Contro la banalità che normalmente viviamo e che è la più grande ingiustizia che perpetriamo nei nostri stessi confronti vi è solo la resa alla gratitudine. 

“….e allora inchiniamoci davanti al mondo con un immenso grazie, inginocchiamoci davanti all’esistenza, accogliendo anche ciò che non capiamo, di questo meraviglioso mistero irrisolto chiamato vita, amiamola, amiamo la vita più della sua logica, solo così ne capiremo il senso” recita Roberta Arduini in un brevissimo filmato su YouTube, https://www.youtube.com/watch?v=uvfgDqltPLU .

La gratitudine è il più alto sentimento di realismo. Mai come in questi giorni se ne coglie la verità. Non ci siamo dati da noi stessi, il respiro non ci è dovuto, se ci pensiamo ne siamo coscienti. Ma la distrazione spesso ci prende e ci fa perdere di vista la realtà delle cose.

“Spesso viviamo come in una bolla, che ci fa sentire al riparo dai colpi della vita. E così ci possiamo permettere di andare avanti distratti, facendo finta che tutto sia sotto il nostro controllo. Ma le circostanze a volte scombinano i nostri piani e ci chiamano bruscamente a rispondere, a prendere sul serio il nostro io, a interrogarci sulla nostra effettiva situazione esistenziale (…) Paradossalmente, però, proprio le sfide che la realtà non ci risparmia possono diventare il nostro più grande alleato, poiché ci costringono a guardare più in profondità il nostro essere uomini. In situazioni imprevedibili come quella attuale siamo infatti risvegliati dal nostro torpore” ha scritto don Julián Carrón in una lettera inviata al Corriere della Sera, per un contributo alla riflessione sul coronavirus.  

Torniamo a pensare che essere protagonisti della storia non sia ringraziare di quel che abbiamo e partecipare alla creazione con quel pochissimo che siamo e sappiamo fare. Forse non ce ne rendiamo conto, ma è come se pensassimo il contrario, che quello che abbiamo ci è dovuto.

Ma questo non è nella natura, non è nella realtà e l’uomo si illude che poiché tutto è stato fatto per lui, perché lui sia felice pensa che tutto sia suo. Se ne rende conto di nuovo che così non è quando perde qualcosa.

È questione di realismo, prima ancora che di fede. Di vedere come vanno davvero le cose. Questa è la lezione che il coronavirus ci sta dando, che appare più evidente nel giorno di Pasqua, della resurrezione, della rinascita.

E allora la gratitudine, ci fa passare dal senso di appartenenza (tutto è mio, tutto è nostro) al senso di non appartenenza: tutto è dono, nulla ci appartiene. E ci fa comprendere quindi che c’è da ringraziare anche solo per quello che abbiamo già goduto, anche se siamo nel dolore, perché ci è stato appena tolto.

E solo nel silenzio della nostra preghiera la gratitudine diventa incontenibile perché ci percepiamo con la nostra corporeità vivente così fragile. “La gratitudine connessa all’amore è la più potente preghiera”, è ancora il pensiero di  Roberta Arduini. La gratitudine quindi anche al tempo del coronavirus, sia che si abbia fede nel Cristo risorto sia che non se ne abbia.

Cosa si dice spesso alle persone per cercare di dare un consiglio su come vivere in maniera grata, soddisfacente, felice, la propria vita ? Si dice spesso vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, apprezza quello che hai adesso, vivi l’attimo.

Ciò sembra avere buon senso, perché se pensiamo troppo al futuro, al passato, a quello che potrebbe essere non riusciamo a concentrarci abbastanza sulla nostra esperienza e su quello che stiamo godendo in quel momento. 

Siamo maggiormente grati quando riusciamo a comparare quello che abbiamo nell’istante, quello che ci è dato in questo momento con quello che potremmo non avere in un altro momento, come la nostra stessa vita. Quindi un senso di gratitudine ci scioglie e si estende sia nello  spazio che nel tempo.

E si parte da se stessi anche per il futuro, anche se capitano cose, come il coronavirus, di cui non si ha il  controllo. In entrambe le cose che accadono, sia in queste ultime che in quelle di cui si ha più controllo, possiamo gestire il modo in cui ci comportiamo, la nostra  reazione. 

Cercare di reagire in maniera più sana, più positiva, più speranzosa, più grata, e anche più aperta verso le altre persone, ci aiuta a gestire meglio il presente ma anche avere maggiore fiducia nel futuro, in quello che accadrà.  Per esempio quando ci capita di fare un favore al nostro prossimo, aiutarlo per quanto ci è possibile in qualcosa, ci fa sentire meglio, più soddisfatti, più sereni, più lieti.

Se ci sentiamo sempre meglio per quello che facciamo verso gli altri, avremo automaticamente più fiducia che anche gli altri ci tratteranno bene e potremo sentirci più al sicuro all’interno anche di  una comunità stretta. Aiuta moltissimo pensare che qualsiasi cosa accadrà comunque avremo qualcuno su cui contare e su cui fare affidamento e quindi esserne più speranzosi verso il futuro.

E comunque, anche se nulla è scontato, il concepire un dono la propria esistenza e  il darsi agli altri facendo dono di sé, con gratuità è già positivo, senza nulla in cambio. Riempie il tuo istante e può riempire gli istanti successivi, il tuo futuro. 

Per chi ha fede, ma per tutti, Gesù seppe vivere la sua totale non appartenenza (nulla ci appartiene)  consegnandosi, abbandonandosi al Padre, nell’ora della grande prova della gratuità: continuare ad essere dono senza ricevere nessun contraccambio, anzi annientato dalla malvagità umana, nonostante avesse solo fatto del bene. Ed ora è un corpo glorificato e vivo per sempre. 

Ma “Il nemico con cui ci troviamo a combattere non è appena il coronavirus, ma la paura – ha scritto ancora  don Julián Carrón – una paura che sempre avvertiamo e che tuttavia esplode quando la realtà mette a nudo la nostra essenziale impotenza (…) ..È per questo che Dio si è fatto uomo, è diventato una presenza storica, carnale. Solo il Dio che entra nella storia come uomo può vincere la paura profonda (…) Tali affermazioni sono credibili solo se vediamo qui e ora persone in cui si documenta la vittoria di Dio, la Sua presenza reale e contemporanea, e perciò un modo nuovo di affrontare le circostanze, pieno di una speranza e di una letizia normalmente sconosciute e insieme proteso in una operosità indomita”, piena di gratitudine. E se è successo per loro può succedere anche per noi.