C’è una apparente contraddizione nel voto di domenica scorsa. Da un lato registriamo la  sconfitta, peraltro annunciata e attesa, del partito di Grillo in tutte le regioni italiane con  risultati a volte eclatanti. Il paragone con il voto delle politiche di due anni fa è addirittura  impietoso. Inutile perdere tempo. E perdono sia dove si alleano con il Pd, dall’Umbria  dell’anno scorso alla debacle della Liguria di quest’anno e sia quando corrono da soli, in  nome di una purezza che ormai è diventata una gigantesca comica. Il caso pugliese è  semplicemente emblematico. Per non parlare del Veneto o delle Marche.  

Ma, appena si gira l’angolo, non possiamo non registrare la vittoria referendaria. Certo, c’è  stato un 30% di italiani che semplicemente si è ribellato al diktat del populismo – impaurito  – dei parlamentari che ha votato Sì al 96% in Aula e che, soprattutto, si è distinto dalle  indicazioni di voto di tutti i partiti. Almeno nella sua versione ufficiale. Un 30% che adesso,  però, va interpretato e a cui va dato voce. All’interno e all’esterno dei partiti. Ma il dato  principale, purtroppo, è un altro. E cioè, dobbiamo prendere atto che la cultura grillina –  cultura si fa per dire – ha condizionato in profondità ancora una volta le radici politiche e  ideali del nostro paese. Il bombardamento mediatico contro la politica, contro i partiti,  contro le assemblee rappresentative, contro gli stessi politici esercitato in questi ultimi  quindici anni ha lasciato tracce profonde. E il risultato di questo referendum non è che  l’epilogo di questa deriva populista e demagogica. Insomma i 5 stelle crollano  elettoralmente e progressivamente in tutta Italia dopo essere diventati i rappresentanti per  eccellenza della casta, e al contempo il paese a larghissima maggioranza si riconosce in  una battaglia di chiaro stampo populista, demagogico, antiparlamentare e squisitamente  anti politico. Appunto, una contraddizione in sè. 

Ora, al di là di questa considerazione sufficientemente oggettiva, non si può restare inerti  o passivi di fronte ad un quadro in profonda evoluzione e in rapido cambiamento. Se non  altro per il motivo che alla vittoria populista del Sì non corrisponde affatto un incremento  elettorale e politico del suo principale interprete e custode politico, cioè il partito di 5 stelle.  

Ecco perchè è sempre più indispensabile attivare una iniziativa politica che partendo  proprio da quel 30% ottenuto al referendum sul taglio dei parlamentari sappia rideclinare e  rilanciare una politica riformista e democratica senza inseguire i diktat del populismo  nostrano e senza farsi continuare a farsi condizionare dalle sirene, ormai sempre più  scolorite, del populismo grillino e affini. Si tratta, ciò, di recuperare una politica che in  questi ultimi anni si è letteralmente volatilizzata pur di compiacere al verbo populista e  demagogico. E i risultati, purtroppo, li abbiamo visti e constatati. Una iniziativa, questa,  che spetta, quasi di diritto, proprio a quei partiti che affondano le loro radici nel miglior  riformismo democratico e costituzionale del nostro paese. A cominciare anche e  soprattutto dal Partito democratico sul versante del centro sinistra. Ma una iniziativa che  può essere assunta, sul versante del centro sinistra, da uomini concreti e pragmatici come  Zaia che nulla cedono al populismo e che si contraddistinguono per la cultura del buon  governo e per la profonda e genuina fedeltà alla grammatica costituzionale.  

Forse, anche dopo questa ultima ondata populista e demagogica, può partire una nuova  stagione politica. Purchè si smetta di inseguire il populismo e far proprie ragioni e metodi  estranei ed esterni alle culture fondanti la nostra seppur giovane e sempre gracile  democrazia. È giunto anche il momento, di conseguenza, di far ripartire la politica con la  sua dovuta e necessaria professionalità. Solo così potremo di nuovo ambire ad avere una  classe dirigente rappresentativa, preparata e competente e non legata solo e soltanto alla  estemporaneità, alla casualità e alla radicale improvvisazione.