Il rischio è che alla fine la Conferenza si riveli una passerella alquanto indisponente, utilizzata da qualche politico e non uno strumento di reale approfondimento dei temi, di reale partecipazione popolare e di reale proposta agli esecutivi. Serve un impegno più marcato delle forze politiche europeiste.

La provocazione polacca sulla primazia nazionale rispetto a quella comunitaria, così come la richiesta di molti Paesi membri di erigere muri a chiusura di ogni possibile accesso via terra in Europa di migranti provenienti dall’est, hanno ricordato alla UE quanto precario sia tuttora il suo assetto nonostante i recenti successi in tema di contrasto alla pandemia e ai suoi devastanti effetti economici (piano vaccinale e piano Next Generation EU).

La cosa accade però nel mezzo di una “Conferenza sul futuro dell’Europa” che dovrebbe esattamente affrontare alcune questioni di fondo giungendo a “fornire orientamenti” che poi Parlamento, Consiglio e Commissione si sono impegnati a considerare concretamente, dando ad essi un seguito istituzionale. La Conferenza attraverso una piattaforma online dovrebbe ascoltare i cittadini europei, i loro suggerimenti, le loro opinioni.

Al di là della grande fiducia nell’utilizzo di questo strumento da parte di una massa di europei che in realtà non sono minimamente informati né dell’esistenza della Conferenza, né tanto meno di quella della piattaforma informatica (ed infatti i numeri della partecipazione ad oggi sono molto bassi, se non ridicoli), il punto vero è se le forze politiche e i Governi hanno realmente intenzione di ragionare sul “futuro dell’Europa”. Se è così, allora la Conferenza può essere un’opportunità, ma il tempo stringe poiché ha avuto inizio lo scorso 9 maggio (e dunque sono trascorsi già cinque mesi) e dovrà terminare i suoi lavori non oltre la prossima primavera, quando la Presidenza di turno sarà francese. 

Il dubbio però (già esposto su queste colonne a suo tempo) è che sotto l’idea generale non ci sia molto, se non addirittura nulla. Altrimenti avremmo assistito ad un forte impegno non solo comunicativo e informativo da parte dei governi (che invece non c’è stato) ma pure contenutistico (parimenti debole, ad oggi) in quanto è evidente che gli eventi accaduti intorno a noi (dalla pandemia alla evidenziazione in chiaro della nuova strategia geopolitica americana) pongono ormai all’Unione questioni vitali che non possono più essere accantonate e non valutate, né discusse.

Si pensi solo al tema dell’esercito europeo, del quale si è parlato molto in queste settimane. Che reca con sé – e questo invece lo si è detto molto poco – quello, ancora più rilevante della politica estera comune: sarebbe certo interessante conoscere l’opinione dei cittadini, almeno in linea generale. Tanto più che secondo una recente rilevazione (Eurobarometro) la fiducia nella UE quest’anno è cresciuta sensibilmente e quindi sarebbe interessante sapere se questa si traduce in una possibile spinta verso iniziative politiche di tal portata.

Ma come può aversi tale informazione, utilissima, se di fatto i cittadini europei non sono, nella loro stragrande maggioranza, realmente informati circa l’esistenza e gli obiettivi della Conferenza? Dunque il rischio che alla fine la Conferenza stessa si riveli una passerella alquanto indisponente utilizzata da qualche politico e non uno strumento di reale approfondimento dei temi, di reale partecipazione popolare, di reale proposta agli esecutivi, è reale. Bisognerebbe aspettarsi, allora, che almeno i partiti politici si facciano promotori di questa necessaria opera di comunicazione presso i cittadini. Ma al momento non vi è traccia in tal senso. L’ennesima occasione perduta?