Diversi organi d’informazione riportano la notizia che riporta i dettagli della selezione dell’App – sembra però che non si tratti di una sola App – destinata a fungere da strumento di controllo e contenimento del rischio contagio da coronavirus.

Sulle 319 proposte avanzate, ne sono state scelte due dalla task force, con a capo Walter Ricciardi, istituita dal Ministero dell’Innovazione lo scorso 31 marzo. Saltate le tappe intermedie, come ad esempio le interviste alle singole aziende, si è pronti per la scelta definitiva. È dunque da credere che le carte abbiano offerto elementi attendibili per arrivare alla individuazione delle migliori offerte. In sostanza, malgrado l’esiguo spazio riservato nei moduli (un centinaio di parole) alla illustrazione dei progetti, è risultato superfluo qualsiasi approfondimento attraverso verifiche dirette e specifiche.

L’urgenza, per qualche verso, giustifica tutto. Occorre però rilevare che l’Europa si era mossa già prima del Governo italiano. Infatti, la Commissione per l’Innovazione e la ricerca, presieduta dalla bulgara Mariya Gabriel, aveva lanciato una call – in base al programma EIC – con scadenza al 20 marzo (invece la data stabilita nel bando del Governo italiano era quella del 26 marzo). Poi il 27 marzo, con un tweet, la Gabriel comunicava la sua soddisfazione per il fatto che oltre 1000 società avevano presentato “idee per la battaglia contro il covid-19”.

Al riguardo si precisava che verranno eseguite interviste – in Europa evidentemente questa procedura è considerata essenziale anche se i moduli riservavano 30 pagine alle illustrazioni  – per giungere rapidamente ai risultati definitivi intorno a metà mese.

Dunque, se le anticipazioni della stampa non fossero smentite dai fatti, le autorità italiane sí troverebbero nella condizione di  partire con un mese circa di anticipo su quanto previsto dalla Commissione europea. Ma partire come?

Tralasciamo la questione delle interviste. In realtà, senza un qualche coordinamento si rischia comunque di complicare le cose. Ieri ne hanno discusso la Gabriel e il nostro ministro, l’ex assessore di Torino Paola Pisano. Al momento non è dato sapere neppure se le due società italiane, in procinto di ottenere l’imprimatur del governo, abbiano partecipato al bando europeo. Per altro, quest’ultimo non è finalizzato ad assegnare un incarico operativo, ma a sostenere la diffusione dei migliori progetti, anche e soprattutto perché ne siano “sfruttati” i contenuti tecnologici in una logica di condivisione della ricerca.

Non era più semplice, allora, che il Governo italiano chiedesse alla Commissione di accelerare le procedure, piuttosto che emanare un bando alla cieca, senza raccordo con l’iniziativa europea? Tutto ciò rimanda, del resto, alle linee guida assegnate alla task force di Ricciardi per le quali conta, come recita il punto c, la “analisi e individuazione del quadro normativo di riferimento nazionale ed europeo e ricostruzione comparativa delle soluzioni adottate in altri ordinamenti, nel contesto Ue ed extra Ue”.

Emergono pertanto palesi contraddizioni. Da una parte l’Italia invoca solidarietà e si batte per una maggiore integrazione nel quadro UE, dall’altro agisce in modalità autarchica, tanto da far dubitare di questa esibita volontà europeistica. E tanto, infine, da suscitare perplessità circa la necessaria coerenza tra le premesse e lo svolgimento delle proprie azioni amministrative. L’augurio è che queste contraddizioni non diano luogo a un pasticcio inammissibile.