di ferro con la Russia non facilita certamente la sua governance. 

Aleksei Navalny è considerato un eroe in Terra Ucraina e da molti russi, eppure sta scontando una pena di detenzione di almeno due anni nelle durissime carceri russe. La pressoché totalità degli altri oppositori al regime di Putin è stata messa fuorigioco spesse volte anche al caro prezzo della vita. Considerata la sua enorme notorietà e il consenso che ha raggiunto, in questo momento l’eventuale morte di Navalny lo renderebbe un martire; una sua riammissione nella scena politica lo renderebbe viceversa un avversario temibile e certamente molto scomodo. Qual è la sua personale opinione in merito?

Trovandomi in questi giorni a Bruxelles, visto l’enorme poster a difesa di Alexey Navalny davanti ai palazzi dell’Unione Europea, si direbbe che si tratti di un eroe non solo per alcune fasce della popolazione russa o di altri paesi ex sovietici. Tuttavia, non vedo sinceramente un legame tra la crisi ucraina e l’affaire Navalny, quantomeno non diretto. Le posizioni eventuali di un Navalny politico poi sono tutte da vedere, visto che spesso si è collocato su posizioni etno-nazionalistiche, non esattamente liberali insomma (basta pensare ai suoi pericolosi, xenofobici slogan diretti alle popolazioni a maggioranza islamica del Caucaso settentrionale della Federazione Russa). L’elemento Navalny, più che altro, dovrà essere analizzato e contestualizzato all’interno della più grande e importante olistica analisi che occorrerà fare sul tuttora ignotissimo orizzonte post-Putin che, prima o poi, ineluttabilmente busserà alle porte della Storia.