In base al rapporto di collaborazione tra le due testate, Il Domani d’Italia e Orbisphera, pubblichiamo il testo integrale dell’editoriale di Antonio Gaspari, direttore di Orbisphera.
Papa Francesco si è recato in Iraq per compiere una missione di valenza mondiale: unire in una fraterna alleanza le religioni e i diversi gruppi etnici ed evitare, così, l’esplodere di nuovi conflitti armati. Creando, al tempo stesso, le condizioni per una proficua e duratura ricostruzione di civiltà e di buone relazioni.
Un evento storico, visto che si tratta del primo viaggio di un Pontefice in Iraq.
Nella storia del mondo e delle religioni l’Iraq ha una valenza di assoluto rilievo come culla di civiltà e di spiritualità: basti pensare agli splendori di Bagdad; alla città di Najaf, meta di pellegrinaggi del mondo islamico, seconda solo a La Mecca; alla nascita dell’agricoltura alle foci del Tigri e dell’Eufrate; ai gruppi religiosi di antichissima presenza, musulmani sunniti e sciiti, cristiani, zoroastriani, bahai, yazidi; alla vicenda di Abramo, patriarca dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam. La sua storia è narrata nella Bibbia, nel Libro della Genesi e nel Corano…
Negli ultimi trent’anni l’Iraq è stato al centro di continui conflitti: prima la guerra di Saddam contro l’Iran e contro il Kuwait, poi le due guerre del Golfo, con immani distruzioni ed uno spaventoso numero di perdite umane. È stato calcolato che la seconda guerra del Golfo, quella combattuta dal 2003 al 2011, ha provocato la morte di mezzo milioni di iracheni: il 60% deceduti per scontri armati e la restante parte vittima di cause indirette, tra cui il collasso delle strutture sanitarie.
Purtroppo il Paese e l’intera regione circostante ancora non godono di una pace stabile. Proprio in questi giorni, schermaglie e focolai di guerra si sono riaccesi al confine con la Siria e con l’Iran.
In un contesto che rischia di innescare una nuova guerra mondiale, il Papa di Roma si reca in Iraq e, come San Francesco, cerca di portare pace dove c’è conflitto, cooperazione dove c’è divisione, compassione dove c’è odio, fratellanza dove c’è discordia, condivisione e dialogo dove c’è ostilità e protervia.
Il viaggio di Francesco si svolge in piena di continuità con il sogno di San Giovanni Paolo II, che nel 1999 tentò in ogni modo di recarsi in visita apostolica nella città di Ur dei Caldei, indicata dalle Sacre scritture come patria di Abramo.
Giovanni Paolo II non riuscì ad andare in Iraq e nel 2003 una coalizione guidata dagli Stati Uniti con il sostegno altri 35 Paesi scatenò la seconda guerra del Golfo.
Nel corso della presentazione del viaggio di Papa Francesco, svoltasi il 2 marzo nella Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, direttore della Sala stampa, ha spiegato che il Papa cercherà di portare «fraternità e speranza, medicine di cui oggi il mondo ha bisogno».
Bruni ha sottolineato che uno dei momenti centrali del viaggio sarà l’incontro interreligioso del 6 marzo nella città di Ur, durante il quale Papa Francesco, invocando la memoria di Abramo, incontrerà i rappresentanti ed il popolo di tutte le religioni presenti in Iraq.
In questo contesto, il Pontefice farà visita al Grande Ayatollah iracheno Ali al-Sistani, considerato uno dei maggiori esponenti della confessione musulmana di origine sciita. Uomo di grande spiritualità, candidato per due volte al Premio Nobel per la Pace.
Nel 2006 fu un gruppo di cristiani iracheni a proporre al-Sistani per il Premio Nobel, mentre nel 2014 la proposta venne rinnovata da un gruppo di parlamentari dell’Iraq.
A conclusione dell’incontro dedicato alla presentazione del viaggio apostolico, il direttore della Sala Stampa vaticana ha parlato del forte entusiasmo con il quale le comunità cristiane attendono la visita del Papa.
Il viaggio in Iraq di Papa Francesco è un «evento di pace e di consolazione per un popolo che ha molto sofferto», un viaggio che intende confermare questi fratelli nella fede, consolare le loro sofferenze e rappresentare una speranza di futuro per le comunità cristiane che vivono in questa terra.