IL TERRORISMO, LA PACE E I DRAGHI DEL XXI SECOLO. RIFLESSIONI DI UN GRANDE TEOLOGO SU “ARCHIVIO VITA E PENSIERO”.

 

“Nel 2003 pubblicavamo – così la rivista dell’Università Gemelli di Milano ripropone la lettura di un contributo di assoluto rilievo – questa riflessione del teologo J. Moltmann: lamore per il nemico non è utopia, è assunzione di responsabilità verso la vita di tutti. Anche se in parte legato alloccasione, il testo è molto attuale. Da meditare”.

 

La violenza si presenta come un fenomeno molteplice: c’è quella quotidiana nelle relazioni reciproche fra gli uomini e le creature più deboli, quella contro i bambini, contro le donne, contro i disabili, contro gli animali; ci sono le molestie sul posto di lavoro, le brutalità fisiche, le crudeltà psichiche e molte altre ancora.

 

Mi limito qui a quella violenza che nasce dalla domanda “guerra o pace”. Distinguo fra “violenza” e “potere” o “forza”. Con il termine violenza intendo l’impiego ingiustificato della coercizione. Parliamo in questo senso anche di violenza bruta, violenza fuori legge e tirannia. Con il termine potere intendiamo la minaccia legittima e l’uso della coercizione attraverso il diritto e la giustizia. Intendiamo però con il potere molto più che il superamento non violento dei conflitti: il potere della comprensione, della riconciliazione, dell’amore, della vita.

 

La vita stessa si distingue fra violenza e forza. La violenza ha a che fare con l’offesa alla vita e in fondo sempre con la morte. La forza della vita al contrario consiste nella vita e nelle forze dell’affermazione della vita. Il potere è buono, come potremmo altrimenti affermare che Dio è onnipotente? La violenza è quindi la perversione della forza vitale attraverso la pulsione alla morte. Può esistere, questa è la nostra domanda fondamentale, una conversione della violenza della morte al potere della vita?

Che cosa ha a che fare il cristianesimo con la forza e la violenza in questo senso? Se entriamo in una chiesa, per esempio la chiesa collegiale di Tubinga, vi ascoltiamo il vangelo della pace e siamo salutati e benedetti con la pace di Dio. «Beati i pacifici» dice Gesù nel sermone della montagna «perché sarete chiamati figli di Dio». Che ha a che fare Gesù con la violenza? «Rimetti la tua spada nel fodero» dice a Pietro «perché chi di spada ferisce di spada perisce» (Mt 26,52). Non troviamo forse nel sermone della montagna le indica- zioni per una vita non violenta e per servire la pace? Non sta forse al centro dell’adorazione cristiana di Dio l’inerme bambino nella mangiatoia e l’impotente uomo sulla croce? Non c’è forse una radicale messa in questione ed il rifiuto di ogni violenza in questo mondo con la fede nella presenza di Dio in Gesù? O abbiamo forse tralasciato qualcosa?

 

Poi, quando usciamo dalla chiesa collegiale di Tubinga, ci troviamo sulla piazza del mercato davanti ad una colonna: rappresenta San Giorgio che uccide il drago con la sua lancia. Davanti a tutte le chiese di San Giorgio e di San Michele Arcangelo della cristianità ci sono questi uccisori di draghi; o è San Giorgio che uccide il drago terrestre o è l’arcangelo Michele che schiaccia nel cielo il drago apocalittico, l’antico serpente, il Satana, il Principe di questo mondo (Ap 12,7-9). A differenza della Cina, il drago nell’Occidente è il simbolo del male, della brutalità, del veleno puzzolente e dell’intollerabile ripugnanza. Nel Sacro Romano Impero, dopo gli imperatori cristiani Teodosio e Giustiniano, il drago viene definito come nemico di Dio e nemico dell’Impero. I nemici della fede sono nemici dello Stato e devono essere uccisi come il drago. San Giorgio da martire cristiano è diventato il difensore del Sacro Impero, e l’arcangelo Michele l’angelo protettore del Regno Santo. ll primo uccide il male terreno, l’altro il male ultraterreno. Uccidono spietati e con grande violenza. Ottone I vinse i pagani ungheresi nel 955 ad Asburgo sotto la bandiera di Michele uccisore del drago celeste. Dai confini del Sacro Impero, dal Mont Saint-Michel in Normandia fino al Monte Sant’Angelo nel Gargano nell’Italia meridionale, erano questi i luoghi di pellegrinaggio dell’Impero cristiano.

 

 

Come si è arrivati a questa contraddizione fra il messaggio di pace di Gesù e la cristiana battaglia di draghi in cielo e in terra?

 

Dal Sacro Romano Impero allo Stato moderno

Come può essere stabilito storicamente, con la cosiddetta “svolta costantiniana” si è attuato il passaggio da una Chiesa inerme e perseguitata ad una religione “autorizzata” nell’Impero romano ed infine alla religione dominante nell’Impero cristiano. La “pace romana” cominciata dall’imperatore Augusto e che l’imperatore Costantino pretendeva di aver portato a completamento, venne fusa insieme alla “pace di Cristo”. L’Impero romano assunse la forma del millenario regno di Cristo, e doveva raggiungere i confini della terra e la fine dei tempi. Non più Ponzio Pilato che aveva fatto soffrire e crocifisso Gesù, ma Augusto che, come Luca narra nel racconto di Natale, attraverso la prima tassazione che aveva imposto ai contribuenti dell’Impero romano, collegava ora la fede cristiana con i] potere politico. Così Roma, perso il suo carattere antidivino e anticristiano (Ap 13), divenne un potere storico santo per estendere il Regno di Cristo sulla terra. Da città apocalittica, Roma divenne la città eterna, e da allora ogni anno nella benedizione urbi et orbi si manifesta come il centro del mondo.

Il segno della croce di Costantino divenne il segno dei campi di battaglia dell’impero cristiano e della sua propagazione. Così Ferdinando Cortes, con la bandiera della croce e con questa promessa, nel 1521 chiamò i suoi all’assalto della capitale atzeca Technochtitlan: su queste macerie fu costruita la cristiana Città del Messico; Crociati, Cavalieri di San Giorgio, Cavalieri Templari e altri conquistatori portavano questa croce nelle terre dei pagani. Essa si trova anche nelle onorificenze e nelle bandiere di tutte le nazioni cristiane, la Croce di ferro in Germania, la Croce di Vittoria in Inghilterra, la Croce di San Giorgio in Russia, la Croce della Legione d’Onore Francese ecc. Queste croci di vittoria non conoscono alcun crocifisso e non hanno nulla in comune con il Golgota, oppure non è così?

Nella nostra cultura si è spezzato il concetto “dell’innocenza della violenza” del sovrano di diritto divino, attraverso, tra gli altri, due principi della tradizione cristiana. Il primo è: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Con questa saggia distinzione della tradizione giudaica, Gesù spezzò l’antica sovranità di diritto divino: il sovrano non è né Dio, né di origine divina, come fino a poco tempo fa rivendicava l’imperatore del Giappone, ma un uomo come gli altri. Il suo compitomerita rispetto, ma non gli si deve alcuna adorazione. La separazione tra la dimensione politica e quella religiosa ha, alla lunga, secolarizzato e disincantato la violenza politica. Da questo ne segue che anche l’uso del potere politico deve esse- re sottoposto al giudizio di Dio e deve essere responsabile davanti alla legge di Dio. Ogni atto di abuso politico del potere è quindi obbligato a rendere conto alla legge e al diritto. Certo, c’è sempre nella storia dell’umanità l’illegittima violenza dei più forti, ma non c’è più il diritto dei più forte. La forza politica deve essere legale e legittima,altrimenti è “nuda violenza” e deve essere contrastata in nome del diritto e della giustizia.

 

Con la separazione tra Dio e Cesare finisce l’unità religiosa fra Stato e fede. La comunità religiosa non è più un legame per tutti e la religione di Stato non ha potere di vincolare. Lo Stato diventa neutrale dal punto di vista religioso e garantisce non più il diritto di una sola religione, ma la libertà religiosa individuale e comunitaria. Questo non vuoi dire che le comunità religiose non possano parteci- pare al processo di formazione della volontà democratica. Anzi, come gli altri gruppi, hanno il diritto e il dovere di esprimersi sulle domande vitali della gente, come viene sancito nei nostri rapporti Stato- Chiesa. Ma con la vecchia religione politica finisce anche la politica religiosa. Il moderno Stato costituzionale garantisce la libertà religiosa e non si immischia nelle questioni interne delle comunità religiose. Queste devono da parte loro osservare tutte le leggi in vigore. Sacrifici di bambini, rogo delle vedove, persecuzione di eretici e uccisione di infedeli non sono permesse, e devono anzi essere punite.

 

Il secondo principio nasce dalla storia biblica della creazione. Secondo la tradizione giudaico-cristiana Dio non ha nominato un sovrano come sua immagine e rappresentanza sulla Terra, ma l’uomo: «Maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). L’orientale dignità regale e la ricchezza di immagini divine vale per ogni donna, per ogni uomo e per ogni bambino, per tutte le età. Questo principio antropologico ha avuto fino ad oggi effetti rivoluzionari ed è-diventato una pietra angolare del primo diritto umano nella Dichiarazione di indipendenza americana: «Noi riteniamo questa verità evidente di per sé, che cioè tutti gli uomini sono creati uguali». Questo è il principio di uguaglianza democratica. Se tutti gli uomini sono creati uguali, sono tutti uguali davanti al diritto. Se tutti gli uomini sono uguali e creati liberi, allora i governi e il loro potere politico sono «del popolo, dal popolo e per il popolo», come disse Abramo Lincoln nel suo indimenticabile discorso di Gettysburg.

Diritto e giustizia hanno trovato la loro attuale espressione nelle Dichiarazioni dei diritti umani (1948, 1966). Oggi appare chiaro che ogni essere umano non è solo uomo o donna, nero o bianco, tedesco o cinese, cristiano o musulmano, ma soprattutto un essere appartenente al genere umano e quindi portatore di uguali diritti umani, inalienabili e indistruttibili. Oggi ci si deve decidere per il riconoscimento e l’affermarsi di questi diritti umani per tutti e per ogni uomo: se i popoli, le culture, gli uomini, le donne, i gruppi religiosi vogliono crescere insieme in una comunità mondiale oppure annullarsi reciprocamente e distruggere insieme la vita su questo pianeta.

 

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https://rivista.vitaepensiero.it//news-dallarchivio-il-terrorismo-la-pace-e-i-draghi-del-xxi-secolo-6024.html

“Nel 2003 pubblicavamo – così la rivista dell’Università Gemelli di Milano ripropone la lettura di un contributo di assoluto rilievo – questa riflessione del teologo J. Moltmann: lamore per il nemico non è utopia, è assunzione di responsabilità verso la vita di tutti. Anche se in parte legato alloccasione, il testo è molto attuale. Da meditare”.

 

 

 

 

La violenza si presenta come un fenomeno molteplice: c’è quella quotidiana nelle relazioni reciproche fra gli uomini e le creature più deboli, quella contro i bambini, contro le donne, contro i disabili, contro gli animali; ci sono le molestie sul posto di lavoro, le brutalità fisiche, le crudeltà psichiche e molte altre ancora.

 

Mi limito qui a quella violenza che nasce dalla domanda “guerra o pace”. Distinguo fra “violenza” e “potere” o “forza”. Con il termine violenza intendo l’impiego ingiustificato della coercizione. Parliamo in questo senso anche di violenza bruta, violenza fuori legge e tirannia. Con il termine potere intendiamo la minaccia legittima e l’uso della coercizione attraverso il diritto e la giustizia. Intendiamo però con il potere molto più che il superamento non violento dei conflitti: il potere della comprensione, della riconciliazione, dell’amore, della vita.

 

La vita stessa si distingue fra violenza e forza. La violenza ha a che fare con l’offesa alla vita e in fondo sempre con la morte. La forza della vita al contrario consiste nella vita e nelle forze dell’affermazione della vita. Il potere è buono, come potremmo altrimenti affermare che Dio è onnipotente? La violenza è quindi la perversione della forza vitale attraverso la pulsione alla morte. Può esistere, questa è la nostra domanda fondamentale, una conversione della violenza della morte al potere della vita?

Che cosa ha a che fare il cristianesimo con la forza e la violenza in questo senso? Se entriamo in una chiesa, per esempio la chiesa collegiale di Tubinga, vi ascoltiamo il vangelo della pace e siamo salutati e benedetti con la pace di Dio. «Beati i pacifici» dice Gesù nel sermone della montagna «perché sarete chiamati figli di Dio». Che ha a che fare Gesù con la violenza? «Rimetti la tua spada nel fodero» dice a Pietro «perché chi di spada ferisce di spada perisce» (Mt 26,52). Non troviamo forse nel sermone della montagna le indica- zioni per una vita non violenta e per servire la pace? Non sta forse al centro dell’adorazione cristiana di Dio l’inerme bambino nella mangiatoia e l’impotente uomo sulla croce? Non c’è forse una radicale messa in questione ed il rifiuto di ogni violenza in questo mondo con la fede nella presenza di Dio in Gesù? O abbiamo forse tralasciato qualcosa?

 

Poi, quando usciamo dalla chiesa collegiale di Tubinga, ci troviamo sulla piazza del mercato davanti ad una colonna: rappresenta San Giorgio che uccide il drago con la sua lancia. Davanti a tutte le chiese di San Giorgio e di San Michele Arcangelo della cristianità ci sono questi uccisori di draghi; o è San Giorgio che uccide il drago terrestre o è l’arcangelo Michele che schiaccia nel cielo il drago apocalittico, l’antico serpente, il Satana, il Principe di questo mondo (Ap 12,7-9). A differenza della Cina, il drago nell’Occidente è il simbolo del male, della brutalità, del veleno puzzolente e dell’intollerabile ripugnanza. Nel Sacro Romano Impero, dopo gli imperatori cristiani Teodosio e Giustiniano, il drago viene definito come nemico di Dio e nemico dell’Impero. I nemici della fede sono nemici dello Stato e devono essere uccisi come il drago. San Giorgio da martire cristiano è diventato il difensore del Sacro Impero, e l’arcangelo Michele l’angelo protettore del Regno Santo. ll primo uccide il male terreno, l’altro il male ultraterreno. Uccidono spietati e con grande violenza. Ottone I vinse i pagani ungheresi nel 955 ad Asburgo sotto la bandiera di Michele uccisore del drago celeste. Dai confini del Sacro Impero, dal Mont Saint-Michel in Normandia fino al Monte Sant’Angelo nel Gargano nell’Italia meridionale, erano questi i luoghi di pellegrinaggio dell’Impero cristiano.

 

 

Come si è arrivati a questa contraddizione fra il messaggio di pace di Gesù e la cristiana battaglia di draghi in cielo e in terra?

 

Dal Sacro Romano Impero allo Stato moderno

Come può essere stabilito storicamente, con la cosiddetta “svolta costantiniana” si è attuato il passaggio da una Chiesa inerme e perseguitata ad una religione “autorizzata” nell’Impero romano ed infine alla religione dominante nell’Impero cristiano. La “pace romana” cominciata dall’imperatore Augusto e che l’imperatore Costantino pretendeva di aver portato a completamento, venne fusa insieme alla “pace di Cristo”. L’Impero romano assunse la forma del millenario regno di Cristo, e doveva raggiungere i confini della terra e la fine dei tempi. Non più Ponzio Pilato che aveva fatto soffrire e crocifisso Gesù, ma Augusto che, come Luca narra nel racconto di Natale, attraverso la prima tassazione che aveva imposto ai contribuenti dell’Impero romano, collegava ora la fede cristiana con i] potere politico. Così Roma, perso il suo carattere antidivino e anticristiano (Ap 13), divenne un potere storico santo per estendere il Regno di Cristo sulla terra. Da città apocalittica, Roma divenne la città eterna, e da allora ogni anno nella benedizione urbi et orbi si manifesta come il centro del mondo.

Il segno della croce di Costantino divenne il segno dei campi di battaglia dell’impero cristiano e della sua propagazione. Così Ferdinando Cortes, con la bandiera della croce e con questa promessa, nel 1521 chiamò i suoi all’assalto della capitale atzeca Technochtitlan: su queste macerie fu costruita la cristiana Città del Messico; Crociati, Cavalieri di San Giorgio, Cavalieri Templari e altri conquistatori portavano questa croce nelle terre dei pagani. Essa si trova anche nelle onorificenze e nelle bandiere di tutte le nazioni cristiane, la Croce di ferro in Germania, la Croce di Vittoria in Inghilterra, la Croce di San Giorgio in Russia, la Croce della Legione d’Onore Francese ecc. Queste croci di vittoria non conoscono alcun crocifisso e non hanno nulla in comune con il Golgota, oppure non è così?

Nella nostra cultura si è spezzato il concetto “dell’innocenza della violenza” del sovrano di diritto divino, attraverso, tra gli altri, due principi della tradizione cristiana. Il primo è: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Con questa saggia distinzione della tradizione giudaica, Gesù spezzò l’antica sovranità di diritto divino: il sovrano non è né Dio, né di origine divina, come fino a poco tempo fa rivendicava l’imperatore del Giappone, ma un uomo come gli altri. Il suo compitomerita rispetto, ma non gli si deve alcuna adorazione. La separazione tra la dimensione politica e quella religiosa ha, alla lunga, secolarizzato e disincantato la violenza politica. Da questo ne segue che anche l’uso del potere politico deve esse- re sottoposto al giudizio di Dio e deve essere responsabile davanti alla legge di Dio. Ogni atto di abuso politico del potere è quindi obbligato a rendere conto alla legge e al diritto. Certo, c’è sempre nella storia dell’umanità l’illegittima violenza dei più forti, ma non c’è più il diritto dei più forte. La forza politica deve essere legale e legittima,altrimenti è “nuda violenza” e deve essere contrastata in nome del diritto e della giustizia.

 

Con la separazione tra Dio e Cesare finisce l’unità religiosa fra Stato e fede. La comunità religiosa non è più un legame per tutti e la religione di Stato non ha potere di vincolare. Lo Stato diventa neutrale dal punto di vista religioso e garantisce non più il diritto di una sola religione, ma la libertà religiosa individuale e comunitaria. Questo non vuoi dire che le comunità religiose non possano parteci- pare al processo di formazione della volontà democratica. Anzi, come gli altri gruppi, hanno il diritto e il dovere di esprimersi sulle domande vitali della gente, come viene sancito nei nostri rapporti Stato- Chiesa. Ma con la vecchia religione politica finisce anche la politica religiosa. Il moderno Stato costituzionale garantisce la libertà religiosa e non si immischia nelle questioni interne delle comunità religiose. Queste devono da parte loro osservare tutte le leggi in vigore. Sacrifici di bambini, rogo delle vedove, persecuzione di eretici e uccisione di infedeli non sono permesse, e devono anzi essere punite.

 

Il secondo principio nasce dalla storia biblica della creazione. Secondo la tradizione giudaico-cristiana Dio non ha nominato un sovrano come sua immagine e rappresentanza sulla Terra, ma l’uomo: «Maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). L’orientale dignità regale e la ricchezza di immagini divine vale per ogni donna, per ogni uomo e per ogni bambino, per tutte le età. Questo principio antropologico ha avuto fino ad oggi effetti rivoluzionari ed è-diventato una pietra angolare del primo diritto umano nella Dichiarazione di indipendenza americana: «Noi riteniamo questa verità evidente di per sé, che cioè tutti gli uomini sono creati uguali». Questo è il principio di uguaglianza democratica. Se tutti gli uomini sono creati uguali, sono tutti uguali davanti al diritto. Se tutti gli uomini sono uguali e creati liberi, allora i governi e il loro potere politico sono «del popolo, dal popolo e per il popolo», come disse Abramo Lincoln nel suo indimenticabile discorso di Gettysburg.

Diritto e giustizia hanno trovato la loro attuale espressione nelle Dichiarazioni dei diritti umani (1948, 1966). Oggi appare chiaro che ogni essere umano non è solo uomo o donna, nero o bianco, tedesco o cinese, cristiano o musulmano, ma soprattutto un essere appartenente al genere umano e quindi portatore di uguali diritti umani, inalienabili e indistruttibili. Oggi ci si deve decidere per il riconoscimento e l’affermarsi di questi diritti umani per tutti e per ogni uomo: se i popoli, le culture, gli uomini, le donne, i gruppi religiosi vogliono crescere insieme in una comunità mondiale oppure annullarsi reciprocamente e distruggere insieme la vita su questo pianeta.

 

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