Che i piccoli partiti, anche nella prima repubblica quando la politica e i partiti stessi – quelli veri,  però, e non quelli finti contemporanei – erano protagonisti, esisteva il cosiddetto “potere di veto”,  o di “ricatto” o di “interdizione” come dir si voglia. Cioè, la possibilità che piccole formazioni  politiche, in virtù del principio di coalizione, potevano mettere in discussione la solidità e l’unità  dell’alleanza di governo di cui facevano parte per le motivazioni più disparate. Era la normale  dialettica politica che ha sempre costellato le dinamiche della democrazia italiana sin dal secondo  dopoguerra. Pertanto, oggi c’è addirittura qualcuno che traccia dei confronti tra ciò che capitava  ieri e quello che è sotto ai nostri occhi in queste settimane. 

Ora, per evitare di essere ipocriti o maldestri, chi oggi esercita concretamente il potere di veto, o  di ricatto o di interdizione coltiva altri obiettivi e persegue altre mete politiche con modalità che fa  restare basiti anche coloro che hanno una lunga esperienza politica e parlamentare. È appena  sufficiente osservare e registrare i comportamenti concreti, le dichiarazioni e le prese di posizione  del piccolo partito personale di Renzi per rendersi conto di come la politica sia scaduta e sia  sempre più decadente. Come progetto politico e, soprattutto, come comportamenti individuali. E  quindi, si tratta di una doppia crisi. Politica, sicuramente e anche etica, se vogliamo citare una  parola che ormai è passata di moda. Del resto, nell’epoca dominata dal trasformismo e dal più  spregiudicato opportunismo, tutto diventa lecito e possibile e non c’è più alcun argine alla deriva  e al malcostume della politica. Il cosiddetto “bene comune” è diventato un optional e il “patto di  coalizione” – elemento decisivo per esercitare un’azione di governo – un elemento del tutto  astratto e virtuale.  

È del tutto evidente, quindi, che di fronte ad una situazione del genere non c’è alcuna coerenza,  alcun limite e soprattutto alcuna possibilità di garantire una efficace e feconda azione di governo.  L’obiettivo centrale resta quello di far ciò che uno vuole a prescindere. Per motivazioni di puro  potere da un lato e per ragioni riconducibili a pregiudiziali personali dall’altro e che rispondono,  com’è ovvio a tutti, ad obiettivi di posizionamento tattico e di organigrammi di potere personale e  di gruppo nel futuro.  

Il tutto, è bene richiamarlo ancora una volta, si rende possibile perché i partiti personali hanno  soppiantato i partiti politici, i leader sono scomparsi a vantaggio dei capi, il trasformismo è  diventato la religione laica che ispira e disciplina i comportamenti dei singoli padroni dei rispettivi  cartelli elettorali e, in ultimo, la coerenza è stata definitivamente sacrificata sull’altare della  convenienza momentanea e contingente.  

Ecco perché il potere di veto è diventato la regola, e non l’eccezione, della politica  contemporanea. Soprattutto di quei partiti personali, frutto e conseguenza di operazioni  trasformistiche ed opportunistiche, che ormai condizionano e dettano l’agenda dello stesso  governo nazionale. Un pessimo segnale per il recupero di credibilità della politica, dei partiti e dei  politici. In ultima analisi, per la credibilità della nostra democrazia.