Il Vangelo secondo Jack Kerouac

Pubblichiamo la recensione che appare sul numero 14 di “Abitare nella possibilità”, una newsletter de “La Civiltà Cattolica”, a riguardo del recente saggio di Luca Miele (Edizioni Claudiana). La postfazione è di Antonio Spadaro S.I., direttore della prestigiosa rivista quindicinale dei gesuiti.

 

Claudio Zonta S.I.

 

Il Vangelo secondo Jack Kerouac di Luca Miele è un’attenta lettura dell’opera del celebre padre della beat generation. Ma se Kerouac è famoso soprattutto per l’ideale di libertà dalle strette convenzioni sociali americane, la ribellione al sistema, soprattutto nel suo romanzo più celebre On The Road, Luca Miele si sofferma sulle tracce della presenza di Dio nei suoi scritti.

 

Dalla parola scritta risulta un Kerouac alla ricerca di una profonda relazione con un Dio che, tuttavia, risulta sempre in continua definizione, in una febbrile e tenace dinamica fatta di lotte, di contrasti, di domande che non possiedono mai una risposta definitiva. Dirà l’autore: «La battaglia con e contro la parola, la sua incapacità di scrivere Dio. Tutta la vita dello scrittore è assorbita da questo combattimento, ritmata dai suoi slanci e dai suoi fallimenti, vulnerata dalla sua impossibilità».

 

Per lo scrittore americano due sono i poli entro cui cercare la presenza di Dio: la parola e il silenzio. La presenza di Dio può divenire apofatica, per negazione, oppure talmente diafana da essere abbagliante: «Dio è sospeso perennemente tra rivelazione e nascondimento» e il volto di Dio può risplendere «in un angolo di strada o di un albero o in qualsiasi altra cosa».

 

È un Dio che sembra nascondersi nelle pieghe e nelle piaghe delle esistenze dei personaggi on the road descritti da Kerouac, che spesso cadono sotto il peso delle proprie scelte, dei propri errori, in questo procedere spesso a tentoni tra il buio delle notti dell’animo. E di fronte al dolore Kerouac innalza una preghiera: «Tutte le notti continuo a chiedere al Signore, “Perché?” e ancora non ho avuto una risposta decente». Ma la risposta resta anch’essa on the road, lungo quella strada dove sacro e dannazione s’incontrano e si contendono l’animo dell’essere umano.

 

E allora, scorrendo le pagine di questa lettura alternativa che Luca Miele fa dell’opera dello scrittore americano, ci accorgiamo quanto la parola sia performativa di una ricerca incessante, che si continua a scontrare con i dubbi e le questioni più profonde dell’essere umano. Dagli scritti di Kerouac si intravvede una tentennante e balbuziente risposta, ma soprattutto si intuisce come Dio percorra le stesse strade dell’uomo, benedicendo l’esistenza, anche quella più compromessa, forse perché beat è un modo di essere che appartiene a Dio stesso… perché: «beat non significa stanco o abbattuto quanto piuttosto beato… come San Francesco, cercando di amare tutte le forme di vita… praticando la tolleranza, la gentilezza, coltivando la gioia nel cuore».

 

Per saperne di più

https://mailchi.mp/laciviltacattolica.it/anp142021?e=1b51217268