LA DITTATURA RUSSA DALLE CONDANNE FACILI

La testimonianza di Ilya Yashin, storico oppositore di Putin, ha incrociato la dura reazione dal Cremlino. La verità dello Zar ha bisogno d’imporsi con la forza.

 

Ilya Yashin, il politico dell’opposizione russo condannato a otto anni e mezzo di carcere da un tribunale di Mosca la scorsa settimana per essersi espresso contro il massacro di civili dell’esercito russo a Bucha, è un volto noto nella politica russa, ma rimane poco conosciuto a livello internazionale.
Nato a Mosca nel 1983, Yashin ha iniziato la sua carriera politica nel 2000 quando si è unito a Yabloko, un partito liberale allora rappresentato alla Duma, unica grande fazione ad essersi opposta alla seconda guerra cecena. Si descrive come “un liberale normale, europeo, di sinistra”. È un liberale in senso russo: vuole vedere il suo paese diventare una democrazia costituzionale modellata sui valori europei dove lo stato di diritto è rispettato.
Nel 2008, ha co-fondato Solidarnost, un movimento che ha ottenuto il sostegno di Boris Nemtsov, allora uno dei più importanti leader dell’opposizione russa.
Nel 2011 Solidarnost ha organizzato una manifestazione a Mosca per protestare contro i brogli nelle recenti elezioni legislative. L’evento è stato un successo inaspettato, dando il via a quello che è diventato noto come il movimento For Free Elections, il più importante ciclo di protesta durante il governo di Putin fino ad oggi.
Dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio sapeva che le autorità sarebbero venute a prenderlo.
Le ultime parole di Yashin in tribunale sono state incrollabili: “Fai quello che devi, qualunque cosa accada. Quando sono iniziate le ostilità, non ho dubitato di cosa avrei dovuto fare nemmeno per un secondo. Devo restare in Russia, devo dire la verità a voce alta”.
In un post condiviso sul suo canale Telegram, Yashin ha esortato i suoi sostenitori a continuare a opporsi alla guerra, sostenendo che con questa sentenza le autorità russe stiano solo dimostrando la loro debolezza. La condanna è stata commentata anche dal principale oppositore politico di Putin, Alexei Navalny, che è un vecchio amico di Yashin ed è in carcere dal gennaio del 2021. In un post sul suo profilo Twitter, gestito dai suoi collaboratori, Navalny ha definito la condanna «senza vergogna e illegale».
Ma in Russia non è consentito avere altra verità se non quella dello Zar.