Giovani, adulti no vax e democrazia

Adesso che i vaccini sono disponibili i giovani si vaccinano senza problemi, invece una parte del mondo “adulto” si rifiuta di farlo. È sconcertante. Sorprattutto è sconcertante vedere questi adulti sfilare per le strade in nome della libertà, dando fiato alle fake news diffuse dai ciarlatani in rete. In realtà non c’è nessuna dittatura sanitaria.

 

Lorenzo Dellai

 

Tra le tante notizie angoscianti di questo nostro strano tempo, la spinta crescente e massiccia al vaccino anti Covid da parte delle ragazze e dei ragazzi più giovani è una boccata d’ossigeno, una scintilla di fiducia e di speranza nel futuro.

 

Riflettiamo un momento su un dato: le maggiori resistenze alla vaccinazione sono nella fascia di età dei cinquanta/sessantenni.

 

La generazione cioè che più di tutte le altre nella storia del nostro Paese ha conosciuto i benefici della democrazia, del progresso scientifico e della crescita economica e sociale. La stesa generazione, peraltro, che ha visto il proprio benessere e la propria sicurezza consolidarsi (oltre che sul proprio impegno) anche (in gran parte) grazie al gigantesco debito pubblico che oggi grava sulle spalle degli attuali giovani e di quelli che verranno. Non contenti di ciò, molti (troppi) cinquanta/sessantenni, quasi sempre “garantiti”nella loro condizione sociale – rifiutando di vaccinarsi – gettano sulle spalle dei loro figli e nipoti un ulteriore fardello: quello di una uscita più lenta, incerta e perigliosa dall’emergenza Covid e dalla sue conseguenze sanitarie, psicologiche ed economiche.

 

Abbiamo imposto ai giovani, dall’inizio della Pandemia, regole e stili di vita estremamente disagevoli (lockdown più o meno radicali, distanziamenti, chiusura di scuole e di luoghi di aggregazione) con la principale motivazione che – in assenza del vaccino – erano gli adulti e gli anziani i più a rischio di contagio e loro, i giovani, astenendosi dai propri comportamenti abituali, avevano la responsabilità di ridurre questo rischio.

 

Adesso che i vaccini sono disponibili, mentre i giovani si vaccinano sempre di più senza problemi e con convinzione, una parte non secondaria del mondo “adulto” si rifiuta di farlo. Ed ha anche la spudorata faccia tosta di sfilare per le vie delle nostre città invocando libertà (cioè arbitrio egoista), ripetendo come un mantra le fake news diffuse dai ciarlatani in rete e cianciando di dittature sanitarie e corbellerie varie.

 

Come possiamo definire questo atteggiamento se non come un cinico e diseducativo tradimento nei confronti delle nuove generazioni (che non a caso, per grazia di Dio, in questi patetici raduni non si vedono)?

 

  1. Leggo che si sta organizzando una raccolta di firme per proporre un Referendum abrogativo della norma sul Green Pass. Non credo che tale insana proposta troverebbe il consenso della maggioranza degli italiani. Tuttavia essa (assieme alle notizie sul boom di sottoscrizioni digitali per il referendum sulla liberalizzazione della cannabis) mi induce a interrogarmi ancor più sulla fondatezza del disegno (termine ironico) di democrazia che è venuto avanti confusamente e disorganicamente in questi anni. Sembra emergere una prospettiva paradossale.

La crisi di rappresentanza degli strumenti della democrazia rappresentativa pare venir colmata non già dalla ricostruzione di meccanismi nuovi, solidi e più efficaci per dare voce al popolo (penso in primis alle forme di partecipazione che la Costituzione definisce “partiti” e alle leggi elettorali) ma dalla rincorsa del sistema verso le pulsioni più radicali della “individualizzazione” e della “disintermediazione” della domanda politica.

Corriamo così il rischio che ad una larga maggioranza del popolo sempre più estranea ai meccanismi della rappresentanza si sostituisca una “minoranza” organizzata (sopratutto attraverso i social) e di volta in volta galvanizzata dalle suggestioni prodotte dai nuovi sciamani dei “diritti individuali” di turno.

Se allo sforzo straordinario dei “due Presidenti” Mattarella e Draghi non si aggiunge una iniziativa politica e culturale per la rigenerazione della “democrazia” e dei suoi strumenti fondamentali, non possiamo sperare che il Paese ritrovi il suo sentiero di coesione e neppure, a ben vedere, quello della crescita.