Nel recente articolo comparso su Avvenire il 19 agosto, Lucio D’Ubaldo ripropone la vexata quaestio del “che fare?” per chi si riconosce nella cultura politica di ispirazione cristiana. Problema di nuovo attuale dopo un’estate di inquieto letargo e stagnazione politica, oltre che economica e alle soglie di un intervento pubblico epocale da parte dell’Europa, tutto da gestire ed organizzare nei prossimi mesi. Mettendo a fuoco il problema, cioè la crisi della classe dirigente, della sua rappresentanza e della rappresentazione che se ne è fatta e che domina l’immaginario collettivo, si intuisce anche la direzione verso cui muoversi.

La difesa della democrazia non può che passare, presto o tardi che sia, attraverso la reinvenzione di un nuovo riformismo all’altezza delle nuove sfide europee, globali e locali. La traiettoria che la storia dell’Occidente traccia passando per la svolta decisiva della politica di De Gasperi, ci interpella, e perfino suggerisce la possibilità di una convergenza attorno a un ideale “partito di De Gasperi”. Di fronte alla crisi peggiore dal dopoguerra, c’è bisogno di una responsabilità commisurata a quelle pagine di storia. Come allora, ci è richiesta, come paese, una nuova consapevolezza collettiva.

E per questo, come allora, abbiamo urgente bisogno di un orizzonte, di una speranza condivisa che ci muova e unisca nelle differenze, al di là delle ottusità ideologiche (in Italia tragicamente sopravvissute alla morte delle ideologie, nelle narrazioni populista e sovranista). Animare questa speranza è il ruolo di una cultura politica cattolica per vocazione lungimirante, tesa alla concreta realizzazione, sempre in fieri, di giustizia sociale e libertà personale.

La nostra comunità politica troverà coesione solo costruendo una casa comune in vista dell’uragano in arrivo. La nostra missione, è mostrare la possibilità di una speranza condivisa.