Il dibattito sui cattolici in Italia, come da copione da ormai qualche anno, si accende quando si parla e si affrontano temi importanti ma comunque sempre laterali rispetto alla politica, alla sua organizzazione e alle sue dinamiche. Per capirci, scoppia un grande dibattito sulla possibilità di ricominciare a celebrare messa nelle chiese dopo la terribile emergenza sanitaria che ci ha colpiti e che ci sta ancora colpendo. Grande curiosità sulle decine di tentativi, tutti falliti come ovvio, di ridar vita ad una sorta di Democrazia Cristiana bonsai. E una infinità di riflessioni sulle divisioni presenti nella cosiddetta galassia cattolica. Una divisione che arma la diffidenza, nei confronti del protagonismo politico dei cattolici, di tutti coloro che, invece, esaltano le virtù, postume, della classe dirigente democratico cristiana ma non riconoscono, oggi, le condizioni per dar vita ad una esperienza rinnovata e moderna del cattolicesimo politico italiano nella società contemporanea. 

Ora, il dibattito sul “dopo” pandemia sta inondando tutti gli organi di informazione, a livello di carta stampata e nelle televisioni. Se la competenza e l’autorevolezza saranno gli ingredienti decisivi e fondamentali per dare credibilità e peso alla politica, archiviando definitivamente l’improvvisazione, l’inesperienza e l’estemporaneità dei 5 stelle, ad esempio, è indubbio che i valori e la cultura non saranno elementi indifferenti o virtuali in vista della ripresa dopo il ritorno della normalità. I cattolici, seppur nella loro complessità e articolazione, saranno ancora una componente indispensabile non solo per il rinnovamento della società italiana ma anche, e soprattutto, per dare sostanza e credibilità alla politica del nostro paese. Certo, non deve ritornare il tema stantio e anche un po’ datato sull’ennesimo partitino cattolico che campeggia un giorno su qualche giornale e poi, puntualmente, si scioglie come neve al sole. La vera sfida, semmai, consiste nel coraggio di riproporre una cultura politica, un sistema di valori e una classe dirigente – che esiste, basta solo farla emergere – che sono ancora in grado di dare un contributo di qualità politica e programmatica e di risorsa etica alquanto decisivi per la stessa tenuta democratica e sociale del nostro sistema. 

Ecco perchè il tutto non si può ridurre ad un fatto clericale, seppur fatto in buona fede, o di caricatura organizzativistica o, peggio ancora, ad una disquisizione di fatto ornamentale che sfiora la politica ma non la incrocia mai. Se “dopo” tutti saremo uguali ai nastri di partenza, come pare di capire, compresi gli attuali attori politici, forse è giunto il momento di prendere atto che adesso possiamo giocarci la partita. Quella vera, però, e non alla playstation.