In Sardegna vince il centrodestra. Il Pd? Serve una nuova alleanza democratica

In Sardegna vince l'alleanza che un tempo aveva Berlusconi come principe assoluto.

Articolo già apparso sulle pagine di www.huffingtonpost.it

In Sardegna vince l’alleanza che un tempo aveva Berlusconi come principe assoluto. Oggi lo scettro del comando è passato a Salvini, impegnato a governare assieme ai Cinque Stelle, eppure in perfetta sintonia, nei Comuni e nelle Regioni, con i vecchi partner di centrodestra. Questa anomalia alla lunga non può durare.

Se osserviamo il quadro che emerge dall’Isola, possiamo ricavare alcune indicazioni utili. Sebbene divisi sul territorio, M5S e Lega hanno sempre ottenuto, come pura somma numerica, la maggioranza dei consensi. Finora è andata così. Stavolta invece i due partiti di governo, affiancati in via ipotetica, raggiungono a mala pena un quarto dei voti.

Non è un fatto banale. Sì è votato per la Regione, ma l’elettorato comunque ha sancito una bocciatura di questa stramba dinamica – tra centro e periferia – dei partiti attualmente alla guida della nazione. Al di là dei sondaggi, il dato elettorale non permette di rintracciare un “blocco di maggioranza” in grado virtualmente d’imporsi malgrado le divisioni sul territorio.

Che dire, sul fronte opposto, del risultato del Pd? È vero, una tenuta elettorale si può registrare. Non siamo al tracollo annunciato, alla pratica liquidazione di un progetto ambizioso, nato nel 2007, sebbene i problemi rimangano e siano davvero grandi. L’illusione che il crollo del M5S giovi al Pd s’infrange sugli scogli dell’aritmetica elettorale. Evidentemente la proposta dei riformisti risulta tuttora alle prese con un deficit di credibilità.

Se l’alleanza prefigurata dal Pd vuole essere la riproposizione di un accordo – sempre seduttivo per gli ex “giovani comunisti” – tra sinistra riformista e sinistra radicale, non credo abbia successo lo sforzo di riorganizzazione sottoposto al vaglio degli elettori delle primarie. Esiste una questione, per la quale si scomoda alle volte l’ipotetico “partito dei Vescovi” o meglio il risorgente “partito cattolico”, in concreto riguardante lo spazio ora vuoto del Centro.

Si tratta, allora, di capire e conseguentemente studiare una strategia che riporti in campo aperto una funzione politica equilibrante, capace di rendere operativa e credibile una nuova alleanza democratica, nuova soprattutto nel modo di concepire la collaborazione tra centro e sinistra. Il Pd ha questo compito, altrimenti non risponde alla sua originaria ambizione. E può morire.