Non c’è solo la crisi dell’ex ILVA che deve preoccupare l’economia del Paese. C’è anche la difficilissima situazione industriale di ALITALIA e i problemi che potrebbero insorgere con la fusione di FCA e la francese PEUGEOT.

A ciò bisogna aggiungere la grande crisi della politica industriale i cui risultati si vedono un po’ ovunque. I responsabili politici avrebbero dovuto fare più investimenti. Ma il nostro Paese non ha fatto quasi niente per evitare che un po’ alla volta la propria politica industriale venisse fatta a pezzi. Quindi non c’è molto da stupirsi se nella vicenda ILVA sia scritta buona parte della nostra storia industriale recente.

Certamente ancora oggi siamo la seconda manifattura d’Europa. Siamo un Paese che ha saputo arrangiarsi in questi anni, ma alla fine pezzi di industria sono stati messi all’asta nelle mani delle multinazionali. A tutto ciò bisogna aggiungere la mancanza di investimenti e la sottovalutazione dei problemi. Da diverso tempo le rappresentanti sindacali e della Confindustria non hanno un interlocutore davanti. E se lo hanno avuto, non ha saputo fare della buona politica.

E il risultato è che l’Italia sta diventando un inferno. Un inferno soprattutto fiscale, dove le imprese e i lavoratori pagano una quantità di tasse enorme  e sono soffocate dalla burocrazia che frena non poco le loro attività. Purtroppo stiamo pagando una politica assente, senza proposte, senza progetti, che insegue promesse e che, ripeto, non fa investimenti.

Il Paese si preoccupa degli immigrati ma non si preoccupa delle migliaia di giovani che invece se ne vanno dall’Italia. Gli stessi sindacati sono sulla difensiva mentre il mondo imprenditoriale sta sciogliendo le righe e ognuno se ne va dove vuole, lontano dall’Italia.

E di fronte a questa triste situazione, l’ILVA è lo specchio di quanto è sotto gli occhi di tutti. Nella maniera più totale e clamorosa. L’ILVA è il più grande stabilimento d’Europa ed è chiaro come il sole che oggi nell’epoca della globalizzazione ci sono aziende che comprano il marchio ma chiudono l’azienda. Su queste operazioni bisogna avere gli occhi aperti, è successo anche nell’industria alimentare non solo nell’acciaio. Su Taranto, purtroppo, è mancata una visione politica in grado di evitare che si arrivasse a questo.

Oggi, c’è il bisogno di reagire e agire, affrontare di petto il problema perché siamo sul precipizio. È  assurdo andare avanti così, dando retta a chi voleva fare dell’ILVA una specie di Disneyland.

La condizione per sperare di uscire dal tunnel negativo in cui l’economia si trova, è che questo Governo cominci a misurarsi su progetti veri, abbandonando i tweet e pensando a grandi piani per il futuro. Pensare in grande, senza stare a rincorrere le crisi quando il danno è già stato fatto.