LA DIVERSITÀ MORALE È STATA UN’ARMA CHE I COMUNISTI HANNO BRANDITO, ANDANDO FUORI MISURA.

Solo attraverso un metodo laico e profondamente democratico sarà possibile ripristinare un corretto e trasparente confronto politico, culturale e parlamentare. Senza più accampare ridicole e grottesche superiorità e diversità di qualsiasi genere siano.

 

Stiamo assistendo in questi giorni ad una sceneggiata, seppur comprensibile, ma decisamente imbarazzante. Ovvero, per uscire dalla metafora, vecchi e nuovi dirigenti della sinistra ex e post comunista fingono, per l’ennesima volta, di conoscere poco o per nulla i “compagni” che sono finiti nei guai giudiziari e, soprattutto, cadono dal pero nell’apprendere che anche a sinistra – come avviene da molto tempo – c’è una plateale e gigantesca “questione morale”. Una “questione morale” che, per l’ennesima volta e di fronte alla quale ci si volge dall’altra parte pensando che, così facendo, prima o poi l’uragano finisce e si può continuare tranquillamente la predica sulla “diversità” etica e morale della sinistra rispetto agli avversari politici.

Ora, forse, è giunto definitivamente il momento di pronunciare un punto a capo, sempre in punta di piedi e con il dovuto rispetto per tutti gli attori politici in campo. E cioè, nessuno – ma proprio nessuno – può continuare a rivendicare la sua “diversità” etica e morale rispetto a chicchessia. E non lo può più fare a maggior ragione la sinistra, essendo proprio la sinistra comunista, post ed ex comunista, la componente più autorevole chiamata in causa. Anche perchè la continua e persistente rivendicazione della diversità morale è riconducibile esclusivamente al mondo della sinistra, seppur nelle sue multiformi espressioni. Dalla sinistra politica a quella culturale, da quella televisiva – con i suoi vari conduttori e tele predicatori – a quella culturale, da quella accademica a quella salottiera e alto borghese. Un filo rosso che lega le varie espressioni di questo mondo e che è accomunata da un preambolo, il solito preambolo: ovvero, noi siamo i migliori e gli altri, tutti gli altri, sono diversi da noi. Un atteggiamento francamente sempre più insopportabile non solo perché la sinistra, come in tutti gli altri campi pollici, non è affatto esente dal malcostume e dall’affarismo, ma per la semplice ragione che la diversità morale è solo e soltanto una rivendicazione propagandistica, artificiosa e altezzosa del tutto priva di fondamento e di riscontro reale nella società.

Ma è anche bene non dimenticare che proprio in virtù di questa diversità morale e, di conseguenza, di questa presunta, atavica, radicata e rivendicata superiorità intellettuale, si è contribuito negli anni ad involgarire lo stesso dibattito politico erigendo steccati insopportabili e del tutto fuori luogo. Un vizio, questo, che parte da lontano e che ha sfregiato nei decenni la storica esperienza della Democrazia Cristiana attraverso l’attacco frontale ai suoi principali leader e statisti e alla stessa sua “mission politica”. Per poi estendersi con maggior forza e virulenza durante la seconda repubblica e facendo sempre da sfondo ad ogni scelta politica e di strategia politica.

Ora è tempo di voltare definitivamente pagina. Non c’è nessuno che possa rivendicare, in modo esclusivo e totalizzante, il monopolio della “moralità” nella politica, nell’azione politica e nella presenza attiva e concreta nelle istituzioni. A livello locale come a livello nazionale. Nessuno, cioè, è migliore degli altri. E anche per la sinistra, sia quella politica e sia quella intellettuale, sia quella televisiva, accademica e alto borghese e sia quella movimentista, è giunto il momento di prendere atto che il confronto con gli altri partiti decolla dal medesimo nastro di partenza. Senza scorciatoie arroganti e senza corsie preferenziali. Solo attraverso questo metodo, laico e profondamente democratico, sarà possibile ripristinare un corretto e trasparente confronto politico, culturale e parlamentare. Senza più accampare ridicole e grottesche superiorità e diversità di qualsiasi genere siano. E lo scandalo, grave e persin incommentabile, che arriva dall’Europa può, forse, rappresentare la pietra tombale per tutto ciò che la sinistra ha predicato per decenni nella concreta e reale dialettica politica italiana. Dal secondo dopoguerra in poi.