Una forza d’intervento europea a guida sovranazionale consentirebbe nella difesa sinergie e risparmi impressionanti, derivanti dal superamento di 27 strutture militari nazionali autonome e indipendenti. 

Alternativamente, luci e ombre si proiettano sulla costruzione europea. Dopo un avvio timido, la campagna vaccinale sta conseguendo qui risultati migliori che in ogni altra parte del globo; il Next Generation UE si propone come un intervento di straordinario rilievo comunitario per affrontare con vigore i danni economici causati dalla pandemia. Per contro, la vicenda del ritiro delle truppe occidentali dall’Afghanistan ha dimostrato quanto evanescente sia il peso politico europeo nei confronti dell’alleato americano; e le successive, immediate discussioni e prese di posizione ostili a un qualsiasi impegno sul fronte profughi hanno confermato sia la distanza sempre crescente fra occidente e oriente continentale sia la permanenza di gretti nazionalismi e avari atteggiamenti insensibili a quei valori di solidarietà e rispetto della dignità umana che pure l’Europa proclama fra quelli suoi fondativi.

Nel frattempo, come facilmente prevedibile, la Conferenza sul futuro dell’Europa (avviata lo scorso 9 maggio) è già sparita dai radar del sistema mediatico, rimanendo confinata a quanti istituzionalmente ne fanno parte e non intercettando se non marginalmente quei cittadini del continente che pure sono ad essa invitati attraverso uno strumento partecipativo in realtà più atto a far sapere d’essere previsto che ad essere utilizzato realmente.

Resta il fatto, ad ogni modo, che la Conferenza è aperta e qualche risultato sarebbe bene lo producesse. Ad esempio, al di là dei suoi vincoli e limiti, ponendo sul tavolo politico dei governi e dei parlamenti nazionali, le vere questioni che la UE a questo punto deve affrontare per davvero.

In questi giorni, giustamente, si sta molto parlando di difesa unica europea. A conferma, sia detto qui solo per inciso, che gli statisti di livello superiore si rivelano tali anche nel giudizio postumo della cronaca, e non solo della Storia. La Comunità Europea di Difesa (CED) immaginata quasi 70 anni fa da Alcide De Gasperi a cosa altro rispondeva se non ad evitare ulteriori conflitti fra gli europei, da un lato, e, dall’altro, a unirli e renderli autonomi anche dagli americani? 

Comunque, tornando all’oggi: una forza d’intervento europea a guida sovranazionale consentirebbe sinergie e risparmi impressionanti, derivanti dal superamento di 27 strutture militari nazionali autonome e indipendenti. Certo, occorrerebbe un qualche accordo di cooperazione con la Gran Bretagna, che ha di gran lunga la forza militare maggiore e che però geograficamente è accomunata al continente dalla più parte dei temi di natura geopolitica. Anche perché la “special relationship” con Washington non è più quella d’una volta, al contrario di quanto raccontassero superficialmente i Brexiters, a cominciare dal loro leader Boris Johnson. Certo, occorrerebbe che la Francia – unica potenza nucleare UE e membro permanente del Consiglio di Sicurezza ONU – si assumesse le proprie responsabilità in quanto Paese fondamentale dell’Unione, dismettendo un approccio da grandeur nazionalistica che fatica a dimenticare. E già così si comprende quanto l’impresa sarà ardua…se non impossibile.

Eppure, senza una capacità di intervento diretto nelle crisi regionali a noi più vicine saranno altri a farlo e di sicuro per il loro interesse e non per il nostro. Come si sta vedendo con la crescente presenza mediterranea di Russia e Turchia, con la crescente presenza cinese in Africa, con la crescente pressione di Mosca sull’Ucraina.

Ovviamente senza una sostanziale unità politica (che comporta, è evidente, una comune e condivisa politica estera) nulla sarà possibile nel campo della difesa europea. La questione prima che finanziaria è politica. Una grande ed epocale questione politica. Ecco, se la Conferenza sapesse porla con la dovuta nettezza, sarebbe servita a qualcosa.

Anche, giova sottolinearlo, a chiarire meglio i rapporti intracomunitari fra ovest ed est continentale. I paesi che furono sotto il giogo sovietico è noto che preferiscono l’ombrello americano ad un ipotetico ombrello protettivo europeo, che non esiste e non vogliono. Ora, il ritrarsi statunitense potrebbe rafforzare – senza una adeguata proposta politica dell’Unione – le tentazioni cinesi dei medesimi, già concretamente riscontrabili nel disegno commerciale sottostante il Gruppo dei 17 + 1 (dove i 17 sono paesi balcanici e dell’est europeo e l’1 è la Cina). E’ tempo di giocare a carte scoperte. E’ tempo di una Europa adulta.