In un circostanziato articolo del 6 aprile u.s. a firma Biagio Simonetta, il Sole24 ore ricostruisce la cronaca degli 11 giorni più importanti nella storia della pandemia Covid-19 che sta impestando il pianeta: quelli iniziali, l’incipit da cui ha avuto origine il contagio che ha provocato la più grande catastrofe umanitaria dopo la seconda guerra mondiale. Emerge dal resoconto che la prima vittima ufficiale del coronavirus muore il 9 gennaio. Nei giorni precedenti aveva frequentato il mercato alimentare di Wuhan: il suo decesso viene reso noto dalla Commissione Sanitaria Municipale. Le autorità sono a conoscenza dell’origine animale del virus: cinque giorni dopo la morte del 61enne cittadino di Wuhan anche la moglie (che al mercato non era andata) si ammala. E’ il segnale che il virus si sta diffondendo da uomo a uomo. Sono i giorni cruciali nella storia di questa polmonite diventata tempesta sanitaria ma la Cina sceglie inizialmente la via fatale del negazionismo. Il 14 gennaio OMS rende noto che ”i cinesi non hanno trovato prove chiare della trasmissione per via umana del nuovo coronavirus isolato a Wuhan”: solo 11 giorni dopo la morte del primo contagiato l’epidemiologo cinese Zhong Nanshan ammetteva alla TV che il contagio stava diffondendosi da uomo a uomo. 48 ore dopo il Presidente Xi Jinping blindava la città e segregava in casa i suoi abitanti. In quei giorni di colpevole silenzio ci sta anche la denuncia del medico cinese Li Wenliang poi deceduto,  che aveva lanciato l’allarme in ospedale ed era stato smentito e diffamato per aver diffuso “voci false”: ora è un eroe nazionale riabilitato. Nel frattempo il sindaco di Wuhan – Zhou Xianwang- dopo aver organizzato il 18 gennaio il XXI banchetto del Capodanno cinese comunicava qualche giorno dopo che 5 milioni di abitanti avevano lasciato la città, diretti altrove in Cina e nel resto del mondo.

E’ l’inizio della fine: secondo quanto riferito nel suo articolo il Sole 24 ore rende noto che uno studio dell’Università di Southampton “ha stimato che se la Cina avesse  agìto con tre settimane di anticipo rispetto… alla data del 23 gennaio, il numero di casi complessivi di Covid-19 si sarebbe potuto ridurre del 95%. Ma anche una sola settimana avrebbe ridotto il contagio globale del 66%”.

Recentemente, sempre nel Regno Unito, il Centro Studi “Henry Jackson Society ha stilato un rapporto intitolato: “Risarcimento da Coronavirus? Stabilire la potenziale colpevolezza della Cina e le vie di una azione legale”. Si stima che i soli Stati del G7 potrebbero intentare una causa del valore di oltre 4000 miliardi di dollari. Qualcuno ha trovato similitudini con il processo di Norimberga: resta il fatto che prima o poi la Cina si troverà costretta a difendersi davanti ad una Corte internazionale dalle accuse di aver favorito la diffusione del contagio a livello pandemico, non avendo adottato nell’immediatezza del riscontro dei primi casi, misure di contenimento adeguate. Eppure l’esperienza della Sars avrebbe dovuto insegnare maggiore tempestività e chiarezza. Invece il Covid-19 sta provocando morti e contagi in tutto il mondo causando uno sconquasso economico mondiale senza precedenti, con conseguenze devastanti imprevedibili.

L’articolo del Sole 24 ore citato, nella sua ricostruzione analitica dei fatti e nella chiarezza delle deduzioni, andrebbe sottoposto all’attenzione del Parlamento, del Governo e del Presidente del Consiglio.

Con tre domande a titolo di accompagnamento.

Prima domanda. Il 28 aprile 2019 venne siglato un accordo tra Cina e Italia che prevedeva alcune  “Aree di collaborazione”  (cito testualmente) : “il rafforzamento della prevenzione e del controllo in frontiera delle principali malattie infettive, il rafforzamento delle misure quarantenarie e dell’ispezione dei mezzi di trasporto internazionali, in entrata e in uscita dai territori italiano e cinese, il miglioramento dell’efficacia delle misure di disinfezione, disinsettazione e derattizzazione, la prevenzione della trasmissione transfrontaliera di malattie infettive”.

Si chiede in che modo questo accordo sia stato rispettato, quali misure di prevenzione sia state adottate, quali concrete azioni sia state poste in essere per evitare la diffusione del contagio dopo che il virus era stato isolato nei laboratori cinesi, se ci siano state informazioni provenienti dalla Cina e dall’OMS . 

Seconda domanda. Qualora – come è nei fatti- questo accordo non sia stato rispettato, quali azioni risarcitorie intende adottare l’Italia nei confronti della Cina, per violazione del citato protocollo d’intesa e per le conseguenze patite.

Terza domanda. Il 23 marzo 2019 l’Italia aveva sottoscritto un Memorandum con la Cina che al punto 27 prevedeva che i bacini portuali di Genova e Trieste sarebbero diventati “i terminali europei della via della seta”, cioè degli scambi commerciali tra i due Paesi. Alla luce di quanto accaduto, della pandemia di origine cinese, della manifesta ostilità a tale accordo da parte degli altri Paesi dell’U.E. sarebbe opportuno sapere se il Governo e il Parlamento Italiano intendano assumere  iniziative di revisione o rescissione del Memorandum o se le cose resteranno come nelle previsioni sottoscritte tra i due Paesi.

Le questioni poste non sembrano di poco conto e implicano assunzioni di responsabilità per il presente ed il futuro oltre ad una ufficiale spiegazione di quanto accaduto.

Troppe vittime, troppo dolore, troppe e gravi conseguenze economiche.

Se le domande sono sensate l’Italia attende chiarezza, verità e giustizia.