Lucio D’Ubaldo sul Tempo e Giorgio Merlo sul Domani d’Italia sono tornati in questi giorni sul tema del “centro” come spazio politico.

Il centro è per eccellenza il tema di una politica che si richiami al popolarismo sturziano e poi degasperiano.  In una delle conversazioni mattutine che ogni tanto ho la fortuna di avere  con Giuseppe Ignesti – conversazioni che raccomando come una cura ricostituente politica che a turno dovremmo fare un po’ tutti per intrecciare memoria e prospettive dell’oggi – Ignesti segnalava un passaggio della commemorazione di De Gasperi tenuta ad agosto scorso a Pieve Tesino da Marta Cartabia.

In un passaggio davvero interessante, Cartabia richiamava infatti uno scritto del 1925 di Romano Guardini intitolato “L’opposizione polare”. Sarebbe interessante riproporlo e farne motivo di comune riflessione, per costruire un pensiero nuovo:  il centro visto come misura, come luogo ideale dove gli opposti stanno insieme, come punto di raccordo, come modo di ricomposizione delle diverse polarità.

È utile riflettere su questa opinione di Guardini se noi abbiamo l’ambizione di rivendicare, sulla parola centro, una “riserva di primogenitura e di significato politico” del popolarismo rispetto alle altre culture politiche nella storia del paese. Altro è come riattualizzarlo, il centro, ma intanto ripercorriamone identità e significato.