Dopo la recente consultazione elettorale è riemersa, quasi spontaneamente, la domanda se ci sia ancora uno spazio per la tradizione cattolico-democratica nel nostro Paese. Più urgente ancora è capire come questa tradizione oggi possa ancora offrire il proprio contributo per migliorare, in modo sano, la vita pubblica del Paese. Siamo ormai abituati ad assistere a varie strumentalizzazioni dei valori della fede, con significati spesso ben lontani dai contenuti affermati nella dottrina sociale della Chiesa. Più di recente, ha fatto discutere la nomina di un alto prelato della Santa Sede a presidente della Commissione governativa per la riforma sanitaria e la gestione del post Covid. In questo episodio, c’è un’evidente contraddizione con il principio di laicità a cui si ispira (o si dovrebbe ispirare) ogni democrazia autenticamente liberale. Ma non solo.

Nel mondo della medicina, del welfare, dell’assistenza agli anziani, in tutto l’apparato scientifico e amministrativo dello Stato italiano, c’è davvero una tale indigenza di competenze e di personalità preparate, che non resta altro che ricorrere a una sorta di “Reserve du Pape”? 

Il presidente della Commissione, in aggiunta, è colui che indica l’orientamento generale, sintetizza la pluralità degli apporti, ha una funzione cruciale nel renderli operativi. Possibile che il Ministro della Salute non si sia reso conto del conflitto di interessi (fossero anche solo spirituali), tra un importante incarico governativo italiano e un ruolo – eminentemente governativo – ricoperto nella Santa Sede?

Il compito del cattolicesimo democratico, come si capisce bene, è quanto mai arduo perché avendo sempre affermato, da Luigi Sturzo in poi, la laicità della politica sa che i valori evangelici devono essere “lievito sociale” di una buona politica e non una commistione spesso strumentale tra “sacro e profano”.

Per chi ha ancora memoria del Concilio Vaticano II, la Lumen Gentium ricorda con chiarezza che il compito dei laici è “manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della fede, della loro speranza e carità”.

E questo specialmente nella vita politica, dove la ricerca del bene comune deve essere il principale obiettivo di ogni attore pubblico, dove bisogna essere impegnati sì, ma senza rivestirsi di una corazza che rimarrebbe vuota, se non cristianamente ispirata e laicamente orientata.

Il cattolicesimo democratico è nato per questo, per consentire l’impegno autonomo dei cattolici in politica, nel rispetto dei valori democratici (e senza impegnare in questo direttamente la Chiesa).