Fino al 21 marzo 2021 le Gallerie d’Italia – Piazza Scala a Milano ospitano l’esposizione “Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa”, a 250 anni dalla sua morte, realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in partnership con le Gallerie dell’Accademia di Venezia, a cura di Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti, con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli. 

In mostra settanta opere, tra quelle del Maestro e di importanti artisti suoi contemporanei (tra cui i veneti Antonio Pellegrini, Giovanni Battista Piazzetta, Sebastiano Ricci e il lombardo Paolo Pagani).

Giambattista Tiepolo aveva quattordici anni quando iniziò ad apprendere da Gregorio Lazzarini “i ferri del mestiere” e la magia del “saper mescolare i colori”. Nel 1717 si iscrisse alla congregazione dei pittori veneziani, iniziando un percorso che lo porterà ad essere conosciuto in Veneto, Friuli, Lombardia. Uscì dall’Italia a cinquantacinque anni, facendosi apprezzare in alcuni Stati, tra cui Germania e Spagna. 

Inizialmente, la pittura di Giovanbattista Tiepolo segue le tracce del Piazzetta, le sue “macchie di forza”. Quest’influenza la si ritrova in alcune opere giovanili, tra tutte: gli affreschi del palazzo arcivescovile di Udine del 1726. Poi l’amore per i classici della letteratura, ed ecco che Giovanbattista omaggia l’Eneide, l’Odissea e la Gerusalemme Liberata, decorando la villa Valmarana vicino a Vicenza, lavoro successivo agli splendidi affreschi del 1733 della cappella Colleoni di Bergamo.

La vena artistica è influenzata anche da due importanti incontri: Sebastiano Ricci e Paolo Veronese. Del primo assimila il movimento del disegno, quel senso di dinamismo non puramente decorativo, alla rococò, ma dal gusto raffinato prettamente veneziano. Del Veronese egli coglie e reinterpreta il gioco di cromatismi alla ricerca di una coreografia dal largo respiro, superando miti ed allegorie. Dal 1740 al 1744 Tiepolo esegue significativi lavori a Venezia (come “l’apparizione della Vergine al beato Simeone Stock”, scuola dei Carmini, e l’affresco della chiesa degli Scalzi “Trasporto della Santa Casa di Loreto”, di cui si può ancor oggi ammirare il bozzetto preparatorio, essendo l’originale stato distrutto durante la prima Guerra Mondiale). Sono gli anni in cui Milano diviene una città fondamentale per Tiepolo che realizza, tra gli altri, “La corsa del carro del Sole”, la pittura a fresco voluta per Palazzo Clerici da Antonio Giorgio, ultimo discendente della famiglia (in quell’occasione viene pubblicata una raccolta di poesie del poeta Giovanni Battista Dal Pozzo, che celebra Tiepolo paragonandolo al Veronese). 

Con il passare degli anni sempre più, con delicatezza di tavolozza e disegno, il suo stile riesce a rappresentare con luci e colori il dramma della vita, l’uomo nei suoi atteggiamenti, l’insieme dell’esistenza (concetti cari ai Romantici che, in quel senso di “insieme unico” e nella vibrazione delle tonalità simboliche, Tiepolo sembra presagire). La sua ricerca diviene costante. Ad esempio, spesso ama trasfigurare i temi sacri trattati con forte personalità senza esagerazioni, con giochi luminosi, prospettive sinergiche, fatti umani e ultraterreni che intellettualmente si mescolano alla ricerca del divenire dell’esistenza (si vedano, ad esempio, le tele di Verolanuova e la pala della chiesa delle Grazie di Este).

L’artista chiude definitivamente il ciclo barocco, superando eccessivi decorativismi, mantenendo la costante empirica della sperimentazione tipica del Seicento con leggerezza visiva derivata da profondo studio e personale fantasia. Muore in Spagna nel 1770 (si era recato nel 1762 su invito di Carlo III per decorare la sua reggia) in un momento di calo di notorietà, subendo l’ingrato declino delle mode che si susseguono. A Madrid aveva decorato la sala del Trono, alcune coinvolgenti allegorie che illuminano l’anticamera, glorificando la monarchia spagnola ed altro ancora. La sua maturità artistica lasciava alle spalle fantasie decorative sperimentate anni prima, come la decorazione del Palazzo Würzburg del principe-vescovo di Franconia Carlo Felice. 

I figli Giandomenico e Lorenzo, che lo seguirono sempre, portarono avanti il suo insegnamento e la sua passione per l’arte, che venne poi rivalutata ed apprezzata a distanza, grazie ad impulsi classici e romantici da molti artisti come Canova ed Hayez.

In sintesi, Tiepolo lavora su elementi temporali e spaziali di tematiche ritenute, a quei tempi, troppo vicine alla tradizione. In realtà, l’amore per la pittura, la magnificenza degli spazi indefiniti e il contrasto con la scuola caravaggesca lo rendono deviante nella fenomenologia artistica dell’epoca. I suoi “respiri” ci riportano alla natura romantica e le sue “nuvole aperte” anticipano il superamento dei limiti spazio-temporali proprio della fine dell’Ottocento. Certo, sono presagi, intuizioni, tensioni di un animo che voleva rappresentare la realtà oltre alla pura visione, la narrazione oltre il puro racconto, l’indefinito oltre la certezza.

Chissà, forse ancora nessuno è riuscito ad andare, come lui, “al di là delle nuvole”….