Rivolgendosi al mondo intero nel tradizionale Messaggio di Pasqua, il Pontefice ricorda ancora la guerra in Ucraina, i Paesi martoriati da lunghi conflitti e violenze e provati da tensioni sociali e drammatiche crisi umanitarie e definisce la pace una “primaria responsabilità di tutti”.

Tiziana Campisi

“Lasciamo entrare la pace di Cristo nelle nostre vite, nelle nostre case, nei nostri Paesi!” invita Francesco nel suo Messaggio Urbi et Orbi di Pasqua. Dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro, dalla quale si muove, alla brezza del vento, il drappo con lo stemma papale, il Pontefice si affaccia sulla piazza affollata da 100mila fedeli. È accompagnato dai cardinali Renato Raffaele Martino e Michael Czerny, inviato nelle scorse settimane due volte in Ucraina e nei Paesi confinanti che stanno accogliendo i profughi per mostrare la vicinanza della Chiesa al popolo ucraino, assai provato dall’aggressione militare russa. 

Cristo è risorto

Il Pontefice ripete le parole di Gesù risorto ai suoi discepoli: “Pace a voi”, ma definisce quella di quest’anno una “Pasqua di guerra”, perché “troppo sangue abbiamo visto, troppa violenza” e si fa fatica “a credere che Gesù sia veramente risorto, che abbia veramente vinto la morte”. Ma “Cristo è risorto! È veramente risorto!”, afferma Francesco, anche se quella che stiamo vivendo sembra una Quaresima che non vuole finire. È chiara l’allusione alla situazione in Ucraina, ma il pensiero del Papa è anche per quelle Nazioni da decenni segnate da conflitti, quelle che vivono una drammatica crisi umanitaria o gravi problematiche. Ma c’è anche il bilancio di due anni di pandemia da considerare:

Era il momento di uscire insieme dal tunnel, mano nella mano, mettendo insieme le forze e le risorse… E invece stiamo che in noi non c’è ancora lo spirito di Gesù, c’è ancora lo spirito di Caino, che guarda Abele non come un fratello, ma come un rivale, e pensa a come eliminarlo. Abbiamo bisogno del Crocifisso Risorto per credere nella vittoria dell’amore, per sperare nella riconciliazione.

Sia pace per l’Ucraina

La voce del Pontefice riecheggia in una piazza San Pietro abbellita da 40 mila fiori e decorazioni offerti da fioristi olandesi e professori di floristica di biotecnologie della slovena Naklo e allestiti con la collaborazione dei giardinieri vaticani. Il Papa ricorda che “le piaghe nel Corpo di Gesù risorto sono il segno della lotta che Lui ha combattuto e vinto per noi, con le armi dell’amore, perché noi possiamo avere pace, essere in pace, vivere in pace”. Quindi invoca la pace menzionando quanto sta accadendo nell’Est Europa:

Sia pace per la martoriata Ucraina, così duramente provata dalla violenza e dalla distruzione della guerra crudele e insensata in cui è stata trascinata. Su questa terribile notte di sofferenza e di morte sorga presto una nuova alba di speranza! Si scelga la pace. Si smetta di mostrare i muscoli mentre la gente soffre.

Rifugiati, sfollati, anziani e bambini nel cuore del Papa.

Insiste, Francesco, perché tutti si impegnino a chiedere la pace e sollecita i responsabili delle Nazioni ad ascoltare “il grido di pace della gente”, poi confida:

Porto nel cuore tutte le numerose vittime ucraine, i milioni di rifugiati e di sfollati interni, le famiglie divise, gli anziani rimasti soli, le vite spezzate e le città rase al suolo. Ho negli occhi lo sguardo dei bambini rimasti orfani e che fuggono dalla guerra. Guardandoli non possiamo non avvertire il loro grido di dolore, insieme a quello dei tanti altri bambini che soffrono in tutto il mondo: quelli che muoiono di fame o per assenze di cure, quelli che sono vittime di abusi e violenze e quelli a cui è stato negato il diritto di nascere.

La carità vinca l’egoismo e l’individualismo

Rattristato da quanto sta accadendo, il Papa non dimentica, però, “le porte aperte di tante famiglie e comunità che in tutta Europa accolgono migranti e rifugiati”. Da qui l’auspicio che “questi numerosi atti di carità diventino una benedizione per le nostre società, talvolta degradate da tanto egoismo e individualismo, e contribuiscano a renderle accoglienti per tutti”. Ma Francesco spera anche sollecitudine per “altre situazioni di tensione, sofferenza e dolore”.

Si viva in fraternità nel Medio Oriente e a Gerusalemme

E dopo aver commentato i recenti fatti di cronaca, il Papa, la cui voce viene diffusa dai media vaticani con il commento, oltre che nelle lingue consuete, anche in ucraino e russo, comincia il lungo elenco dei Paesi che hanno più bisogno di preghiere:

Sia pace per il Medio Oriente, lacerato da anni di divisioni e conflitti. In questo giorno glorioso domandiamo pace per Gerusalemme e pace per coloro che la amano, cristiani, ebrei e musulmani. Possano israeliani, palestinesi e tutti gli abitanti della Città Santa, insieme con i pellegrini, sperimentare la bellezza della pace, vivere in fraternità e accedere con libertà ai Luoghi Santi nel rispetto reciproco dei diritti di ciascuno.

Pace per i Paesi dilaniati da tensioni e violenze e per tutta l’Africa

E prosegue, il Pontefice, ricordando i popoli del Libano, della Siria e dell’Iraq. Domanda pace “per la Libia, perché trovi stabilità dopo anni di tensioni, e per lo Yemen, che soffre per un conflitto da tutti dimenticato con continue vittime”, e si augura che “la tregua siglata nei giorni scorsi possa restituire speranza alla popolazione”. Esorta, poi, a pregare “per il Myanmar, dove perdura un drammatico scenario di odio e di violenza, e per l’Afghanistan, dove non si allentano le pericolose tensioni sociali e dove una drammatica crisi umanitaria sta martoriando la popolazione”. Quindi il Papa estende la sua invocazione per l’intera Africa:

Sia pace per tutto il continente africano, affinché cessino lo sfruttamento di cui è vittima e l’emorragia portata dagli attacchi terroristici – in particolare nella zona del Sahel – e incontri sostegno concreto nella fraternità dei popoli. Ritrovi l’Etiopia, afflitta da un grave crisi umanitaria, la via del dialogo e della riconciliazione, e cessino le violenze nella Repubblica Democratica del Congo. Non manchi la preghiera e la solidarietà per le popolazioni del Sudafrica orientale, colpite da devastanti alluvioni.

I problemi nel continente americano

Infine Francesco prega per l’America Latina, dove la pandemia ha peggiorato alcune condizioni sociali, “esacerbate anche da casi di criminalità, violenza, corruzione e narcotraffico”, e ancora per la riconciliazione della Chiesa cattolica canadese con i popoli autoctoni.

La pace primaria responsabilità di tutti

E terminando il suo discorso, il Papa torna ancora sulla guerra, avverte che ogni conflitto porta con sé strascichi che coinvolgono tutta l’umanità: dai lutti al dramma dei profughi, alla crisi economica e alimentare”. Ma incoraggia a guardare a Gesù che ha vinto la morte e ci dona pace:

Davanti ai segni perduranti della guerra, come alle tante e dolorose sconfitte della vita, Cristo, vincitore del peccato, della paura e della morte, esorta a non arrendersi al male e alla violenza. Fratelli e sorelle, lasciamoci vincere dalla pace di Cristo! La pace è possibile, la pace è doverosa, la pace è primaria responsabilità di tutti! 

Il cardinale Martino annuncia, quindi, la benedizione del Papa con l’indulgenza plenaria, alle consuete condizioni. Francesco recita la formula solenne e concede a tutti il perdono dei peccati. E prima del segno della croce si raccoglie qualche istante in silenzio, poi pronuncia in latino: “Dio onnipotente e misericordioso vi dia l’indulgenza, l’assoluzione e il perdono di tutti i vostri peccati, un periodo di pentimento genuino e fruttuoso, un cuore sempre penitente e una conversione della vita, la grazia e il consiglio dello Spirito Santo, e la perseveranza continua nelle opere buone”.

Il messaggio pasquale di Francesco è preceduto dall’esecuzione dell’inno pontificio, da parte della banda della Gendarmeria Vaticana, e dell’inno italiano, da parte dell’arma dei carabinieri. Schierati di fronte alla Basilica Vaticana, il corpo della Guardia Svizzera, in alta uniforme, e una rappresentanza delle forze armate italiane, che al termine della cerimonia rendono omaggio al Papa.

 

(Fonte: Radio Vaticana, 17 aprile 2022)