Il caleidoscopio dell’accoglienza

 

Il grande problema di questo secolo sarà costituito per noi dall’incognita dell’Africa: i dati forniti sulla popolazione nigeriana a metà secolo ne faranno la terza etnia mondiale e si prevede che un 25% circa di essa sarà stanziale in Europa. Si nota l’assenza, a riguardo, di una lungimirante visione politica. Certamente il tema dell’accoglienza è multicorde, evocando per altro sentimenti umanitari. Dobbiamo avere la consapevolezza che ci sono eventi che sono più forti di qualunque ‘cogitante ragionamento’.

Ho imparato che la realtà va letta attraverso l’analisi oggettiva dei dati, piuttosto che sull’onda di valutazioni emotive. Così è stato per un approfondimento del tema “Italia, paese delle culle vuote”, considerato dall’ISTAT sulla base di una Ricerca della Sapienza, ripassato alla luce delle osservazioni dei Rapporti CENSIS (sta per essere pubblicato il 55°), così intervistando il Presidente dell’ISTAT Prof. Giancarlo Blangiardo, docente di demografia alla Bicocca, ho avuto una rappresentazione sintetica di un quadro prospettico che ci attende negli anni a venire, in tema di migrazioni e accoglienze. 

Le valutazioni più recenti indicano in circa 7,6 miliardi il numero di esseri umani che oggi popolano il Pianeta e se ne contano poco più di 60 milioni in Italia. Guardando al passato vediamo come ci siano voluti numerosi millenni per arrivare al primo miliardo di cittadini del mondo, mentre è stato sufficiente un solo secolo per sfondare il muro dei 5 miliardi e già pochi decenni dopo si viaggia velocemente verso il confine dei dieci. Ma ciò che è rilevante non è solo la crescita della popolazione mondiale bensì, e soprattutto, la divaricazione tra i paesi economicamente più sviluppati – il loro attuale miliardo di abitanti resterà tale anche in futuro- e quelli etichettati come “in via di sviluppo”, cui sarà interamente ascrivibile la crescita demografica mondiale”… La demografia di paesi emergenti come Cina e India è segnata da dinamiche espansive partite anni fa, ma destinate ad esaurire gli effetti di crescita, specie per la Cina. Quest’ultima dovrebbe fermarsi attorno a 1,4 miliardi già dai prossimi anni, mentre l’India, eseguito il sorpasso entro il prossimo decennio, dovrebbe assestarsi attorno a 1,6 miliardi attorno alla metà del secolo. Quanto alla Nigeria, gli attuali 200 milioni di abitanti saliranno a 300 milioni tra meno di vent’anni e a 400 milioni alla metà del secolo. D’altra parte negli scenari mondiali la vera incognita resta l’Africa, in particolare quella sub sahariana, dove i segnali di rallentamento della fecondità e della crescita sono ancora modesti. È evidente che tutto ciò impone una revisione di alcuni equilibri sul piano della produzione, del consumo e della distribuzione delle risorse e delle persone nel panorama mondiale”. Da queste valutazioni si evince che il grande problema di questo secolo (e di quelli a venire) sarà costituito per noi dall’incognita dell’Africa: i dati forniti sulla popolazione nigeriana a metà secolo ne faranno la terza etnia mondiale e si prevede che un 25% circa di essa sarà stanziale in Europa. Pensando agli sbarchi attuali provenienti dal Nord Africa si intuisce un effetto moltiplicatore dagli esiti demografici (ma anche culturali, sociali, economici, di integrazione e inclusione) imprevedibili.

La lettura dei Rapporto ONU 2020 aveva destato molte preoccupazioni: secondo l’Organizzazione delle nazioni unite siamo alla soglia della sesta estinzione della vita sul pianeta, la prima per mano dell’ uomo. Questo spiega la stretta interconnessione che lega la crescita demografica all’esplosione della pandemia. “La crescita della specie umana ha raggiunto dimensioni innaturali: cresce di 70 milioni di persone all’anno e ha raggiunto i 7 miliardi e mezzo di abitanti. Secondo gli studi del biologo Edward O. Wilson una volta superati i 6 miliardi di abitanti la presenza dell’uomo diventa incompatibile con l’ambiente: essa si può rallentare per eventi patogeni o – per lo stesso motivo- può arrestarsi all’improvviso. E’ come se la natura mettese un limite all’espansione degli esseri umani sulla terra, una sorta di crollo per incompatibilità: è questa la ragione principale dello scatenarsi delle pandemie, che diventano fenomeni aberranti di autoregolazione di una soglia di tollerabilità sistemica. Ecco dunque che i concetti di estinzione della biodiversità per mano dell’uomo e di sostenibilità antropocentrica nel contesto planetario diventano interrelati e complementari. Le pandemie sono dovute a mutazioni genetiche di tipo selettivo, a reazioni della natura che usa i virus RNA come arma micidiale di selezione naturale”.  

Il Rapporto ONU 2021 e la recente conferenza di Glasgow del COP26 hanno rimarcato con toni ultimativi una situazione planetaria improcrastinabile rispetto a soluzioni da assumere in tema di riconversione ecologica, fonti energetiche, innalzamento delle temperature e del livello dei mari. Tutto questo accade – spiega il Direttore di Limes Lucio Caracciolo – mentre geopolitica e geoeconomia stanno mutando pelle. Dopo il fallimento della globalizzazione ci sono due fenomeni rilevanti sui scala mondiale: l’espansione della Cina che contende agli USA il primato di prima potenza economica generando un conflitto tra le due superpotenze (dopo l’incontro di Anchorage in Alaska del marzo scorso sta emergendo in tutta la sua potenziale esplosività la questione di Taiwan, primo produttore mondiale di semiconduttori, batterie elettriche e microchips come si evince dal libro Fermare Pechino di Federico Rampini) e il declino per frazionamento del mondo occidentale (vedasi NATO, ONU e organismi internazionali). Tutto questo sposterà l’asse strategico sul Pacifico ma l’Europa e l’Italia non saranno indenni da questa politica espansiva proveniente dall’Est del pianeta. Sul piano della macro-analisi l’Europa diventerà terra di conquista o comunque di derive demografiche (Africa) ed economiche (Cina) che incideranno sugli assetti attuali, rivelando la debolezza intrinseca del suo frazionamento politico: interrogarsi più spesso e con cognizione sul futuro della U.E. diventerà un dovere imprescindibile.

Rimarcherei l’assenza di una lungimirante visione politica da parte dell’Italia e dell’Europa sugli scenari futuri, che andranno configurandosi per “eterodirezione” dei flussi migratori e commerciali, piuttosto che per avvedute politiche di programmazione e gestione a livello dei singoli Stati e dell’U.E. Certamente il tema dell’accoglienza è multicorde, evocando per altro sentimenti umanitari. Come non ricordare la figura di Gino Strada e la sua visione inclusiva del mondo, quindi la considerazione dei flussi migratori non solo per numeri ma per principi legati alla dignità del singolo, della persona umana: e come è possibile dimenticare, per giunta, le Encicliche di Papa Francesco “Fratelli tutti” e “Laudato sì”? Dobbiamo avere la consapevolezza che ci sono eventi che sono più forti di qualunque ‘cogitante ragionamento’.

Così ancora il Prof. Blangiardo “Sono pienamente convinto che il confronto e l’interscambio con gli altri è sempre arricchente, ma devo aggiungere che per poterlo valorizzare occorrono condizioni di fiducia reciproca. Penso che i flussi migratori siano un contributo per la società ospite e un vantaggio per i migranti solo se si realizzano forme di convivenza rispettose di regole e valori. Perché ciò accada è importante che vi sia chiarezza sulle norme e che siano altresì condivisi i principi che definiscono diritti e doveri del vivere sociale. Il percorso di integrazione deve essere reso possibile a tutti gli immigrati, ma questo naturalmente richiede un dispendio di risorse che difficilmente sono compatibili con flussi di entità particolarmente rilevante. I numeri, ancora una volta, hanno una grande importanza”… Mi limito a ricordare che già oggi molti bambini con cittadinanza straniera diventano, in base alle leggi attualmente in vigore, cittadini italiani. Siamo tra i primi 5 paesi dell’Unione europea per la più alta percentuale bambini con meno di 15 anni tra coloro che acquisiscono la cittadinanza italiana. Questo è sotto gli occhi di tutti attraverso i dati Eurostat del triennio 2015-2017, gli ultimi disponibili. Aggiungo che gli stessi dati sottolineano come l’Italia sia stato nel triennio, tra i 28 paesi dell’UE, quello con il maggior numero di acquisizioni di cittadinanza, sia in generale che rispetto ai i soggetti con meno di 15 anni”.

Il tema dell’accoglienza è una sorta di caleidoscopio che presenta molte facce di lettura: sul piano culturale è una conquista di civiltà e ciò vale non solo per i flussi dei migranti ma anche nella vita quotidiana. Accogliere vuol dire qualcosa di più di “accettare”, penso ad esempio al problema degli anziani che finiscono emarginati o soccombenti in una società dove l’uso spregiudicato delle tecnologie e la digitalizzazione pervasiva sono strumenti selettivi e marginalizzanti: la stessa comunicazione difetta di informazione (sono due livelli diversi dell’interloquire). Ne sto parlando con Mons. Vincenzo Paglia – Presidente della Pontifica Accademia per la vita – e ricordo la lezione del Prof. Giulio Maira sul cervello, quella con il Prof. Arnaldo Benini sulla mente offuscata dall’ alzheimer. Eppure la saggezza degli anziani spesso non viene considerata in un mondo di arrivismo, dove prevalgono il bello, il forte e l’efficiente, dove – come mi aveva detto il filosofo Galimberti “vince il pensiero calcolante”. “Come posso applicare il principio evangelico ama il prossimo tuo come te stesso se il mio prossimo non esiste più?”.

Ci manca il senso di ‘prossimità’: questa società malata di indifferenza, sospetto ed egoismo diventa selettiva, avvinghiata in angosce esistenziali, poco attenta alla presenza degli altri. Noi stessi siamo “gli altri degli altri”. Come ricorda Luigi Zoja “Abbiamo perso la dimensione e la percezione del nostro prossimo”… : nel mondo attuale dopo la morte di Dio, la morte del prossimo è la scomparsa della seconda relazione fondamentale dell’uomo. L’uomo cade in una fondamentale solitudine. È un orfano senza precedenti nella storia. Lo è in senso verticale – è morto il suo Genitore Celeste – ma anche in senso orizzontale: è morto chi gli stava vicino. È orfano dovunque volti lo sguardo”. “Da quando il mondo si è fatto laico…Il prossimo si è trasformato in lontano, uscendo dallo spazio”. 

Forse ci si apre ad accogliere se prima ci si misura con se stessi. Per questo mi piace concludere con le parole di Pupi Avati: “Per rendersi reciprocamente attendibili io debbo esordire con lei confessando una mia debolezza, se esprimo fin da subito quello che è un mio limite lei si fida di me e mi ascolta con maggiore attenzione. Invece oggi succede che nell’interlocuzione, l’esordio, l’approccio è caratterizzato da toni di aggressività, diffidenza, tracotanza: subentrano sovrastrutture strategiche dietro le quali ognuno di noi si cela, si nasconde, si protegge per non rendersi visibile e intercettabile dagli altri e non si arriva mai ad un rapporto sincero e profondo, costruttivo e proficuo per entrambi”.