La settimana comincia in salita. Al Parlamento europeo l’immagine dell’Italia è uscita indebolita. Non importa agli occhi degli altri Paesi che sia attribuibile a questa o a quella forza politica la responsabilità delle divisioni sul punto delicato degli interventi finanziari anti crisi; importa semmai il dato che afferisce alla percezione di una fragilità del Sistema Italia, di per sé pericolosamente fragile anche prima dell’emergenza sanitaria. Un coro di voci stonate aumenta il disagio di chi si misura dall’esterno con la politica italiana.

Di riflesso il governo patisce i contraccolpi di un deterioramento politico che va oltre l’aspetto pur delicato dell’immagine diffusa oltre i confini nazionali. La maggioranza, anche all’interno, offre il destro alla critica: non è un buon segnale dividersi a Bruxelles sulle linee guida della lotta alla depressione economica e rinsaldarsi a Roma in funzione delle nomine nei consigli di amministrazione delle società controllate dallo Stato. Ciò vuol dire che il mastice del potere sostituisce quello della politica, con improbabili ricadute sulla credibilità di una coalizione già poco robusta di suo.

Per giunta, Conte ha voluto rimarcare, proprio in queste ore, il profilo critico della posizione italiana rispetto agli altri partner, specie quelli del centro e nord Europa. In una intervista alla Süddeutsche Zeitung ha dichiarato che un certo malessere antieuropeistico degli italiani “nasce dal fatto che ci sentiamo abbandonati proprio dai Paesi che traggono vantaggi da questa Unione”. E poi ha precisato, senza mezzi termini: “Prendiamo l’esempio dell’Olanda, che con il suo dumping fiscale attrae migliaia di multinazionali, che trasferiscono lì la propria sede, ed ottengono un flusso di entrate fiscali massicce, che vengono sottratte ad altri partner dell’Unione: 9 miliardi di euro ogni anno, come riporta un’analisi di Tax Justice Network”.

Era necessaria un’intervista così violenta? A caldo l’attacco del Premier ha provocato imbarazzo negli ambienti di Bruxelles. Questo modo di rappresentare gli interessi dell’Italia abbassa il profilo del Governo, come pure dello stesso Presidente del Consiglio. Pensare che il vertice dei Capi di Stato e di Governo, in calendario giovedì prossimo, s’affronti meglio facendo ricorso alla polemica, è indice di scarsa avvedutezza diplomatica. Forse, per evitare sgradevoli sorprese, toccherà ancora una volta al Quirinale stendere un velo protettivo sulla gestione del negoziato, offrendo la massima sponda istituzionale al confronto con gli interlocutori europei. La delicatezza del momento, bisognosa di un ampio respiro solidaristico a livello europeo e mondiale, non può essere affrontata con improbabili e dannose esibizioni di forza.