Dunque, l’intervento di Renzi alla Leopolda di Firenze ha riaperto il dibattito politico e culturale attorno alla cosiddetta rappresentanza di un elettorato che non è di sinistra, che non è di destra e che non può essere banalmente essere catalogato di centro ma che, tuttavia, risponde a quell’identikit politico, culturale e programmatico. E questo anche al di là e al di fuori di chi ha pronunciato quel discorso e della sua attuale collocazione politica. Non a caso, proprio l’intervento di Renzi ha innescato un dibattito su chi, oggi, si candida a intercettare e a rappresentare un elettorato che molti analisi ritengono decisivo per la stessa vittoria elettorale finale. Un elettorato, mondi vitali, interessi sociali, pezzi di società che semplicemente stentano a riconoscersi nell’attuale offerta politica italiana e che chiedono, seppur non rumorosamente, una nuova rappresentanza politica. E’ a tutti evidente che tra i soggetti politici e culturali che più sono interessati a questa nuova offerta politica c’è l’area cattolico democratica e cattolico popolare che da ormai molti anni e’ politicamente orfana e stenta a ritrovare una casa accogliente, coerente e normale. 

Ora, dovrebbe essere chiaro a tutti che è perfettamente inutile continuare a blaterare – anche se i numerosi protagonisti sono tutti in buona fede e animati da grande passione – sulla possibilità/ necessità di dar vita ad una nuova Democrazia Cristiana. Valga per tutti, al riguardo, una bella espressione di uno dei leader più autorevoli di quel partito, Guido Bodrato, quando ancora recentemente sosteneva che la “Dc è come un vetro infrangibile. Quando è andato in frantumi si è dissolto in mille pezzi e non è più ricomponibile”. Una osservazione semplice ma sufficiente per tranquillizzare tutti coloro che maldestramente ritengono ancora possibile dar vita, oggi, ad un partito che, essendo un “fatto storico”, è ormai consegnato alla storia. Come dovrebbe essere ormai chiaro, dopo ripetuti ed insistenti tentativi, che è sterile continuare ad immaginare soggetti politici di ispirazione cristiana che puntualmente in tutte elezioni – locali, provinciali, regionali, nazionali ed europee – stentano ad arrivare alla fatidica soglia dello 0,5%. Tentativi fatti in buona fede ma politicamente sterili ed elettoralmente impotenti. Almeno sino ad ora, anche se ormai è una storia che si ripete puntualmente da circa 20 anni. Almeno dalla fine dell’esperienza del Partito popolare Italiano di Mino Martinazzoli e dall’inglorioso epilogo dell’Udc. 

Ecco perché, per restare nel campo del cosiddetto centro sinistra – anche se va rifondato dalla base, com’è ormai evidente a tutti – adesso è anche arrivato il momento per una scelta politica chiara e trasparente, almeno per chi non si accontenta della sola presenza testimoniale, tenendo conto della realtà in cui siamo concretamente inseriti. Sotto questo versante, il Pd e il partito di Renzi dovranno essere chiari e lungimiranti. Soprattutto dopo l’avvento del partito di Renzi, che punta deliberatamente ad intercettare un’area politica, sociale e culturale attigua a quella del Partito democratico. Ora delle due l’una. O il Partito democratico riconosce apertamente e non solo formalmente la presenza al suo interno di un’area politica e culturale cattolico popolare e democratica – e non solo nei comunicati e nei pronunciamenti ufficiali – oppure il destino di questo partito sarà quello di ridiventare semplicemente il vecchio e mai dimenticato partito della sinistra italiana. Una semplice riedizione del Pds o, nella migliore delle ipotesi, dei Ds. Stesso discorso riguarda anche – seppur su un piano diverso – la nuova esperienza del partito di Renzi. Un partito prevalentemente personale ma un partito che pone, comunque sia, forti e fondati interrogativi a chi pensa di riconoscersi in un soggetto politico che ha come obiettivo anche quello di saper intercettare un consenso di pezzi di società che incrociano una domanda riformista, democratica, post ideologica e socialmente avanzata. 

E quindi, dopo la riarticolazione della geografia politica italiana, questi due soggetti politici che lavorano, almeno così pare, per un rinnovato e rifondato centro sinistra, non potranno bypassare questa domanda e questa richiesta specifica. E questo non per rappresentare una semplice quota o per riempire una vecchia casella. Ma per il semplice motivo che dietro all’area cattolico popolare e cattolico democratica c’è un giacimento di valori, di interessi sociali, di riserve etiche e di elaborazioni programmatiche che richiedono una risposta altrettanto politica e non fumosi annunci propagandistici e puramente mediatici. Saranno solo le scelte politiche concrete e gli atteggiamenti conseguenti dei leader dei rispettivi partiti a dirci come sarà affrontata questa sfida e come saranno accolte queste domande per una nuova rappresentanza politica e culturale.