In occasione del conferimento della Laurea honoris causa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il Presidente della BCE Mario Draghi ha pronunciato un discorso che non può essere certo definito ‘di circostanza’: per chi lo ha ascoltato o letto attentamente si tratta di un compendio di cultura e non solo economica, una sorta di bilancio personale e professionale dell’esperienza prestigiosa che lo ho reso protagonista indiscusso della politica monetaria della Banca Centrale europea.

E il conferimento della laurea ad honorem è un suggello di alto profilo alla statura internazionale del personaggio che in tale circostanza non ha smentito la fama che lo vuole uomo dotato di una straordinaria capacità di inquadrare il contesto, di indicare le metodologie proprie del policy maker al più alto livello decisorio, usando un linguaggio chiaro, asciutto, documentato, sintetico e uno stile sobrio e discreto.
Presentando una sorta di bilancio istituzionale del mandato, il Presidente Draghi non ha mancato di farlo dando un taglio interpretativo personale, alla luce dell’esperienza vissuta che può a ragione essere considerato come una sorta di pista aperta per chi sarà chiamato ad assolvere responsabilità pubbliche ad ogni livello in cui un decisore politico deve render conto dell’incarico ricevuto per realizzare il bene comune. Una traccia spendibile ovunque ci sia un dovere da assolvere, esprimendo competenza e responsabilità sempre sorrette da un fondamento etico senza il quale non esiste sviluppo sostenibile.
Una lezione di economia ma anche di etica pubblica, di terzietà e correttezza, che può ben considerarsi come un’eredità professionale e morale a disposizione di chi gli subentrerà nel delicato compito svolto.

Un know how posseduto e maturato nello sviluppo di una carriera prestigiosa, al Ministero del Tesoro, poi alla Banca d’Italia, alla BCE, al Comitato economico e finanziario europeo, al Financial Stability Board.
La lezione di Draghi esposta in Cattolica è il riassunto di un’esperienza umana e professionale che ha riguardato due livelli di esplicitazione compresenti: quella del policy maker (il decisore politico) e del decision maker (chi ha l’onere delle decisioni da assumere in conseguenza del mandato ricevuto), due profili professionali che necessitano di una visione globale e circostanziata delle problematiche da affrontare, il possesso saldo di una metodologia operativa ragionata, la visione di chi sa orientarsi nella complessità del presente e infine la capacità previsionale rispetto alle conseguenze delle scelte.
Ciò che Draghi ha riassunto in tre requisiti imprescindibili e complementari: la conoscenza, il coraggio e l’umiltà.

La conoscenza implica approfondimento, possesso dei caratteri costitutivi della realtà, capacità ‘esperta’ nella gestione dei contesti di competenza: particolarmente significativo il riferimento di Draghi alle derive recenti e in atto e che si riporta in tutta la sua eloquenza: “Sta scemando la fiducia nei fatti oggettivi, risultato della ricerca, riportati da fonti imparziali; aumenta invece il peso delle opinioni soggettive che paiono moltiplicarsi senza limiti, rimbalzando attraverso il globo come in una gigantesca eco”.

Ne consegue che ad ogni livello la conoscenza stessa è la base e il supporto della competenza la quale a sua volta è requisito prodromico all’esercizio dei qualsivoglia responsabilità. Una lezione non detta ma intuibile, rivolta alla politica e al suo impoverimento culturale. “A fronte del cambiamento climatico è solo grazie al lavoro degli studiosi del clima che possiamo comprendere gli scenari che ci aspettano, così come la ricerca e l’analisi accurata dei dati dell’economia dell’eurozona, il lavoro degli economisti e degli statistici sono da decenni il pilastro su cui poggiano le valutazioni della BCE, per realizzare politiche monetarie e scelte ponderate”. Quanto al coraggio esso è dote precipua del policy maker quando si potrebbe indugiare nella tentazione di prender tempo e non decidere.

“L’inazione trova la sua radice nella convinzione che l’esistente non abbia bisogno di modifiche, anche quando tutta l’evidenza e l’analisi indicano la necessità di agire”. Di converso “Il punto importante, in questa sede non è che certe decisioni si siano rivelate appropriate ex post; conta invece che, quando la necessità di agire è stata documentata e motivata è stato trovato il coraggio di decidere, senza esitazioni, per il bene dell’Unione economica e monetaria”.

L’umiltà infine si rivela dote complementare e necessaria: “I funzionari pubblici, le banche centrali in particolare, ricevono un mandato che è il frutto di un processo politico, mandato che “è essenziale affinché l’indipendenza della banca centrale sia compatibile con la democrazia”.

Per questo “La natura politica del nostro mandato ha alcune implicazioni essenziali: non abbiamo la libertà di decidere se dobbiamo fare ciò che è necessario fare per assolvere il nostro mandato. È nostro dovere farlo”. Nel ripercorrere le tappe della Sua esperienza straordinaria Mario Draghi non ha nascosto le difficoltà incontrate strada facendo.

Per questo la sua conclusione, che guarda con fiducia all’eurozona e al futuro dell’Unione Europea, è la conferma della bontà delle scelte perseguite e l’invito – rivolto a chi in futuro si occuperà di economia e politica monetaria a lavorare adoperando le tre chiavi di lettura e di azione utilizzate e ancora valide come via da percorrere e metodo da applicare. “Spero che vi possa essere di conforto il fatto che nella storia le decisioni fondate sulla conoscenza, sul coraggio e sull’umiltà hanno sempre dimostrato la loro qualità”.
Potremmo dunque dire che si tratta di tre requisiti che uno scienziato deve possedere.