I quattro limiti dei cattolici italiani

Nel centenario della nascita di Achille Ardigò (San Daniele del Friuli, 1° marzo 1921), tra le figure più brillanti del cattolicesimo intellettuale e politico del secondo Novecento, ripubblichiamo l’intervento che a meno di un anno dalla vittoria di Berlusconi - dunque nella fase di massima incertezza dei Popolari - apparve sul numero di gennaio 1995 della rivista “Il Margine”.

Nel centenario della nascita di Achille Ardigò (San Daniele del Friuli, 1° marzo 1921), tra le figure più brillanti del cattolicesimo intellettuale e politico del secondo Novecento, ripubblichiamo l’intervento che a meno di un anno dalla vittoria di Berlusconi – dunque nella fase di massima incertezza dei Popolari – apparve sul numero di gennaio 1995 della rivista “Il Margine”. L’analisi di Ardigò, densa di contenuti e suggestioni, fornisce ancora oggi motivi di approfondimento.

 

Io non chiedo alcuna auto-flagellazione ma affermo che non ci sarà speranza di uscire fuori dalla notte o dall’oscuro crepuscolo odierno se i cattolici più aperti avranno paura di fare un profondo esame di coscienza dei limiti culturali e delle insufficienze dimostrate nelle nostre prassi politiche recenti. Esame di coscienza che non esclude i meriti.

Quali limiti, quali insufficienze, da mettere a nudo per le opportune correzioni?

 

A mio avviso ve ne sono quattro:

 

  1. il riduzionismo dell’ingegneria costituzionale ed elettorale; la politica che si riduce alle riforme elettorali ed istituzionali. Credo che sia giunto il momento di fare un esame di coscienza delle troppe illusioni coltivate di ridurre la politica, di poter risolvere i maggiori problemi politici, soprattutto col riformismo dei referendum e delle riforme istituzionali;
  2. b) il moralismo come strumento di azione politica di prevalente denuncia. E’ un limite che può essere visto come l’altra faccia della meritoria politica contro Tangentopoli ma è limite in quanto non avverte le radici profonde, teologiche, del caos etico, del male, che hanno dimensioni non solo esterne, organizzatorie, ma interne a ciascuno;
  3. c) il politichese che scarta ogni attenzione diretta della politica agli interessi elementari della gente, specie di quella meno favorita, ma anche del ceto medio in declino economico, per ridurre tutta la politica al tema delle alleanze e della cucina parlamentare. La furbizia di Berlusconi con i suoi quasi quotidiani sondaggi di opinione è consistita ed è in ciò: nel contrapporre ai discorsi politici da addetti ai lavori la politica del superkaraoke. Dobbiamo collegare al crescente divario tra politichese e superkaraoke il fatto doloroso che moltitudini di giovani sono stati conquistati da Forza Italia, agli scenari del successo consumistico e mass mediale, non privo di razzismo, con il conseguente allontanamento della democrazia partecipata e dalle stesse battaglie ecologiche. Bisogna ripartire nella politica, dalla società civile che è anche la società degli interessi elementari diffusi (fiscalità, lavoro, istruzione e ricerca, pensioni, sanità, solidarietà, casa, famiglia, anche pensando che una politica per la famiglia e per la vita non può essere dissociata da un femminismo cattolico che oggi non ha chi lo coltivi);
  4. d) il limite dell’accontentarsi della testimonianza elitaria, della rassegnazione ad essere “eterni perdenti”, perchè non disponibili al rischio e alla sofferenza della seria imprenditorialità politica con personale ispirazione di fede, nel reale mondo degli interessi e dei valori. Gli amici relatori della bella tavola rotonda su “cristianesimo e democrazia” ci hanno messo in guardia, giovedì pomeriggio, specie rivisitando Bonhoeffer, nei confronti del vizio morale delle anime belle; e ciò fino al punto, per me arduo, di rivalutare il tema bonhoefferiano del “valore etico del successo”.

 

Chiudo con la speranza che il forum che ora inizia sia davvero l’inizio del necessario esame di coscienza per poi gettarsi verso un rinnovato impegno politico e sociale, lavorando in vista dell’alba.