Il “dopo” è ancora da scrivere. Come tutti sappiamo. Ma sul “dopo” i lineamenti si cominciano ad intravedere. Anche se necessariamente nebulosi. Almeno sul versante politico. Uno su tutti, però, è abbastanza chiaro. E cioè, le nuove categorie politiche avranno un’altra agenda e, come ovvio e quasi scontato, altre priorità. Probabilmente le parole d’ordine del passato, la dicotomia destra/ sinistra e lo stesso centro saranno destinati a subire profondi cambiamenti. Non nella gerarchia dei valori che ispirano storicamente quelle categorie culturali ma nella concreta azione e traduzione politica quotidiana. È inutile aggirare il tema. Questa drammatica emergenza sanitaria nazionale, ed internazionale, cambierà definitivamente ed irreversibilmente i nostri comportamenti e il nostro modo d’essere. Può la politica, cioè la scienza che governa i processi e i cambiamenti – e così deve rimanere, almeno a mio giudizio – esserne esente? O meglio, rimanere immune dopo questo tsunami? La risposta è persin troppo ovvia: no. Ma sarebbe un esercizio del tutto virtuale avanzare oggi un dibattito su questo tema, in un contesto nazionale – ed internazionale, appunto – ancora lastricato e segnato da una dura e persistente emergenza sanitaria. 

Ma un punto lo possiamo già richiamare. Ed è quello che dopo un periodo – che tutti ci auguriamo non vada oltre l’estate, almeno per quanto riguarda le restrizioni dei movimenti dei cittadini – di tristezza, di chiusura forzata e di oggettiva paura, la speranza della vita da un lato e la voglia di rimuovere e cancellare definitivamente “quel” passato dall’altro sarà fortissima. Senza limiti e anche prepotente. Seppur nel rispetto delle regole che di volta in volta saranno prescritte. Ma l’anelito alla voglia di vivere e con la speranza del ritorno della sola normalità saranno irrefrenabili. E allora, chi sarà in grado di interpretare quella domanda e quell’ansia mai sperimentati sin d’ora nel nostro paese da oltre cent’anni? E, soprattutto, quale sarà la classe dirigente in grado di farsi carico di quei sentimenti e di quella voglia di cambiamento, di rinnovamento e anche di rimozione? La demagogia e il populismo dei 5 stelle forti della parole d’ordine dell’inesperienza e dell’incompetenza al potere, della battaglia contro la casta e i vitalizi e della lotta contro il Parlamento e tutto ciò che è riconducibile al passato? Saranno le piroette quotidiane di Renzi? O le ripetute parole d’ordine, ormai anche un po’ logorate se non del tutto ingiallite, della Lega salviniana? Oppure la stanca riproposizione del vecchio armamentario della sinistra e dei suoi instancabili alfieri politici, giornalistici ed intellettuali della lotta contro la sempre e imminente “minaccia fascista” che, come quasi tutti sanno, è ormai uno slogan propagandistico o poco più? 

Ecco perché occorre attrezzarsi. Con i nostri valori di riferimento, come ovvio. Ma consapevoli che le categorie del passato saranno sempre di più alle nostre spalle. E non solo per responsabilità nostra o di altri.