Chi studia la storia con metodologia e passione ha letto tanti esempi di imperi che sono caduti per mancanza di slancio. Quando una società smette di sperare nel domani, rimanendo nella propria zona di conforto, comincia il suo declino.

Dai Sumeri, prima dell’avvento di Sargon, fino ai casi a noi prossimi, lo storico assiste a società che faticano a sopravvivere perché indecise tra il riformismo e l’immobilismo. Il cambiamento è il segreto di Pulcinella della sopravvivenza, anzi, dell’evoluzione sana e vitale di un mondo che, altrimenti, invecchia e muore. E’ il caso di Pio IX, un Papa che volle lasciare troppo tardi il potere temporale; non fece in tempo: arrivarono i Garibaldini.

Lo Stato della Chiesa non cadde perché arrivarono loro, ma giunsero i garibaldini (o meglio, i Bersaglieri) perché ormai era finito. Finito il tempo in cui una Chiesa, consunta ormai dal clericalismo e dal conservatorismo, ambiva a scandire il ritmo del battipetto dei suoi sudditi, anziché traghettarli a un ritmo ben più elevato, quello celeste. Sempre rimanendo in tema, il cosiddetto “partito romano”, circolo di preti che, di generazione in generazione, si sentiva investito informalmente dell’incarico di proteggere il Vaticano dagli assalti del modernismo (arrivando persino a pensare di vincere con i trattati di Mussolini prima, e di Craxi poi), si è arreso di fronte alla semplicità dell’ultimo Papa, ingiustamente additato come “antipapa”, che non vuol cambiare la dottrina: piuttosto presentarla in modo più semplice.

Non una Chiesa di potere, ma una di programma. Non una figura, quella del Papa, assiso sulla sedia gestatoria, a cui le genti vanno incontro, ma una figura che si incammina verso le genti. Sia chiaro che i due sistemi vanno entrambi bene, seppure contestualizzati ognuno al proprio tempo.

In una società che cambia e si avvia verso il globalismo, non è solo sciocco desiderare, da nostalgici, ciò che non è più e che non può più essere. E’ anche stupido. Del resto, però, i Farisei erano presenti anche al tempo di Cristo.