I Liberi e forti di Roma

Il cambiamento di cui oggi avvertiamo l’esigenza sarà possibile soltanto se i “liberi e forti” che popolano la società italiana sentiranno ancora il desiderio di stare insieme e la necessità di cooperare alla crescita di un progetto comune.

In questo periodo non sono pochi i tentativi di articolare una proposta politica coerente e capace di suscitare un impegno democratico, sostenibile, partecipato.
Abbiamo di fronte a noi una sfida che riguarda il declino o la rinascita dell’Italia. La “rivoluzione” del 4 marzo ha creato l’illusione di una “felicità” a buon mercato. Tutto si risolve con la forza dell’evocazione, del’illusione populista certamente ambigua, del facile rifiuto di ogni mediazione. Si respira aria di violenza: vale, cioè, la formula del “sovranismo psichico” (Rapporto Censis) come moto profondo della società. Ecco, dobbiamo reagire.  

Per questo siamo tutti chiamati a misurarci con un contesto di ripiegamento identitario a diversi livelli. Anzitutto, nei confronti dell’altro e del “diverso”, del futuro, così come dell’Europa e del resto del mondo. Anziché cercare mediazioni e progetti condivisi, la politica tende a esasperare le contrapposizioni, alimentando la lotta dei penultimi contro gli ultimi. Oggi il semplice dissenso non basta più. Occorrono soggetti “liberi e forti” che elaborino proposte concrete per qualcosa che possa essere chiaramente alternativo rispetto all’esistente e capace di coagulare il consenso della “maggioranza silenziosa” della società civile. Del resto anche l’Appello ai Liberti e Forti di don Luigi Sturzo si presentava come alternativo rispetto alle proposte politiche in auge ai suoi tempi.

Occorre, dunque, far emergere proposte nuove e a questo si concorre tutti insieme.

Non ignoriamo affatto le difficoltà esistenti. Al tempo stesso, come Circolo dei Liberi e Forti di Roma, sentiamo il bisogno di far parte di un processo che possa contribuire ad armonizzare queste realtà.

Avvertiamo l’esigenza, diffusa all’interno della società civile, di una presenza territoriale viva e organizzata sulla base di una novità sostanziale.

I “liberi e forti” devono aprire spazi affinché i gruppi possano crescere grazie a una progressiva assunzione di responsabilità nella costruzione del “bene comune”, seguendo l’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa con un’attenzione particolare a chi è socialmente ai margini. È proprio la capacità di promuovere la partecipazione dei più deboli che legittima uno Stato democratico. Per questo è fondamentale che un’Europa che si pone alla ricerca di una identità “popolare”, sappia mettere al centro delle sue politiche il “pilastro sociale”.

Il cambiamento di cui oggi avvertiamo l’esigenza sarà possibile soltanto se i “liberi e forti” che popolano la società italiana sentiranno ancora il desiderio di stare insieme e la necessità di cooperare alla crescita di un progetto comune.

Le elezioni Europee del 26 maggio ci porranno una domanda sempre più cruciale: quale Europa vogliamo? E quale Italia al suo interno? A queste domande speriamo, con il contributo di molti, di poter rispondere nei prossimi mesi.

 

Per coloro che volessero approfondire:

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