In un lucidissimo editoriale sul Corriere della Sera il politologo e giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese, prende in considerazione e persino menziona le forze che rallentano i processi di sviluppo del Paese: la Sua lunga militanza nelle istituzioni gli consente di individuarle nei sindacati, nel potere giudiziario, nella Corte dei conti, e nell’Autorità anticorruzione, pur ammettendo che l’elenco sarebbe in realtà assai più lungo: è lo è – più esteso- sia in senso diacronico che sincronico, nel presente confuso e contradditorio dell’esercizio del potere come lusinga personale e diritto di veti incrociati , sia nella storia dal dopoguerra ad oggi, in una sovrapposizione di cancrene sedimentate e inamovibili. In realtà il retaggio è certamente di più datata deriva, al punto da costituire uno specifico aspetto della tradizione politica consolidata fino a farne, in senso deteriore, un fenomeno culturale e sociale, così come i nodi cruciali dove si esercita un potere frenante sono una capitolazione concisa e ridotta di un campionario decisamente più vasto che comprende gli apparati dello Stato nelle sue articolazioni centrali, periferiche e autarchiche.

Una disamina così puntuale, come cittadino che vede le cose dal basso, la accolgo e posso solo descriverne le ricadute: il lungo anno di pandemia che flagella il mondo ha messo in chiaro le difficoltà che ci affliggono.

Un fenomeno globale ma con situazioni e scelte a macchia di leopardo che si misurano ora con fatti casuali o non spiegati, ora con le competenze adoperate per gestirne e in parte risolverne i vissuti.

Nel caravanserraglio delle comparsate televisive degli opinionisti se ne sono sentite di tutti i colori, persino la scienza ha espresso punti di vista diversi, quelli che il Prof. Benini mi rimprovera di definire “decisori politici” hanno inanellato una serie di errori riverberati nei nostri vissuti: enumerarli sarebbe una diminutio rispetto alla realtà, basta fare riferimento agli aspetti sanitari, economici e psicologici di tali ricadute.

I dettagli sono innumerevoli ma prevalgono due elementi che li accomunano: la rincorsa delle decisioni rispetto agli eventi e la confusione tra comunicazione e informazione, ben riassunta dalla ridda di provvedimenti (Decreti, DPCM, OM, circolari…) e dall’intersezione spesso confliggente tra i livelli di tali decisioni. Basti pensare al perdurante conflitto Stato-Regioni e al vorticoso sovrapporsi di scelte annunciate all’ultimo minuto e altrettanto velocemente poi ritirate e sostituite.

Dopo aver ascoltato per anni lezioni sul concetto di merito, pare proprio che le evidenze abbiano dimostrato che competenza e responsabilità hanno preso percorsi diversi: l’una senza l’altra diventano flatus vocis dagli esiti nebulosi e imperscrutabili. L’Italia si è autoesclusa da ogni pretesa di chiarimento in ordine all’incipit della pestilenza, dopo aver sottoscritto Memorandum e protocolli d’intesa con la Cina e il tutto al di fuori e oltre le consolidate alleanze geopolitiche. E’ mancata una visione di medio lungo termine e ciò ha riguardato ogni settore della vita sociale. E’ trascorso quasi un anno dall’annunciata “potenza di fuoco” e ci troviamo soli con il cerino in mano. La vicenda del MES era diventata l’ombelico dell’universo, il discrimine tra realismo e fantapolitica, ora è miseramente dimenticata. Ci siamo presentati agli appuntamenti europei con un semplice copia e incolla di un piano antipandemico datato. La demagogia dei ristori occasionali ci ha reso patria dei bonus senza controllo, diventati da ‘una tantum’ a ‘una semper’.

Vogliamo citare alcuni nomi e parole che ci ricordano l’incertezza dell’incedere? Mascherine, banchi a rotelle, tamponi, tracciamenti, aperture, chiusure, distanziamenti, assembramenti, DAD, obblighi e divieti, vaccini, loro approvvigionamento, varianti del virus, piano vaccinale.

La burocrazia ha rallentato i processi decisionali e si è arroccata sull’Aventino, sul territorio la gente ha vissuto con angoscia e sgomento ordini e contrordini, paure e flussi comunicativi finiti del tutto fuori controllo al punto da confondere il reale con il virtuale. Tutto diventa maledettamente complicato: dalle leggi ordinarie, ai decreti da convertire, ai DPCM da decifrare, al milleproroghe annuale che è la summa del procastinamento e del rinvio per integrare privilegi, prebende, oboli e nicchie clientelari.

Per leggere e capire articolati, commi, capoversi e rimandi ci vuole un traduttore simultaneo.  Indecifrabili ai più.

Ci sono Paesi che hanno accelerato in modo programmato e razionale la profilassi nella tracciatura dei positivi e nel piano vaccinale. Leggevo qualche giorno fa che in Serbia i cittadini si presentano ai punti di somministrazione del vaccino e hanno almeno 4 opportunità di scelta.Ora hanno aperto anche al turismo vaccinale, con adeguate garanzie. Di Israele sappiamo come ha risolto con tempestività la campagna di vaccinazione per l’intera popolazione. Noi abbiamo regioni dove si marcia con regolarità e altre dove si procede a rilento: so di persone che devono compiere tragitti chilometrici per raggiungere luoghi lontani, mentre hanno presidi sanitari nei pressi delle abitazioni.

Un piano vaccinale per i “fragili” di fatto non esiste: toccava al Ministro della salute programmarlo, evitando che chemioterapici, immunodepressi, invalidi restassero ancora in attesa, nessuno li ha tutelati.

Le logiche corporative prevarranno sui bisogni della gente? Ogni Regione decide in modo diverso anche se la Costituzione attribuisce allo Stato la gestione della Salute. Sembra che ogni aspetto di questa storia distingua chi si prodiga per volontaria dedizione e chi applica le autotutele negoziali.  Draghi ha minacciato azioni legali contro le case farmaceutiche che non rispettano gli impegni, mentre nei contratti sottoscritti le responsabilità sono poste in capo agli Stati acquirenti. I sanitari ospedalieri hanno chiesto uno scudo penale: molti di loro ci hanno rimesso la pelle, quelli che restano non vogliono rischiare di finire al 41/bis.

I no-vax soffiano sul fuoco e lo stesso Stato anziché educare al senso civico e all’etica fa appello alla delazione di vicinato. Siamo ad un anno e diversi mesi dall’incipit e nessuno ha spiegato come tutto è incominciato. Si aggiunga il mancato rispetto delle regole da parte di molti cittadini, ognuno pro-domo sua. Dopo quella dei furbetti del quartierino adesso viviamo la stagione dei furbetti del vaccino.

Nel frattempo neanche lo SPID si è fermato: in nome della digitalizzazione ma scritto su fogli di carta.

Pensando che milioni di persone vivono non sapendo come mettere insieme il pranzo con la cena, centinaia di migliaia di imprese chiudono, le partite Iva sono alla fame e la gente perde il lavoro, le bollette e le scadenze tributarie avanzano inesorabili, ci si chiede quanto implementi il debito pubblico questa burocrazia vetero-bizantina, para-borbonica e cervellotica.

Sabino Cassese cita il giurista e politologo Carl Schmitt che- criticando le «forze interessate alla conservazione»-  nel 1931 scriveva: «la forza dello status quo in quanto tale è enorme e molto potente» e «la situazione della politica interna subisce l’enorme suo peso».

Perché in realtà dietro questo moloch gigantesco di apparati, strutture e procedure si legge un ribaltamento concettuale: chi lo difende appare progressista mentre chi lo critica viene definito conservatore e populista. Viene da chiedersi fino a quando potremo sostenere l’onere di sentirci parte dell’Europa ricevendone solo critiche, controlli e rampogne.

Vale allora quanto premesso: se manca la competenza anche l’esercizio della responsabilità ne viene condizionato. Così come se si rappresenta la responsabilità senza averne merito e competenza si va incontro ad una disfatta. Draghi ha impresso una vistosa accelerazione e messo la questione della “conoscenza” al primo posto della sua tassonomia: come non dargli ragione? Ma per chi vive lo spaesamento senza punti di riferimento affidabili, in epoca peraltro di disintermediazione sociale, riesce difficile capire dove andremo a parare. 

Siamo al 67° governo nella storia repubblicana e ogni volta abbiamo ascoltate molte promesse.

Senza aggiungere altro propongo allora – come chiusa di questa riflessione – l’esempio della composizione del Governo Canadese, per ogni opportuna comparazione in tema di competenze.

Il premier è il leader del partito che vince le elezioni,  il Ministro della Salute è un medico, il Ministro dei Trasporti è un astronauta, il Ministro della Difesa è un veterano sikh, il Ministro della Gioventù ha meno di 45 anni, il Ministro dell’Agricoltura è un ex contadino, il Ministro della Pubblica Sicurezza è stato un esploratore, Il Ministro per l’Innovazione, la Scienza e lo Sviluppo Economico è stato un analista finanziario, il Ministro delle Finanze è un imprenditore di successo, Il Ministro della Giustizia è stato un pubblico ministero, il Ministro dello Sport e Persone con Disabilità è un paraolimpico ipovedente, il Ministro della Pesca e degli Oceani è un Inuit canadese della Guardia costiera, il Ministro della Scienza è un medico geografo con un dottorato di ricerca, il Ministro dell’istruzione non esiste. 

Provvedono in autonomia le singole province con un organismo di coordinamento nazionale per le Università. 

Pare che tutto funzioni bene.