In Europa si confrontano linee diverse su sistemi politici e modelli sociali

Macron e i “liberal” diffidano dell'autocrazia e dei regimi sovranisti, ovvero del fantasma dell’Europa dei conservatori.Quella della Meloni appare la ricerca di una rivincita sulla storia del Novecento. In realtà, l’Occidente vive una transizione verso l’ignoto.

Guido Bodrato

Nell’autunno del 2002, se ricordo bene, ho commentato un confronto sull’Europa, allora alle soglie dell’allargamento dei suoi confini ad Est, tra Letta e Caracciolo: il primo ottimista sull’avvenire dell’Europa di Maastricht e dell’Euro, il secondo dubbioso, se non critico e pessimista, sul futuro dell’Europa politica. Letta attendeva la vittoria del sogno federalista, del primato delle istituzioni europee – Commissione e Parlamento di Strasburgo – sul potere del Consiglio dei governi. Caracciolo temeva che, con l’allargamento dell’Unione ad Est, si sarebbero allentati i vincoli comunitari.

Sono passati più di vent’anni. Il Parlamento di Strasburgo continua ad applaudire tutto ciò che evoca il sogno federalista; ma Letta – in ritorno a Parigi dopo il tramonto dell’avventura del Pd – sa che questo Parlamento europeo, e ciò che sopravvive alle tradizionali famiglie della Comunità dei padri fondatori, dovranno ormai lavorare per la costruzione di una Confederazione, cioè di una Europa che resista alle tentazioni sovraniste, e al fatto che l’Europa di Zalenscky è ormai un’area politica con confini sempre più incerti e con pilastri (economici e politici) sempre più affidati ad alcuni paesi (Germania e Francia). Questidebbono competere con l’egemonia economica e politica degli Stati Uniti, i quali a loro volta sono impegnati in una sfida senza regole con imperi continentali (Russia e Cina) che stanno vivendo una transizione da un secolo ad unaltro secolo. Niente dura sempre.

E Caracciolo quest’oggi [ieri per chi legge, ndr] si pone su “La Stampa” domande – non solo di politica internazionale – ancora senza risposte. Che però, se posso azzardare una riflessione, mettono a confronto la strategia di Macron, comunque post-gollista, con quella di Giorgia Meloni, che pensa invece ad un rilancio in Europa del modello gollista, di un regime autoritario su cui costruire “l’Europa dei conservatori”dopo quella del compromesso social-popolare (riformista) che ha retto per quasi settant’anni, ma ora è messo in discussione proprio dall’allargamento, vale a dire dal suo apparente successo.  

Questa sarebbe la causa “politica” del contrasto tra Meloni e Macron, secondo i Fratelli d’Italia. Il conflitto contro Putin per Macron sarebbe in qualche modo una battaglia per la libertà degli europei, contro un’autocrazia orientale, illiberale; quella che la Meloni sostiene (dall’alto delle autorevoli spalle di Biden?) appare invece la ricerca di una rivincita sulla storia del Novecento, in un conflitto tra armate che si era imposto come guerra di civiltà tra opposti regimi nell’inverno del ‘45…con la battaglia di Leningrado.

Una provocazione? Eppure, Macron e i “liberal” diffidano dell’autocrazia e dei regimi sovranisti, ovvero del fantasma dell’Europa dei conservatori. Perché? Anche dallo scioglimento di nodi dimenticati, dal modo di ripensarli, può dipendere il futuro dell’Europa.

Di questo, a porte chiuse, Parigi e Berlino sembrano discutere; mentre anche l’America liberal sta ridiscutendo le debolezze della sua radice democratica, per archiviare e dimenticare l’incubo Trump e fare rivivere i principi di una rivoluzione liberale che la globalizzazione dell’economia e una rivoluzione post-industriale stanno mettendo alla prova, poiché con la competitività dei diversi sistemi economici crescono anche le diseguaglianze sociali e crescono i contrasti. Viviamo un tempo che rinnova  anche in Europa il confronto tra sistemi politici, tra modelli di società. Anche a questa transizione verso l’ignoto, dovremmo pensare poiché tutto si tiene, soprattutto in democrazia, dove contano il consenso e la trasparenza.

[Il testo è tratto dalla pagina Facebook dell’autore]