I PRIMI SESSANTA GIORNI DA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI GIORGIA MELONI: IL DESTRA-CENTRO ALLA PROVA DEI FATTI.

Nei primi due mesi i temi centrali del Paese sembrano essere stati procrastinati all’anno nuovo con le manovre di aggiustamento del bilancio che da marzo saranno necessarie. La luna di miele per il governo rischia di essere più breve di quanto concesso di solito.

In attesa che arrivino i primi 100 giorni del Governo Meloni, le prospettive di andare avanti con una certa tranquillità in un Paese che non è tenero con i suoi governanti e li ha abituati a stare poco tempo a Palazzo Chigi, Meloni Presidente del Consiglio si porta a casa un risultato certo. La sua maggioranza tiene anche senza abusare dello strumento del voto di fiducia in Parlamento.

Rispetto alle promesse elettorali di una decisa virata per un futuro migliore per il Paese, molte misure sono un prosieguo di quanto impostato nel precedente governo e alcune sono proprio tipiche di un governo a guida destra a cui, non mi stancherò di evidenziarlo, non eravamo più abituati. Le misure significanti sono la liberalizzazione del limite per l’utilizzo del contante, la riduzione della pressione fiscale, la riduzione della tassazione d’impresa e delle attività finanziarie, e il contenzioso fiscale. Seguono la riduzione delle opportunità per l’applicazione del reddito di cittadinanza e l’aumento delle pensioni minime. Il bacino elettorale dove è andato a pescare voti il centro destra è fatto da imprese, piccole e medie, artigiani, pensionati e lavoratori autonomi. Ne sono fuori le politiche industriali e i lavoratori/salariati rappresentati dai sindacati, così come la larga fetta dei dipendenti pubblici. Agli elettori di centro destra (ma sarebbe più corretto dire di destra-centro) la legge di bilancio ha dato quanto promesso in quello slogan sintetico che diceva tutto: “Pronti!”. Pronti a governare il Paese e a pensare prima alla difesa degli interessi interni e poi al resto. Resta fuori il lavoro e la disoccupazione, il problema dei giovani che non hanno speranze per il loro futuro, le donne che si faranno ancora carico del welfare familiare, le politiche di aiuto alle famiglie, il terzo settore, il contrasto alla povertà; il sistema welfare, nel suo complesso, che ancora una volta è lasciato alla sopportazione, allo spirito di sacrificio e alla solidarietà degli italiani.

Nei primi sessanta giorni di Governo i temi centrali del Paese sembrano essere stati procrastinati all’anno nuovo con le manovre di aggiustamento del bilancio che da marzo saranno necessarie perché l’inflazione e la crisi energetica si stanno mangiando letteralmente i risparmi degli italiani e i loro stipendi. Questa luna di miele con il Paese rischia di essere più breve di quanto concesso di solito, per il Presidente Meloni. Che dovrà necessariamente riprendere le tematiche della destra sociale (lavoro a tutti e famiglia al centro) per cercare di coniugarle con una realtà che non farà sconti. Perché cinque milioni di italiani in povertà non fanno dormire nessun capo di Governo, un aumento della disoccupazione e una crescita della richiesta di misure di sussidio temporaneo (che diventa permanente nel nostro mercato del lavoro) da parte delle imprese e dei lavoratori, la popolazione in età lavorativa che si riduce progressivamente (oggi ogni otto anziani un giovane), sono ipotesi concrete che rischiano di far saltare il banco, senza una visione strategica condivisa.

Allora converrà ragionare piuttosto che su un quinquennio, su un tempo più breve, nel quale tuttavia le misure concrete per tenere insieme il Paese possano essere prese con rapidità e d’intesa con l’opposizione. Non perché l’intesa sia necessaria, anzi se ne può fare a meno per come sono fatti i rapporti di potere in questo Parlamento, ma perché buona parte di quello che manca sono politiche definite “di sinistra” e che, qui la sinistra o il centro-sinistra ha la sua piena colpa, non sono state prese per tempo. Una sottovalutazione degli effetti a medio termine della contrazione/rigidità del mercato del lavoro nel nostro Paese che sta mostrando tutta la sua importanza adesso che la crisi energetica è evidente e che il mondo produttivo si è fermato a causa della pandemia.

E allora, mentre i giorni scorrono e si dice pubblicamente “meglio di così non potevamo fare”, un ragionamento fermo sul futuro del Paese che sta guidando dovrebbe sovvenire al Presidente Meloni, pescando soprattutto da quella lunga stagione da parlamentare all’opposizione, che l’ha vista esaminare, emendare e contestare ben dodici leggi di bilancio presentate dal centro-sinistra. Di sicuro, rivedendo qualche critica di allora si potrà meglio vedere i difetti della legge di bilancio di oggi. In attesa di marzo.