Bisogna fare i conti con la realtà. Oggi il compromesso appartiene alla dialettica “primordiale” degli interessi: qui si manifesta e qui deve trovare fondamento. La politica non può saltare, elaborando qualcosa di astratto, la dinamica propria della società civile.  

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Noto una certa insistenza che non convince, anzi distrae e fuorvia. Giorgio Merlo reitera i suoi mugugni sul tramonto di quella politica della mediazione, che è stata la base della filosofia politica del cosiddetto centro e della sua incarnazione nella politica concreta della D.C. Tramonto che gli appare così illogico da fargli ritenere inevitabile, prima o poi, la rinascita del centro.

A parte il fatto che nel corso dell’ultimo secolo molti filosofi politici e sociologi hanno dimostrato come spesso la mediazione nasconda le contraddizioni senza risolverle; è pur vero nel tempo che viviamo è emerso un ulteriore problema, ovvero le difficoltà delle crisi economiche, il succedersi sempre più ravvicinato di quelle finanziarie e di quelle ambientali; tanto che poi si è visto l’aggravarsi e il radicalizzarsi delle questioni sociali, da quella occupazionale a quella salariale, a quella ambientale.

Tutte cause e leve materiali di crescenti disuguaglianze. Sono questi grandi problemi a non aver ricevuto risposta, sicché la linea verticale che separava destra e sinistra si è infine trasformata nella linea orizzontale di separazione tra sopra e sotto, tra “noi e loro”, tra quelli di prima e quelli di adesso, in un nuovo rapporto “primordiale” di rappresentanza.

Detto ciò, appare chiaro come il compromesso oggi si ponga sul terreno sociale, cioè nel cuore stesso del rapporto di rappresentanza e non tra una sinistra e una destra di un singolo partito o dell’intero arco costituzionale. A questa novità, senza fantasie e approssimazioni bisogna dare una risposta adeguata.