Recenti sondaggi ci dicono che ritorna ad essere contendibile l’area politica e culturale di centro. Non un partito, l’ennesimo, di centro, ma l’area di centro. Certo, è sempre difficile delimitare e circoscrivere con esattezza – soprattutto nell’attuale fase politica – il centro. Mentre non è particolarmente complesso tratteggiare il profilo di una “politica di centro” o ridefinire i contorni di una ”cultura di centro”, è molto più difficile declinare cosa dovrebbe significare nell’attuale contesto politico ridare voce e gambe ad un partito di centro.

E questo non solo perchè da oltre 25 anni circa – cioè della fine della esperienza politica, culturale ed organizzativa della Democrazia Cristiana – tutti i tentativi finalizzati a ricreare una forza o politica che si ispirasse non solo alla cultura democratico cristiana ma anche, e soprattutto, al ruolo politico della Dc, sono miseramente e tristemente falliti. Forse perchè, come ama sempre dire Guido Bodrato, “La Dc è stato un fatto storico”. E come tale va compresa e riletta. Cioè un partito che deve collocato in quel particolare contesto storico nazionale ed internazionale e con quelle precise caratteristiche del sistema politico italiano.
Ma quello che oggi è in discussione non è, come ovvio, ripetere o riproporre in miniatura o in formato bonsai quella gloriosa e nobile esperienza politica. La questione vera è un’altra. Ovvero, come farsi anche carico di quella cultura, di quel magistero politico e di quella cultura di governo? Sotto questo profilo, e per fermarsi all’ex campo del centro sinistra, non si può non porre, e per l’ennesima volta, il tema del rapporto tra il Pd – questo Pd – e la categoria del centro.

O meglio, del rapporto con l’area elettorale del centro, per dirla con i sondaggisti. Sotto questo profilo, credo che la vera sfida sia rappresentata dalla capacità non di predicare ma di praticare, cosa ben più difficile e complessa, anche una politica di centro. Il tutto per essere titolati ad intercettare una fetta di elettorato che, al di là di tutte le false e maldestre modernità, comincia a non fidarsi più degli “opposti estremismi” da un lato e ad essere sempre più perplessa di fronte al perdurante populismo demagogico in salsa grillina o, seppure in minor misura, in salsa leghista dall’altro. La vera sfida è proprio questa, ma oggi forse è più impellente ed urgente. E questo anche di fronte al rapidissimo cambiamento del quadro politico italiano tra scomposizioni, ricomposizioni, minacce di scissioni e tentazioni di dar vita a nuovi soggetti politici.

Ma, al di là dei retroscenisti e dei vari gossip, quello che realisticamente si può prendere in considerazione è che il Pd, proprio il Pd, può essere un baluardo contro la deriva trasformista da un lato e i tentativi di appropriarsi di una cultura, di una politica e di un modo d’essere in politica che può essere riconducibile al centro dall’altro. E quindi il Pd nuovo partito di centro? Assolutamente no. Non avrebbe alcun senso. Ma, semmai, deve e potrebbe diventare realmente e autenticamente un partito di centro sinistra per schiodarsi da quel 18-22% che tutti i vari sondaggisti lo inchiodano.

Si può fare? Sì, si può fare. Basta volerlo, come sempre. È una semplice questione di volontà politica. Tocca a tutti gli esponenti di questa cultura, di questo patrimonio ideale e di questa pratica politica saper declinare concretamente, senza arroganza e supponenza, questa esigenza e questa domanda politica nel Pd. Appunto, basta volerlo.