Una missione storica per il centro

La politica è sempre una continua, precaria navigazione a vista, mossa per lo più dallo stato di necessità e dagli eventi imprevisti

La politica è sempre una continua, precaria navigazione a vista, mossa per lo più dallo stato di necessità e dagli eventi imprevisti, nella quale si intersecano e aggrovigliano le ragioni di ordine contingente, la tattica, la strategia, le condizioni date, poste dalla geopolitica e la speranza e gli ideali legati a un progetto di lungo respiro.

Per questo conviene partire dalla contingenza politica per chiederci quale ruolo possa esercitare il centro politico nell’attuale fase storica. E la contingenza, come ci ricorda Giorgio Merlo, ci pone di fronte al fallimento del progetto del Partito Democratico come partito plurale e a vocazione maggioritaria, seguito, con l’avvento di Nicola Zingaretti alla segreteria, nella trasformazione del Pd in un partito “di sinistra”.

Rispetto a ciò si impone la creazione di un soggetto politico “di centro” nella cui definizione però non si possono eludere nodi cruciali come quelli indicati da Guido Bodrato nella recente intervista al Domani d’Italia.
In particolare Bodrato richiama l’attenzione alla solidità del progetto politico da cui dipende la credibilità del centro, la sua strategia di avanzamento sociale e democratico, e dunque la chiusura al moderatismo e alla destra. Tutto ciò nella consapevolezza che la situazione è radicalmente cambiata rispetto al passato, al punto che, a mio avviso, la stessa definizione degasperiana del centro che guarda a sinistra, evidenziata nell’articolo di Lorenzo Dellai, merita di essere aggiornata.

Se è vero che in questo secolo la sinistra, non solo in Italia, si è trasformata, sulle questioni fondamentali, in una variante libertaria del neoliberismo, metamorfosi che ha pagato con la perdita del consenso tra i ceti lavoratori e popolari, allora forse c’è bisogno più di un centro che guardi al popolo, senza per questo contaminarsi con la destra o con i movimenti populisti, anzi, al contrario, per sottrarre loro consensi che la sinistra storica non è in grado di intercettare, pur in presenza di una forte deideologizzazione dell’elettorato.

La definizione di una nuova strategia per il centro deve altresì confrontarsi con quella che Bodrato, nella suddetta intervista, ha definito la mortificazione della lezione degasperiana sull’integrazione economica e politica dell’Europa. Una visione, quella degasperiana e dei padri fondatori dell’Europa, subito mandata in frantumi dalla Germania non appena raggiunta la riunificazione, attraverso l’imposizione a tutti gli altri partners dei propri interessi economici e delle proprie mire geopolitiche.

A causa di ciò e di una saldatura d’interessi tra il neo-nazionalismo tedesco e le élites finanziarie globaliste, su cui sono stati strutturati i trattati istitutivi dell’Unione Europea, il livello di crisi raggiunto dalle istituzioni europee è tale che per una forza politica di centro si pone la scelta di fondo: stare dalla parte del popolo e dei principi fondamentali della democrazia oppure stare dalla parte delle politiche ordoliberiste e austeritarie imposte dalla Germania all’Unione Europea? Senza una risposta chiara a questa domanda ogni tentativo di recupero dell’elettorato popolare rischia di rivelarsi velleitario. Senza anteporre al rispetto dei parametri economici europei la necessità di politiche economiche espansive vitali per il Paese, a partire dalla prossima finanziaria 2020, difficilmente si potrà costruire un centro che guarda a sinistra, al massimo sarà un centro che, innaturalmente, guarda al primato della moneta sulla democrazia e che assiste, impotente, alle disastrose conseguenze economiche e sociali a cui conduce un tale primato.

Serve coraggio al centro. La disgregazione in corso si può ancora fermare, a condizione che attraverso un processo democratico si varino le inderogabili riforme, riconducendo l’economia e la finanza sotto il controllo della politica onde poter attuare politiche per il lavoro, lo sviluppo, la riduzione delle disuguaglianze. Traguardi a cui comunque si dovrà giungere, perché l’attuale sistema fondato sul turbocapitalismo finanziario è in decomposizione in tutto il mondo. Il centro – e la cultura politica cattolico, democratica e popolare al suo interno – è chiamato a svolgere una missione storica affinché tali cambiamenti siano decretati in modo democratico e non passando attraverso cruente guerre civili di cui già si manifestano i prodromi, e forse da una nuova guerra mondiale, di cui nel periodo attuale si possono scorgere i medesimi sintomi che hanno scatenato le precedenti: disuguaglianze inaudite, profonda stagnazione economica causata da politiche economiche sciagurate e ritorno dell’egemonia tedesca in Europa.